Esattamente vent’anni fa, il 22 novembre 2004, in tutta l’Ucraina ci furono proteste contro il risultato elettorale del giorno precedente. Le elezioni, infatti, videro a sorpresa vincitore Janukovyč contro il suo oppositore Juščenko, e ciò portò a forti proteste con accuse di brogli e falsificazioni.
Il colore della protesta
La Rivoluzione arancione può essere inquadrata all’interno di una serie di movimenti simili tra di loro sviluppatisi nei primi anni 2000 in alcuni stati post-sovietici. Queste rivoluzioni ebbero come simbolo uno specifico colore o fiore. Nel caso dell’Ucraina fu scelto il colore arancione e fu organizzata e sviluppata dal movimento, seppur fallimentare, “Ucraina senza Kucma (200-2001)”.
L’obiettivo della protesta
L’obiettivo della contestazione fu quello di mettere fine al sistema oligarchico che monopolizzava il potere economico e politico, un sistema che vedeva alla vetta due figure principali del paese: Leonid Kucma e il primo ministro Janukovyč. Altro obiettivo, non meno importante, fu quello di provare a portare il paese nel mercato europeo e nella NATO, con il conseguente allontanamento dalla sfera d’influenza russa.
Sviluppi
La rivoluzione colorata costituì il primo momento di espressione politica della cittadinanza ucraina e l’apertura verso l’occidente e i valori da esso rappresentati. La rottura con il passato sovietico e con l’informale sottomissione a Mosca costituì per i manifestanti un momento di speranza e di un futuro più roseo. Un desiderio destinato, però, a svanire rapidamente: molte delle promesse del governo Juščenko non furono mantenute. Il paese rimase per diversi anni in uno stato di paralisi politica. La vittoria di Janukovyč nelle elezioni del 2010 sancì la fine del movimento arancione.
I sentimenti nazionalisti e il desiderio di cambiamento ucraini esplosero nuovamente nel 2013, culminando con la rivolta di piazza Maidan nel febbraio 2014. Le manifestazioni contro il governo filorusso determinarono la fuga del presidente Janukovyč in Russia e la costituzione di un governo provvisorio.
Le forti posizioni nazionaliste del nuovo governo portarono a tensioni con le regioni periferiche e risentimento nella popolazione locale. Fomentati anche dalla propaganda russa, il 1° marzo, diverse città insorsero in protesta: Charkiv, Donec’k, Odessa, Luhans’k, Melitopol’, Kerč’ e Mariupol’. Nello stesso giorno la Crimea proclamò la propria secessione dall’Ucraina. Il governo di Sebastopoli chiese aiuto al presidente russo Vladimir Putin, che dopo l’approvazione della Duma, autorizzò l’intervento delle truppe russe per ristabilire legittimità, ordine e pace.
Il conflitto civile in Donbas, iniziato in aprile 2014, e l’invasione russa dell’Ucraina del febbraio 2022 hanno segnato un importante rallentamento nel processo di avvicinamento all’Unione Europea. I sogni e le speranze che hanno spinto i cittadini ucraini a protestare il 24 gennaio 2004, animano ancora oggi la popolazione e la sua resistenza all’invasione.
A cura di
Moisès Chiarelli
Andrea Pagani