Venezuela, sì all’annessione della Guyana Esequiba

Domenica 3 dicembre il Venezuela ha detto sì. Al presidente Nicolàs Maduro, e al referendum da lui indetto per rivendicare la sovranità sulla vicina – e ricca – Guyana Esequiba. Secondo il Consiglio Elettorale Nazionale (CNE), dei 20 milioni di aventi diritto oltre 10 milioni di persone sono andate a votare. Concedendo, almeno per ora, un grande successo al presidente in carica.

I termini del referendum

Le cinque domande a cui i venezuelani erano tenuti a rispondere erano riassumibili in una. L’Esequiba è nostra, sì o no? «È nelle vostre mani, cittadini – dice in un video Maduro alla vigilia del voto – Votate cinque volte sì». Cinco veces sì, la volontà del leader era chiara. Così come, in caso di risultato favorevole, lo erano i progetti futuri.

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Il presidente venezuelano Nicolàs Maduro il giorno della sua rielezione per il secondo mandato, nel 2019

In primo luogo, la creazione di un nuovo stato della Federazione venezuelana nel territorio conteso. In secondo luogo, la concessione della cittadinanza a tutti gli attuali e futuri residenti dell’Esequiba. Rifiutando in toto la giurisdizione della Corte Suprema delle Nazioni Unite nell’ambito del conflitto tra i paesi sudamericani. Queste le cinque questioni poste nel referendum.

1. Siete d’accordo nel respingere con tutti i mezzi, in conformità con la legge, la linea fraudolentemente interposta dalla sentenza arbitrale di Parigi del 1899, che cerca di privarci della nostra Guayana Esequiba?

2. Sostenete l’Accordo di Ginevra del 1966 come unico strumento legale valido per raggiungere una soluzione pratica e soddisfacente per il Venezuela e la Guyana riguardo alla controversia sul territorio di Guayana Esequiba?

3. Concordate con la posizione storica del Venezuela di non riconoscere la giurisdizione della Corte Internazionale di Giustizia per risolvere la controversia territoriale su Guayana Esequiba?

4. Siete d’accordo nell’opporvi, con tutti i mezzi legali, alla pretesa della Guyana di disporre unilateralmente di un mare in attesa di delimitazione, illegalmente e in violazione del diritto internazionale?.

5. Siete d’accordo con la creazione dello Stato di Guayana Esequiba e con lo sviluppo di un piano accelerato per l’assistenza completa alla popolazione attuale e futura di quel territorio, che includa, tra l’altro, la concessione della cittadinanza e della carta d’identità? Il Venezuela, in conformità con l’Accordo di Ginevra e il Diritto Internazionale, incorpora di conseguenza tale Stato nella mappa del territorio venezuelano?

Le reazioni ai risultati

«È stato un totale successo per il nostro Paese, per la nostra democrazia». Con queste parole Maduro ha accolto a Caracas i risultati. Non mancando di sottolineare la «grande partecipazione del popolo». Su cui, però, il Guardian e Reuters sollevano più di un dubbio. Elvis Amoroso, capo del Consiglio Elettorale Nazionale, aveva annunciato nella giornata di domenica che i seggi sarebbero rimasti aperti due ore in più per far fronte a una «partecipazione di massa». Ma le cifre rilasciate dal CNE – quei 10,5 milioni di votanti – sono alquanto improbabili. Significherebbe un’affluenza maggiore di quella che permise nel 2012 la rielezione di Hugo Chàvez. Quei numeri potrebbero identificare non tanto il numero delle persone ma ogni singola preferenza espressa.

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Un murales per le strade di Caracas, dove si legge “Tutto il Venezuela, l’Esequiba è nostro” scritto sopra una cartina del Paese che comprende anche la regione contesa (Fonte: NYT)

«Una vittoria evidente e schiacciante del fronte del sì», come ha riferito Amoroso. I cinque quesiti posti avrebbero ottenuto un minimo di 95,40% e un massimo di 98,11% sì. Il quinto quesito, quello più controverso in quanto chiedeva un appoggio alla proposta di creare uno Stato da integrare alla Federazione venezuelana, sarebbe stato accettato con il 95,93% di sì contro il 4,07% di no.

Lo scontro internazionale

Venerdì 1 dicembre, la Corte Internazionale di Giustizia (ICJ in inglese) aveva ordinato al governo di Caracas di rinunciare a qualunque azione che avrebbe «alterato il controllo della Guyana sull’Esequiba». La presidente della Corte Joan Donoghue sostiene che Maduro stia compiendo «chiari passi per prendere il controllo e amministrare il territorio». In più, le milizie venezuelane starebbero costruendo una base aerea provvisoria da utilizzare come appoggio logistico per un’eventuale operazione. In tutta risposta, il Brasile aveva comunicato l’intensificazione delle sue azioni difensive, rimpolpando i suoi contingenti nelle regioni limitrofe.

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Una manifestazione di sostenitori di Maduro a Caracas, novembre 2023

L’esecutivo di Georgetown aveva chiesto alla ICJ di vietare il voto, senza però ottenere una risposta concreta. «Siete dalla parte sbagliata della storia», il commento duro del ministro degli Esteri della Guyana Hugh Todd. «Maduro è un leader dispotico, e questi capi politici sono molto difficili da prevedere». Todd ha poi chiosato: «L’Esequiba appartiene al popolo della Guyana, è sempre stato così e sempre lo sarà. Non ha niente a che vedere con il Venezuela».

La questione Esequiba

Le origini del contenzioso risalgono all’inizio del XIX secolo. Quando il Venezuela, ottenuta l’indipendenza dalla Spagna nel 1811, si estendeva territorialmente dall’attuale Ecuador al fiume Essequibo. Il 1830 segna un punto di non ritorno: a causa di controversie interne, il Venezuela si frammentò e l’Esequiba divenne zona di frontiera della neonata repubblica. Su quest’area, cinque anni più tardi, mise le mani il Regno britannico nonostante, a livello legislativo, si trovasse sotto la sovranità del Paese sudamericano. La corona, nei decenni precedenti, aveva già colonizzato diversi spazi nella regione e li aveva uniti nel più vasto conglomerato della Guyana britannica.

L’annessione de facto dell’Esequiba, ultimata nel 1844, fece le fortune degli inglesi. Il territorio pullulava di petrolio, gas, alluminio, oro, e diamanti. I coloni sfruttarono le ricchezze del sottosuolo, sordi ai reclami dei venezuelani. Solo nel 1899 la questione ricevette l’attenzione della comunità internazionale. Nella fattispecie, le potenze mondiali – Francia su tutte – assegnarono la regione contesa al Regno Unito. Che continuò a esercitare il proprio dominio per oltre sessantatré anni, fino a quando la Corte Internazionale di Giustizia di Caracas interruppe il controllo territoriale della corona.

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La cartina della regione Esequiba, evidenziata in rosa (Fonte: The Guardian)

La vicenda conobbe un’evoluzione decisiva in seguito alla proclamazione d’indipendenza dello Stato del Guyana, il 26 maggio 1966. Gli abitanti dell’Esequiba, fin da subito contrari al nuovo assoggettamento, insorsero contro il governo. L’esercito locale represse nel sangue la rivolta senza grandi difficoltà, dal momento che il Venezuela scelse di non inviare le proprie truppe. L’evento soffocò il dibattito nella regione per tre decenni.

Alle soglie del nuovo millennio, il presidente venezuelano Hugo Chàvez riportò l’attenzione pubblica sulla questione dell’Esequiba. Ma non tradusse mai in atti le proprie rivendicazioni. Il suo erede Maduro, invece, ha deciso di mutare strategia: con il referendum di domenica scorsa Caracas è tornata a fare sul serio.

Una mossa di propaganda

Secondo alcuni analisti, la scelta governativa di indire il referendum traduce una strategia di propaganda politica del presidente Maduro. Per ottenere voti in vista delle elezioni del 2024, il capo di stato spera di orientare l’opinione pubblica, e intende farlo premendo su un tasto molto caro ai cittadini. L’annessione dell’Esequiba potrebbe conferire legittimazione a Maduro e indebolire la rivalità dei partiti d’opposizione. Che quest’anno potrebbero tornare ad avere un peso politico.

Di fatto, la prossima chiamata alle urne sarà vigilata da arbitri internazionali e sarà concessa l’eleggibilità a tutti i candidati dell’opposizione. Anche a coloro che sono stati interdetti dai pubblici uffici nel recente passato. Questo passo verso il ripristino degli ordinamenti democratici si inscrive nel più ampio disegno di riportare il pluralismo politico nel Paese. Il piano, imposto dagli Stati Uniti in cambio dell’allentamento delle sanzioni su petrolio e del gas naturale venezuelani, potrebbe ledere l’autoritarismo di Maduro e mettere in discussione il suo terzo mandato in undici anni.

Il Presidente, che non voleva certo correre questo rischio, ha preso le giuste precauzioni. Nella sua campagna referendaria, Maduro ha insistito molto sulle motivazioni patriottiche che l’hanno spinto a riaffermare il proprio diritto sulla terra a ovest del fiume dell’Essequibo. Ha fatto realizzare mostre fotografiche, video, incontri e dibattiti pubblici relativi alla storia del contenzioso con la Guyana. Sono stati scritti libri di storia e geografia in un’ottica fortemente nazionalista. Recite scolastiche e canzoncine per bambini hanno avuto lo scopo di dare vigore alle rivendicazioni territoriali perfino tra i più piccoli.

 

A cura di Alessandro Dowlatshahi e Filippo Riccardo di Chio

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