Denaro contante, pari a due terzi del Pil, fermo nelle casse dell’Unione Europea.
Per la prima volta nell’era dei tassi zero, i depositi nelle banche dell’Eurozona superano la soglia dei 10mila miliardi di liquidità, a fronte di un Pil di quasi 12mila miliardi generato nel 2018 dai 19 Paesi membri dell’area valutaria.
Secondo le rilevazioni dell’Autorità bancaria europea, dal 2005 i risparmi parcheggiati in attesa di schiarite nella coltre dei tassi negativi sono pressoché raddoppiati, con una fortissima accelerazione a cavallo tra il 2008 e il 2009, in corrispondenza con l’ultima grande recessione globale.
Un dato che evidenzia il crescente bisogno di sicurezza dei risparmiatori dell’Unione Europea, che hanno trovato la loro risposta nella via del conto corrente: la nuova forma dei “soldi sotto al materasso”, un mito che non è più solamente italiano, tanto che oggi il nostro paese non vanta il primato nella classifica della liquidità, ma si colloca al terzo posto.
Sul gradino più alto del podio si trova la Germania con quasi 3mila miliardi sui conti correnti (87% del Pil), seguita dalla Francia con oltre 2mila miliardi (92% del Pil). Bronzo proprio per l’Italia: tra famiglie e imprese i nostri depositi si attestano sui 1.400 miliardi, approssimativamente l’80% del Pil nostrano. Fuori dall’Eurozona spicca la Gran Bretagna, che supera i 2mila miliardi.
I numeri indicano però che bloccare il denaro nelle banche comporta costi altissimi. Dal 2000 a oggi l’inflazione generata è stata pari al 30%: per effetto dell’erosione del potere di acquisto, chi non ha mosso i propri risparmi in questo intervallo di tempo ha di fatto subito una perdita di pari percentuale.
All’inflazione va poi sommato il costo opportunità, ovvero il mancato sfruttamento dei rendimenti generati dal mercato azionario e obbligazionario: sommando questi due elementi, il costo del parcheggio della liquidità risulta elevatissimo.
Una situazione dettata dalla mancanza dei vecchi punti di riferimento dei risparmiatori: i titoli di Stato, ormai ostaggio dei tassi negativi generati da politiche monetarie globali sempre più coordinate ed espansive.
A oggi investire è un enigma e il contante è la nuova certezza, che però rischia di costare caro.