
Il procuratore generale degli Stati Uniti, Pam Bondi, ha richiesto la pena di morte per Luigi Mangione, imputato per l’omicidio del ceo Brain Thompson, avvenuto a New York lo scorso 4 dicembre. La posizione dura di Bondi, fedelissima di Trump, manda un messaggio chiaro al Paese: l’America sarà un luogo sicuro, tolleranza zero contro i crimini violenti. Ma l’esposizione mediatica del caso e la divisiva figura dell’imputato faranno molto discutere circa la scelta dell’Attorney General.
Assassino o eroe?
Folli dichiarazioni di Trump, chat rese pubbliche e fluttuanti indici di Borsa: gli Stati Uniti d’America vivono di contrasti come mai prima. E il caso di Luigi Mangione non fa differenza. Arrestato lo scorso dicembre come responsabile dell’omicidio di Brian Thompson, ceo di UnitedHealthcare, il 26enne è diventato immediatamente una figura polarizzante.
Mangione divide l’opinione pubblica. C’è chi lo vede come un killer spietato, capace di architettare e commettere un omicidio nel cuore di Manhattan alle prime luci dell’alba, e chi lo raffigura come il vendicatore dei meno fortunati, quasi un eroe capace di ribellarsi contro l’oppressore. Per giunta apprezzabile esteticamente.
Che l’interpretazione più eroica di Mangione non sia mera retorica, lo dimostra un dato assolutamente concreto. Il 13 dicembre 2024, solo quattro giorni dopo il suo arresto, la piattaforma di crowdfunding GoFundMe si era vista costretta a chiudere delle raccolte fondi destinate a Mangione. Il motivo è che i termini di servizio del sito, vietano di raccogliere denaro per le spese legali di chi ha commesso crimini violenti. Ma la norma non è condivisa da tutte le piattaforme di questo tipo, così Mangione aveva fatto sapere nei mesi scorsi che avrebbe beneficiato della generosità dei suoi donatori.
La pena di morte
Per quanto Mangione si sia dichiarato innocente, è improbabile che il suo processo termini con un’assoluzione. La questione più importante, quindi, sarà l’entità della pena: se fino a pochi giorni fa il ragazzo poteva aspettarsi di essere condannato a una detenzione più o meno lunga, ora è in gioco la sua stessa vita.
Due corti discuteranno il caso: quella statale di New York (dove Mangione ha compiuto l’omicidio), e quella federale. L’esito potrebbe essere molto differente: a livello statale, infatti, la pena massima prevista è l’ergastolo, ma la giustizia federale potrebbe invece spingersi fino alla pena di morte, come richiesto dalla procuratrice generale Pam Bondi.

Occorre fare chiarezza sull’applicazione della pena capitale. Nel 2021, l’allora presidente Joe Biden aveva disposto una moratoria che ne sospendeva l’uso a livello federale. Un provvedimento di breve durata: al suo rientro alla Casa Bianca, Donald Trump lo ha revocato, ripristinando la pena di morte per i crimini più gravi.
Per Bondi il caso di Mangione è sufficientemente grave da giustificare l’esecuzione. «L’uccisione di Brian Thompson, un innocente padre di due figli, è stato un assassinio premeditato e a sangue freddo che ha scioccato l’America», ha commentato. Per poi rimarcare come la sua linea sia quella condivisa con il presidente: «Dopo un’attenta riflessione, ho ordinato ai procuratori federali di chiedere la pena di morte nell’ambito del programma voluto dal presidente Trump per fermare i crimini violenti e rendere di nuovo sicura l’America». Un’idea di giustizia forte e chiara, che nei prossimi mesi rischia di arrivare alla decisione più drastica. E quello di Mangione potrebbe non rimanere un caso isolato.