Tra il 2023 e il 2024 stiamo assistendo a una crescita senza precedenti della sperimentazione sul cibo. La creazione di nuovi alimenti artificiali sta minacciando il comparto agroalimentare tradizionale. L’esempio più eclatante sono le farine d’insetti, approvate il 29 dicembre 2023, con 4 decreti ministeriali che regolano l’etichettatura e le modalità di vendita in Italia.
Ma ci sono anche le polemiche sulla carne artificiale (o carne coltivata), che si avvicina sempre più all’approvazione europea. Risale al 12 febbraio 2024 il primo evento di degustazione di carne coltivata in Europa. Si è svolto a Reykjavík, in Islanda, alla presenza della prima ministra e con piatti a base di quaglia giapponese coltivata artificialmente.
Diamo uno sguardo più da vicino a questo mondo in piena espansione con l’aiuto di Marco Ceriani, esperto in nutrizione e benessere alimentare. Lo studioso è anche il fondatore di Italbugs, start up che studia gli insetti per il loro elevato apporto proteico e il basso impatto ambientale.
Crostacei di mare e di terra
La ricerca di alternative sostenibili alla produzione tradizionale di proteine animali si conferma una delle sfide più pressanti del nostro tempo. Marco Ceriani esplora questo territorio con l’obiettivo di coniugare innovazione e sostenibilità.
«L’approvazione dell’uso delle farine a base di insetti», spiega Ceriani, «non solo segna un passo avanti nel riconoscimento del loro valore nutrizionale, ma apre anche un dialogo su ciò che culturalmente è accettabile mettere nel piatto».
Ceriani sottolinea come gli insetti, essendo artropodi, condividano caratteristiche simili ai crostacei, rendendoli non solo una fonte proteica valida ma anche sostenibile. «Se guardiamo un grillo o una cavalletta, ci rendiamo conto della loro somiglianza con un crostaceo», afferma, evidenziando una narrazione che potrebbe facilitare la loro accettazione culturale come alimento.
«Dobbiamo sensibilizzare le persone al fatto che siamo in un mondo di 8 miliardi e mezzo di persone e a breve nel 2030 saremo più di 10 miliardi», sottolinea, evidenziando la necessità di un approccio alimentare che sia sostenibile ed eticamente responsabile. La difficoltà, infatti non sarà coltivare il cibo, ma
Il problema delle proteine
Quello da evidenziare, secondo Ceriani, «non è un problema di carboidrati o di lipidi, il problema sono le proteine, perché scarseggiano e intanto cambiano i gusti alimentari globali». I giapponesi hanno aumentato i consumi di carne già negli ultimi vent’anni. Non solo.
«L’India, che è uno dei paesi dove nasceranno da qui a dieci anni la maggioranza delle persone, non vuole più mangiare il riso o le diete vegetariane, vuole la carne», afferma Ceriani.
Il documento FAO (Food and Agricolture Organization) sulle crisi alimentari rivela che nel 2021 193 milioni di persone in 53 Paesi sono state esposte al rischio di insicurezza alimentare acuta. Un incremento di quasi 40 milioni di persone rispetto al 2020.
Le resistenze culturali e la sperimentazione
Ceriani critica le resistenze al cambiamento e l’innovazione nel settore agroalimentare, sottolineando come queste spesso nascondano interessi consolidati che frenano il progresso. «La posizione del nostro Paese diventa contraddittoria», osserva, riferendosi alla resistenza all’adozione di pratiche biotecnologiche avanzate come gli OGM, nonostante l’importazione massiccia di prodotti che ne contengono. Un esempio è il mais OGM della Monsanto, contenuto oggi in molte marche di cereali venduti nei nostri supermercati.
Dello stesso parere è Elena Cattaneo, farmacologa, biologa e Senatrice a vita: «La posizione del nostro Paese è singolare quando si scopre che, mentre si vieta la ricerca biotecnologica pubblica sulle piante, gli OGM li importiamo e li mangiamo. Li vietiamo, ma li importiamo; li mangiamo in modo massiccio da 20 anni, ma non li studiamo».
«Se li mangiamo – continua Cattaneo – la prima cosa che mi viene in mente è che non è vero che sono pericolosi per la salute. Al Paese bisogna dire che non li vogliamo coltivare, ma li acquistiamo a tonnellate, nutriamo gli allevamenti, poi finiscono nel nostro piatto, nelle forme di Parmigiano reggiano o nel prosciutto San Daniele».
«Il futuro non sarà diverso dal passato se non ci si attrezza», avverte Ceriani, evidenziando l’importanza dell’alfabetizzazione scientifica non solo tra i produttori ma anche tra i consumatori.
Una sfida globale
Con l’obiettivo di trovare soluzioni per alimentare una popolazione crescente e sempre più esigente, l’attenzione si è rivolta verso risorse meno convenzionali ma più efficienti, come gli insetti e la carne coltivata in laboratorio.
Gli insetti, in particolare, offrono un’opzione proteica ricca, con un impatto ambientale minimo, vista la loro capacità di prosperare con risorse limitate e senza emettere significative quantità di CO2. Ceriani, attraverso la sua start-up Italbugs, ha esplorato il potenziale degli insetti, lanciando prodotti innovativi come il “pan seta“, un panettone a base di farina di baco da seta, dimostrando la viabilità commerciale di queste alternative.
Questi sforzi non solo alludono a un futuro alimentare più sostenibile, ma invitano anche a un cambio di prospettiva culturale sull’accettabilità di questo genere di cibo. Allo stesso modo, la carne coltivata rappresenta un’avanguardia promettente, capace di produrre proteine animali senza gli oneri etici e ambientali dell’allevamento tradizionale.
Le ricerche future
Ma le problematiche rimangono là, in bella vista, specialmente in termini di percezione pubblica e normative. Il dibattito sulla carne coltivata, ad esempio, riflette lo scontro ideologico tra il bisogno di sicurezza alimentare e il desiderio di preservare pratiche e valori tradizionali.
La necessità di una ricerca scientifica più autonoma è evidente. Ceriani in questo senso è categorico: «La scienza non è democratica, in essa non c’è spazio per opinioni la cui solidità non è stata testata tramite un percorso sperimentale. Ogni innovazione comporta la rottura di uno status quo culturale e spesso economico, a cui le società rispondono in modo diverso. Scienza e politica hanno ruoli e responsabilità differenti, la libertà nella ricerca è un presupposto imprescindibile».
Nello stesso senso è orientata Cattaneo: «»Le nostre piante sono invase da parassiti e noi stiamo perdendo delle tipicità agricole di cui andiamo fieri nel mondo perché non vogliamo studiare, sperimentare e usare le bio-tecnologie OGM e non OGM. Quasi tutti i semi che piantiamo in Italia sono progettati all’estero, anche le piante da orto.
L’informazione gioca un ruolo cruciale nel modellare le politiche alimentari future e nel guidare l’accettazione sociale verso opzioni più sostenibili. Le quattro “A” del cibo del futuro, secondo Ceriani, saranno dirette in queste direzione: «Agricoltura, alimentazione, ambiente e alfabetizzazione».