
Fabio Marchese Ragona è il nuovo ospite di Tomalet, la newsletter del Master in Giornalismo IULM. Allievo del biennio 2006-2008, oggi è vaticanista per Mediaset e conduce il programma di approfondimento Stanze Vaticane. Ma la sua passione per la Santa Sede affonda le radici nella sua infanzia, nella sua tesi di laurea e nei suoi primi passi nel mondo del giornalismo.
Avevi già in mente di diventare vaticanista prima di iscriverti al Master?
Sono cresciuto in una famiglia cattolica, ho frequentato l’oratorio dei salesiani e il mondo del Vaticano mi ha sempre affascinato. La mia tesi magistrale l’ho dedicata alle guardie svizzere e, contemporaneamente, ho fatto uno stage in Rai, nel programma religioso “Sulla Via di Damasco”. Anche durante il Master ho lavorato spesso su temi legati alla Chiesa. È stato un percorso naturale. Ero però certo di una cosa: volevo fare giornalismo televisivo. Infatti, il mio primo stage è stato al Tg5 e il secondo a Studio Aperto, dove poi sono rimasto.
Qual è la cosa più utile che hai imparato al Master?
Mi ha insegnato le dinamiche di una redazione: il Master funziona come una testata e questa esperienza pratica è stata fondamentale. Ricordo ancora le parole del professor Agostini, allora direttore: “Costruitevi un castelletto di collaborazioni, sarà la vostra forza”. Io l’ho preso in parola e ho iniziato subito a mandare proposte insieme al mio curriculum. Così ho cominciato a collaborare con Corriere della Sera Magazine, Repubblica.it, L’Espresso e con Ciak, il mensile di cinema. Proposi storie curiose, ad esempio quella di un gruppo di hacker “etici”, allora era un tema davvero nuovo.
Il corso che ti ha formato di più?
Quello di giornalismo televisivo con Bruno Luverà. Ci faceva uscire, stare davanti alla videocamera, fare interviste, stand-up… una palestra preziosa. E poi il laboratorio digitale a Mediaset: lì ho imparato tutto quello che poi mi sarebbe servito negli anni successivi. Quando ho iniziato a lavorare dopo lo stage, sapevo già montare e usare le telecamere.
Come si è sviluppato il tuo percorso dopo il Master?
Nel 2008 ho fatto lo stage a Studio Aperto, che poi è stato prorogato. Da lì, non ho più lasciato Mediaset. Ho lavorato in diverse redazioni: prima a NewsMediaset, poi a Videonews, quindi a TgCom24, il canale all-news dove mi occupavo del coordinamento centrale. Sono tornato poi a NewsMediaset come vaticanista per Tg5, Studio Aperto, Tg4 e Tgcom24. Dal 2014 ho iniziato anche a condurre: prima i notiziari e la rassegna stampa del canale all-news, poi la rubrica Stanze Vaticane, che continuo ancora oggi. Ho fatto di tutto: cronaca, esteri, spettacoli, ma il Vaticano è sempre rimasto il mio ambito principale.
Quando sei diventato vaticanista ufficiale di Mediaset?
Nel 2019. La vaticanista di NewsMediaset si trasferì all’estero e il direttore Andrea Pucci mi chiamò: «Visto che te ne occupi da anni, tocca a te». Così è iniziato tutto ufficialmente.
C’è stato un momento difficile nella tua carriera?
Nel 2010 mi trovai davanti a un bivio. Avevo ottenuto l’abilitazione all’insegnamento della religione cattolica e avevo iniziato a insegnare a scuola. Dopo il primo anno, che svolsi parallelamente allo stage a Mediaset, la scuola mi richiamò per un secondo anno scolastico. Dovevo decidere se accettare quell’incarico o se proseguire la collaborazione con Studio Aperto. Scelsi Mediaset. Sempre nello stesso anno, ricevetti anche un’offerta da un settimanale, che mi proponeva un contratto stabile. I miei superiori a Mediaset mi dissero: «Resta, per noi sei prezioso. Fidati». Seguii il loro consiglio e decisi di restare. Oggi posso dire di aver fatto la scelta giusta: pochi anni dopo arrivò l’assunzione.
Come sei riuscito a costruire un rapporto diretto con Papa Francesco?
Direi che è stato un mix di fortuna e grazia. Il mio lavoro mi ha permesso di incontrarlo più volte. Si è fidato di me, e questo ha aperto la strada alle tre interviste che abbiamo realizzato. Poi gli ho proposto di lavorare insieme a un’autobiografia e lui ha accettato, convinto che potesse essere utile soprattutto per i giovani.
Quali somiglianze e differenze hai notato tra l’ultimo conclave e i precedenti?
La somiglianza è che, come sempre, il nome del Papa sorprende. Anche nel 2013 si diceva “sicuro Scola”, e poi uscì Francesco. Stavolta “sicuro Parolin”, e invece… La grande differenza è l’epoca: questo è stato un conclave pienamente nell’era dei social. Nel 2013 eravamo solo agli inizi.
C’è un fattore politico dietro l’elezione dell’attuale Papa?
Non credo. Non penso ci sia stato un calcolo geopolitico. Penso che abbiano scelto una figura con un curriculum completo: missionario, pastore, canonista, con esperienza in Curia. Un profilo che mette tutti d’accordo.
Tre parole per descrivere il pontificato di Papa Francesco?
Rivoluzionario, perché ha toccato temi e aspetti che mai avremmo pensato potessero cambiare. Libero, perché è sempre stato fuori dalle etichette: accusato di essere conservatore e progressista, ma in realtà sempre indipendente. E poi delle periferie, perché ha centrato tutto il suo magistero sull’attenzione agli ultimi, ai poveri e agli scartati.
Lo scoop di cui vai più fiero?
L’intervista a Papa Francesco.
Quale delle tre?
La prima. Fu la prima in assoluto concessa da un Papa a una TV nazionale generalista italiana, prima che alla Rai. E la realizzammo con le telecamere Mediaset: anche questa fu una totale novità.
Quali qualità deve avere un buon vaticanista?
Obiettività assoluta. Non farsi trascinare da correnti o ideologie. Essere sensibili, usare le parole giuste, al momento giusto, con il giusto tono. Perché questo non è solo giornalismo: è raccontare qualcosa di più profondo.
Il lavoro del vaticanista si basa più sulle relazioni o sulle autorizzazioni?
Sulle relazioni. Devi farti conoscere, apprezzare, far capire che sei affidabile. Come in ogni ambiente, i rapporti umani vengono prima di tutto.
Cosa diresti oggi al te stesso studente del Master?
Di insistere. Di fregarsene di chi dice “ma chi te lo fa fare”. Se hai la passione, devi provarci. E collaborare il più possibile. Come diceva Agostini: trova più collaborazioni possibili, e poi sfonda la porta dove vedi uno spiraglio.