
Federico Graziani è il secondo ospite di Tomalet, la newsletter di MasterX. Ex allievo del biennio 2016-2018 del Master in Giornalismo IULM, appena uscito dall’aula di via Carlo Bo 7 ha lavorato per quattro anni a Tgcom24, portando avanti parallelamente un progetto social che, nel 2021, gli è valso un posto nella classifica Forbes dei 100 under 30 che stanno cambiando il mondo dei media italiani. Oggi quel progetto è diventato una start-up: si chiama Rassy.
Che cos’è Rassy?
È un’agenzia di media advisory e di social media journalism. Parole inglesi per dire che aiutiamo gli editori e le aziende a costruire un pubblico sui social attraverso un racconto giornalistico. Quindi due target principali: editori da una parte, aziende o associazioni dall’altra.
Cosa fate nel concreto?
Per gli editori, il bisogno che andiamo a soddisfare è trovare nuove linee di ricavo, necessarie all’interno di un mercato (principalmente cartaceo e web) sempre più in difficoltà. Lo facciamo in due modi: o prendendoci carico di tutta la produzione social della testata oppure con un approccio consulenziale; in questo secondo caso creiamo una strategia, formiamo il team interno del cliente per metterla in pratica e lo supervisioniamo settimanalmente.
E per le aziende?
Per le aziende, invece, costruiamo un racconto che consente loro di posizionarsi come esperti autorevoli del proprio settore. In gergo marketing: è brand awareness. Il primo motivo di utilizzo dei social in Italia è per informarsi, quindi sviluppiamo anche per le aziende una strategia editoriale che prevede una parte di spiegazione di notizie di attualità e una parte di educazione sui temi di riferimento per il cliente. Creando contenuti di valore informativo, il brand si trasforma in un media-brand che può diventare il punto di riferimento per chi è interessato al settore.
Quali sono gli obiettivi a lungo termine di Rassy?
Vogliamo diventare il punto di riferimento per chi fa media in Italia, in particolare per chi lo fa sui social. La mission dell’azienda è rinnovare il modo di comunicare l’attualità, che deve essere chiaro, preciso e accessibile a tutti. Rassy a oggi ha un progetto editoriale proprietario che si chiama Rassegnally ed è su Instagram e TikTok e da poco è diventato anche una newsletter, che scrivo io e che esce ogni lunedì mattina.
Perché hai deciso di lasciare Tgcom24 per intraprendere questo nuovo percorso?
A metà del 2022 stavo finendo il mio quarto anno a Mediaset, al canale Tgcom24, dove ho fatto parte del coordinamento editoriale. È stato un periodo di formazione giornalistica vera, completa. In regia, insieme ai colleghi e confrontandomi direttamente con il direttore Paolo Liguori, selezionavo le notizie che dovevano andare in onda, costruivo i telegiornali, suggerivo i temi da approfondire e gli ospiti per farlo. Nel frattempo però portavo avanti parallelamente il mio progetto di informazione sui social: nel 2018 avevo aperto l’account “Rassegnagram” (oggi @rassegnally) con l’idea di portare le notizie e il giornalismo laddove stavano tutti i miei amici che non leggevano i giornali e non guardavano i tg, ovvero su Instagram.
Quando è stato il punto di svolta?
Nel giugno del 2022 il gruppo Triboo mi ha chiesto di fare una cosa simile per la testata di informazione economica, PMI.it, che allora non aveva né Instagram né TikTok. Giangiacomo Corno, il responsabile di Triboo Media, che è l’editore di PMI.it, e il suo braccio destro, Barbara Sini, mi hanno offerto l’opportunità di costruire da zero un progetto editoriale solo social, con carta bianca su temi da raccontare e linguaggi da utilizzare, e l’ho colta al volo.
Mediaset non ti aveva proposto nulla nell’area social?
Avevo proposto io di fare qualcosa di diverso sui social, ma non era il momento giusto per loro. Allora avevano un approccio ai social molto tradizionale, usandoli per rilanciare notizie e contenuti prodotti per altri mezzi (siti, televisione…). Quindi li vedono – anzi quantomeno li vedevano, visto che ti parlo di metà 2022 – come un corollario del loro business e non un mezzo in cui investire direttamente su una cosa nuova. Era e sono un’azienda televisiva e quindi – come altri media tradizionali forti – scelsero di consolidare l’esistente.
Hai lasciato Mediaset appena Triboo ti ha fatto la proposta oppure hai portato avanti le due cose insieme per vedere come andava il nuovo progetto?
La proposta che mi avevano fatto era una proposta sostanzialmente full time e anche a Mediaset ero in un gruppo di lavoro impegnativo, con diversi progetti, e quindi non riuscivo a prenderne uno esterno ulteriore. Quindi ho dovuto fare una scelta, e chiaramente è stato difficile. Ci ho pensato un po’, perché comunque stavo lasciando Mediaset, l’azienda media privata più grande d’Italia. Ma avevo ben chiaro dove stava andando il mondo dell’informazione: già da due anni c’era Will e l’informazione sui social non era cosa totalmente nuova nel 2022. Era il momento di spingere su quel modello di giornalismo.
E poi cos’hai fatto?
Ci ho pensato due, tre settimane. Ho fatto degli incontri a Mediaset, l’ho detto prima al mio direttore Liguori e poi ad altri dentro Mediaset. Poi ho preso la decisione, che comunque da un lato, come dicevo, è stata difficile, dall’altro lato però la proposta di Triboo era esattamente ciò che volevo. Una coincidenza notevole: un’azienda aveva l’esigenza di sviluppare esattamente quello che io stavo facendo amatorialmente dal 2018. Economicamente la proposta era abbastanza simile da quello che prendevo a Tgcom24, quindi non c’era un tema economico dietro alla scelta. Mediaset però mi ha fatto una controproposta, offrendomi l’assunzione per lavorare nei telegiornali. Ci ho pensato, ma poi ho ringraziato, ho rifiutato e ho scelto di seguire quello che pensavo essere il mio talento da esplorare: fare giornalismo sui social. E credo di aver fatto bene.
E com’è andata?
Abbiamo raccolto 100mila follower nel primo anno, quindi Triboo ha chiesto a me e alla mia collega (e oggi socia in Rassy) Federica Magistro di costruire qualcosa di simile anche per Wall Street Italia e Futoora, altre due testate del gruppo. A quel punto abbiamo capito di avere in mano un modello operativo che poteva allargarsi anche ad altri clienti, così insieme a Federica, Benny Procopio (ex MasterX), al mio compagno di banco del liceo, Davide Martinengo, e allo stesso Giangiacomo Corno, abbiamo fondato Rassy nel gennaio del 2024.
Quando hai iniziato il Master, avevi già in mente di fare i social?
Pensavo che forse avrei voluto scrivere per un giornale. Poi durante il biennio ho capito che volevo fare video, perché tutto dei video – dall’ideazione alle ricerche, dalle riprese al montaggio – mi dava più soddisfazione, e così ho scelto di andare a Mediaset come secondo stage. Di nuovo, quello stage mi ha formato come giornalista e come professionista, mi ha permesso di lavorare in un sistema multimediale che comprendeva principalmente sito web e televisione, con persone eccezionali che oggi sono caporedattori, conduttori o direttori. Ma mi ha anche fatto capire che forse il pubblico più giovane stava da un’altra parte e che lì, sui social, forse potevo portare un nuovo modo di fare il giornalista che in quegli anni ancora non era ben definito.
Pensi che faresti ciò che fai ora se non avessi frequentato il Master?
Probabilmente senza il Master avrei continuato la carriera accademica alla facoltà di Lettere dell’Unimi, quindi no, senza Master difficilmente avrei fatto quello che poi ho fatto davvero.
In cosa ti ha aiutato il Master?
Il Master mi ha fatto fare. Mi ha fatto scrivere, girare, montare, pensare, intervistare, impaginare… Tanti verbi che, dopo tre anni di studio teorico, ma diciamo anche sedici comprendendo i cicli precedenti, mi hanno fatto capire cosa volevo fare davvero: il giornalista. Raccontare le notizie, spiegarle, metterle in fila, dargli un contesto e permettere a quante più persone possibile di capire cosa succede e perché quello che succede ha un effetto sulla loro vita. Poi il dove farlo (sui social per ora, domani chissà) cambia il modo, ma non il cosa. E in più mi ha fatto conoscere tante persone e tanti professionisti che negli anni mi hanno permesso di costruire una rete estremamente utile: basti pensare che delle otto persone che lavorano quotidianamente con me a Rassy quattro provengono dal master.
Dove vedi Rassy tra dieci anni?
Bella domanda, proviamo a sognare: un team molto più grande, tanti progetti, alcune testate nostre, chissà su che mezzi di diffusione, un’espansione in altri Paesi… ma comunque, nella mia testa, tra 10 anni si sarà compiuta la vision di cui vi parlavo prima, e quindi chi vorrà fare un nuovo progetto editoriale si dovrà chiedere “come lo farebbe Rassy?”
Cosa ne pensi di questa newsletter?
Considerando la fine della mia risposta precedente, non posso che essere entusiasta di questo nuovo luogo di incontro virtuale con gli altri ex alunni. La seguirò con molto piacere e sono abbastanza sicuro che potrà far nascere nuovi punti di contatto.