La Finlandia ha annunciato la richiesta ufficiale di adesione alla Nato. La Svezia ha reso noto che farà presto altrettanto. È solo una risposta alla minaccia russa o dietro questa scelta c’è un disegno più ampio?
I due Paesi scandinavi hanno deciso di interrompere la loro storica neutralità, davanti a una Russia percepita sempre più minacciosa. Il Cremlino ha fatto sapere che questo avrà delle conseguenze e ha già tagliato il gas a Helsinki.
In realtà l’iter di ammissione alla Nato è molto lungo e dovrà essere ratificato da tutti i 30 paesi attualmente membri. Non si possono escludere, poi, resistenze da parte di forze politiche, che temono, con l’annessione, di aumentare il livello di tensione con la Russia.
In ogni caso, l’ulteriore allargamento della Nato per Vladimir Putin è un’altra grave sconfitta. Finlandia e Svezia sono due Paesi avanzati e liberali, in cui la qualità della vita è fra le più alte del mondo. Prima dell’aggressione russa all’Ucraina, la loro posizione neutrale e quasi sempre social-democratica era estremamente comoda. Hanno sempre fornito senza problemi alle Nazioni Unite truppe per le missioni di pace nelle zone calde di ogni continente, proprio perché non avevano contenziosi o conflitti aperti con nessun Stato. Finlandia e Svezia con l’Alleanza hanno sempre mantenuto rapporti intensi, fanno esercitazioni congiunte e hanno persino sistemi d’arma compatibili. A partire dalla metà degli anni’90 hanno partecipato anche a quasi tutte le operazioni a guida Nato.
Inoltre, entrambe hanno una lunga storia di cooperazione militare con Norvegia e Danimarca, che sono membri storici dell’Alleanza e spesso, nelle missioni, sono stati impiegati contingenti composti da unità di questi quattro Paesi. Dopo l’occupazione russa della Crimea nel 2014 la cooperazione si è ulteriormente rafforzata, ma fino a quando i due Paesi nordici rimangono fuori dall’Alleanza non potranno beneficiare dell’articolo 5 del Patto Atlantico, quello che stabilisce l’obbligo per i Paesi Nato di intervenire militarmente se un alleato venisse attaccato.
In realtà nessun vincolo formale impedirebbe anche oggi un intervento militare Nato in supporto a Svezia e Finlandia, qualora venissero aggredite militarmente dalla Russia. Sarebbe sufficiente una decisione unanime da parte degli Stati membri. Basti ricordare che gli interventi Nato in Bosnia, Serbia, Kosovo, Afghanistan e Libia, non furono avviati sulla base dell’articolo 5 del Trattato.
Occorre, inoltre, evidenziare che Finlandia e Svezia fanno parte dell’Unione Europea e ogni Paese ha degli obblighi di assistenza reciproca, in caso di aggressione contro uno dei 27 membri.
Il tema più rilevante, però, è sempre quello economico. I due Stati hanno un ruolo strategico nei nuovi sviluppi della regione artica, che sta assumendo sempre più valore per due motivi principali: le ricche risorse minerarie e le possibili nuove rotte commerciali. Ad accelerare la corsa alla conquista dell’Artico è il surriscaldamento globale e il conseguente scioglimento dei ghiacciai.
Secondo le previsioni, per alcuni periodi dell’anno, l’Artico potrebbe addirittura divenire libero dai ghiacci. Questa totale assenza di ostacoli libererebbe nuove rotte commerciali a nord-ovest e a nord-est. Il passaggio a Nord-Ovest implicherebbe un risparmio di circa 4 mila km rispetto alla tratta che passa per il Canale di Panama, mettendo in comunicazione l’arcipelago artico del Canada e il Mar Glaciale Artico. Allo stesso modo, il passaggio a Nord-Est metterebbe in comunicazione l’Oceano Atlantico e l’Oceano Pacifico, accorciando di circa il 40% i tempi di navigazione che transitano per il Canale di Suez e l’Oceano Indiano.
Inoltre, lo scioglimento dei ghiacci faciliterebbe l’estrazione dei minerali preziosi offerti dalla regione artica. Nell’arcipelago delle Svalbard, la parte più settentrionale della Norvegia, sono presenti carbone, depositi di terra e di mare di bauxite, nichel, palladio, fosfato e terre rare.
Dal circolo polare artico, la Russia riesce a estrarre circa il 90% dei suoi depositi di nichel e cobalto, il 60% di quelli di rame e il 96% di quelli di platino, tutti metalli decisivi per la svolta ecologica di molti Paesi.
Si stima che circa un quarto dei depositi naturali di gas e petrolio si trovino nei fondali dell’Oceano Artico. Secondo un’indagine geologica compiuta dagli Stati Uniti nel 2008, il Polo Nord conserva 47 mila miliardi di metri cubi di gas naturale, 44 miliardi di barili di gas allo stato liquido, 90 miliardi di barili di petrolio, oltre a riserve di oro, zinco, nichel e ferro. L’Artico è anche un’importante riserva d’acqua potabile, nonché fondamentale per la produzione di energie verdi come quella eolica.
La competizione per le risorse potrebbe trasformare quello specchio di mare in un campo di guerra. Oltre a Russia, Svezia e Finlandia, le potenze transfrontaliere interessate sono infatti Canada, Danimarca (con la Groenlandia che fa parte del Regno danese), Stati Uniti, Islanda e Norvegia.
Lo scioglimento delle calotte polari ha già portato la Russia ad aumentare la sua presenza militare nell’estremo nord, dato che il 53% della costa totale dell’Oceano Artico è russo. A seguito dello scoppio del conflitto, la Nato ha intensificato le esercitazioni militari nell’Artico. Sulla regione si proietta anche la Cina. La futura navigabilità della rotta artica, che costeggia la Russia potrebbe tagliare i tempi di spedizione e i costi del carburante per il trasporto di merci tra Pechino e l’Europa, rispetto all’attuale rotta attraverso l’Oceano Indiano e il Canale di Suez.
In conclusione, abbiamo visto che sembra ormai inevitabile l’adesione di Svezia e Finlandia all’Alleanza Atlantica e che così la Russia resterebbe l’unico Stato artico a non farne parte. Per Mosca la supremazia di quel tratto di mare è componente indispensabile della strategia con cui vuole trasformarlo in una rotta preferenziale e la competizione per le risorse sta aumentando la tensione tra i diversi Paesi che vorrebbero sfruttarle.
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