FUORI – EPISODIO 8 – ISRAELE SOTTO ATTACCO

OTTAVA PUNTATA: ISRAELE SOTTO ATTACCO

  • Hamas colpisce Israele
  • La risposta di Israele
  • Chi abita la Striscia di Gaza e cos’è Hamas

 

 

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Oggi parliamo dell’attacco che Hamas ha sferzato contro Israele sabato 7 ottobre 2023 e di come Israele ha reagito, riaccendendo un conflitto che va avanti da decenni.

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Io sono Giulia Zamponi, giornalista di MasterX, la testata del Master in Giornalismo IULM, e questo è Fuori, il mondo oltre i nostri confini, un podcast che parla di esteri


Sono le 6 del mattino, ora locale quando dalla Striscia di Gaza escono circa 300 terroristi e si insinuano nelle piccole città nel sud dello Stato di Israele. Nei cieli, migliaia di razzi partono dal lembo di sabbia sul Mediterraneo e atterrano in Israele, fino al nord del Paese, anche a Tel Aviv. I terroristi provano a entrare anche sorvolando nel cielo attraverso deltaplani d’assalto a motore. A terra, bussano casa per casa, seminando il terrore tra i civili. È il “Diluvio Al Aqsa”, chiamato così perché i terroristi vogliono connettere l’assalto alla Moschea Al Aqsa, il terzo luogo religioso più sacro per il popolo musulmano. Prendono ostaggi e li riportano nel loro territorio. Risuonano nel giorno e nella notte le sirene, anche a Gerusalemme. È la settima guerra nel territorio in 18 anni. I morti israeliani al momento sono circa 700.

Gli ebrei stavano celebrando la festa dei tabernacoli, il Sukkot, una delle festività più importanti dell’Ebraismo, in occasione del raccolto agricolo autunnale. Ricorda la vita e il peregrinare del popolo di Israele nel deserto durante il loro viaggio verso la terra promessa, la terra di Israele. Ecco che gli analisti la chiamano la “Guerra di Sukkot”. Il comandante Muhammad Deif è il capo del braccio militare di Hamas e l’artefice dell’assalto senza precedenti che ha sfruttato l’appoggio dell’asse sciita, ovvero Iran ed Hezbollah.

Uno dei primi luoghi colpiti dai paramilitari di Hamas e della Jihad islamica è il kibbuz Re’im, nel deserto, dove era in corso un rave party, distante circa 5 chilometri dalla Striscia. Migliaia di ragazzi fuggono subito quando sentono gli spari. I terroristi cercano di prendere ostaggi da riportare verso Gaza, merce di scambio e di ricatto. I kibbuz sono piccole comunità ebraiche, basate su principi egalitari tra uomini e donne che li abitano.

Non manca però la risposta di Israele con bombardamenti nella Striscia di Gaza su obiettivi appartenenti ad Hamas, crollano sbriciolandosi i grattacieli, viene tolta l’elettricità: le vittime sono quasi 400. “È guerra” dichiara il premier Benjamin Netanyahu, definendo l’operazione “Spade di ferro” e dichiarando lo Stato di guerra. Questo implica la possibilità per il governo di impiegare mezzi militari su vasta scala legittimato dalla dichiarazione del gabinetto di sicurezza in conformità con l’articolo 40 delle Leggi Fondamentali. L’articolo infatti norma l’ingresso nello stato di guerra tramite il passaggio formale alla Knesset, il Parlamento monocamerale di Israele, stabilendo che la decisione è in mano al governo.

Ancora una volta, come cinquant’anni fa, Israele non si aspettava tutto questo e non era preparato. Il 6 ottobre 1973 gli eserciti arabi scatenavano la guerra dello Yom Kippur cogliendo di sorpresa Israele avvisato dall’intelligence solo all’ultimo minuto.

Ma l’assalto dei fondamentalisti non si prepara in un solo giorno. Ci sono dietro mesi e mesi di lavoro per individuare i punti deboli della sicurezza israeliana, la routine dell’esercito al confine con Gaza, hanno fatto sopralluoghi attraverso talpe e complici. Secondo il quotidiano israeliano Haaretz, è il più grande fallimento dell’intelligence.

C’è stata una sottovalutazione della minaccia: infatti, un’operazione su vasta scala di Hamas era considerata «altamente improbabile», in più gli arabi hanno colpito in un momento estremamente fragile per il governo di Netanyahu, in balia di proteste contro la riforma della giustizia che toglierebbe poteri alla Corte Suprema, minando la democrazia del Paese.

Ma facciamo un po’ d’ordine. Chi abita la Striscia di Gaza e cos’è Hamas? La Striscia di Gaza è tenuta in mano dai fondamentalisti dal 2007, dopo averne tolto il controllo all’Autorità palestinese con un golpe armato. Da quando Hamas ha il controllo della Striscia, Israele l’ha dichiarata «territorio ostile». Con Hamas si intendono i terroristi fondamentalisti islamici, di religione sunnita, politicamente su posizioni di estrema destra. È nato negli anni ’80, durante la protesta palestinese della Prima Intifada. Anche loro come gli ayatollah iraniani, hanno istituito una polizia morale, e imposto molte limitazioni alle donne, come i talebani in Afghanistan. Controlla l’ala armata, chiamate le brigate al Qassam. È uno dei due grandi partiti politici palestinesi. Il suo principale rivale è Fatah di Abu Mazen, che governa la Cisgiordania e che ha ufficialmente rinunciato all’uso della violenza e della lotta armata. L’obiettivo principale di Hamas è la distruzione dello Stato Ebraico. Tra Fatah e Hamas ci sono stati una serie di incidenti che portarono nel 2007 alla Guerra civile di Gaza, che di fatto ha portato a una divisione del governo palestinese: Hamas nelle Striscia e Fatah in Cisgiordania.

Non è solo una guerra, immane, sanguinaria, massacrante, all’interno di Israele. Ma riguarda tante altre pedine nello scacchiere del Medio Oriente. Adesso c’è la paura dell’entrata in guerra dell’Hezbollah libanese, l’organizzazione paramilitare, dotata di un vero braccio armato che si è insediata nel sud del Libano. È finanziata da sempre da Teheran, con il supporto determinante della Siria. Si tratta del fronte sciita che combatte anch’egli Israele e il sionismo. Oggi, il timore principale è che sunniti e sciiti si possano unire in un unico grande fronte anti-israeliano.


Si conclude qui questa puntata, grazie per aver seguito Fuori! Appuntamento al prossimo episodio con la notizia dal mondo di cui dovremmo saperne di più!

Giulia Zamponi

Toscana, classe 1990, sono approdata a Milano per inseguire il mio sogno: il giornalismo. All’Università di Pisa mi sono laureata in Informatica Umanistica, dove ho imparato a trattare i contenuti culturali in forma digitale e a comunicarli attraverso le varie piattaforme web. Sono una giornalista pubblicista e ho collaborato con “Il Tirreno”: la prima volta che sono entrata in una redazione mi sono resa conto che non sarei mai più voluta uscire. Adesso giornalista praticante per MasterX. Mi interesso principalmente di esteri e di criminologia: mi piace analizzare ogni particolare di una situazione e indagare sugli aspetti più nascosti della realtà. Sono un’anima solare, sensibile e determinata. Amo l’intensità dei tramonti, gli intricati thriller di Joel Dicker ed il rumore delle onde del mare.

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