Maxi-operazione in Turchia: 110 arresti per legami con il PKK

Sono almeno 110 le persone arrestate in Turchia nella giornata di martedì 25 aprile. L’accusa è di aver preso parte attivamente ad «attività terroristiche» sostenendo il PKK (Partito dei Lavoratori del Kurdistan). Come riportato da media locali, l’operazione è stata condotta in 21 province. Tra queste quella di Diyarbakir, capitale curda non ufficialmente riconosciuta nel sud-est del Paese. Secondo l’Ordine degli avvocati, «il numero totale di arresti potrebbe raggiungere i 150», tra cui «almeno venti avvocati, cinque giornalisti, tre attori teatrali e un politico».

Cosa è successo

I sospettati, secondo la polizia turca, avrebbero contribuito a reclutare nuovi membri all’interno del PKK e lo avrebbero sovvenzionato. I finanziamenti provenivano dalle casse di comuni governati dal Partito Democratico dei Popoli (HDP), facente parte della sinistra filo-curda. Inoltre, alcuni di loro avrebbero fomentato oltre 60 cortei di protesta contro Ankara negli ultimi sei anni.

Secondo TRT, la tv di Stato turca, tra gli arrestati ci sono anche dirigenti di varie ONG, oltre ad avvocati e giornalisti. Questi, come ha rivelato l’organizzazione turca MLSA, non profit che lotta per la libertà di espressione, lavoravano per la Agenzia di Stampa della Mesopotamia. Questa è bandita in Turchia perché accusata di essere connessa ai terroristi curdi. Altri report sostengono che gli avvocati non avranno accesso almeno per 24 ore ai dossier dell’inchiesta che ha portato all’arresto dei loro clienti.

«Le dimore di molte persone sono state perquisite nelle prime ore della mattina di martedì», ha comunicato MLSA.

Gli intrecci politici

La maxi-operazione è stata condotta a meno di tre settimane dalle elezioni. Il 14 maggio, infatti, la Turchia andrà a votare per il Presidente. I sondaggi sembrano indicare una probabile corsa a due tra Recep Erdoğan e Kemal Kiliçdaroglu, leader del Partito dei Verdi di Sinistra.

Alt In primo piano: Kemal Kılıçdaroğlu (a sx) e Recep Tayyip Erdoğan (a dx)
In primo piano: Kemal Kılıçdaroğlu (a sx) e Recep Tayyip Erdoğan (a dx)

Il presidente in carica, al governo dal 2003, ha perso molti consensi nell’ultimo periodo a causa del collasso economico e di una presunta svolta autoritaria. Ultimamente, a minare la sua candidatura, anche le critiche ricevute per aver mal gestito i soccorsi durante il tremendo terremoto dello scorso febbraio.

Gli arresti mettono sotto evidente pressione il partito di opposizione HDP, coinvolto nelle indagini. Il Tribunale di Ankara sta portando avanti un processo contro il Partito Democratico dei Popoli che potrebbe risultare nella messa fuori legge della formazione politica a causa di presunti legami con terroristi. Indizi fondamentali potrebbero essere proprio quei finanziamenti che hanno dato il via all’operazione di martedì 25 aprile.

L’HDP ha alzato gli scudi, sostenendo che il raid sia stato «un’operazione per rubare i voti alle urne, condizionando la volontà del popolo». Recep Tayyip Erdoğan, secondo loro, starebbe spostando l’attenzione sui curdi per far passare in secondo piano i passi indietro nel campo delle libertà civili. Intanto, però, il Partito Democratico dei Popoli ha preso tutte le precauzioni del caso. La candidatura di Kiliçdaroglu con il Partito dei Verdi di Sinistra dovrebbe teoricamente rendere intoccabile il leader dell’opposizione.

Il PKK: visione politica e lotta armata

Il PKK è un’organizzazione politica e paramilitare che agisce soprattutto nell’altopiano del Kurdistan. Il suo bacino di sostegno è composto da contadini e masse popolari, che abitano le zone del sud-est turco e del nord dell’Iraq. Secondo il CIA World Factbook, si tratta circa del 18,3% della intera popolazione della Turchia.

Alt In giallo, l'area abitata dalle popolazioni curde
In giallo, l’area abitata dalle popolazioni curde

Di ispirazione marxista-leninista, dal XXI secolo hanno adottato la visione politica del confederalismo democratico. Questo prevede una forma di democrazia diretta tramite un sistema di assemblee popolari confederate. Queste permettono di superare le concezioni gerarchiche dello Stato. Altro pilastro di questa ideologia è un’economia sostenibile ed ecologica, che si pone come obiettivo di rinstaurare il rapporto simbiotico con la natura dei primi tempi.

L’organizzazione opera sul territorio sfruttando anche metodi di lotta armata. Soprattutto sequestri e attacchi dinamitardi o kamikaze contro obiettivi militari turchi ma anche civili. Ankara è infatti vista dal PKK come oppressore del popolo curdo. A maggior ragione dopo il 1978, quando la Turchia iniziò una sistematica e violenta repressione della cultura e del popolo curdo in seguito ai primi attentati del PKK. Nel 2015, dopo due anni di tregua stipulati con l’attuale presidente turco Recep Tayyip Erdoğan, il gruppo terroristico è tornato a colpire uccidendo quattro poliziotti turchi.

Alt Militanti del PKK sventolano bandiere dell'organizzazione
Militanti del PKK sventolano bandiere dell’organizzazione

Il Partito è attualmente riconosciuto come terroristico da Turchia, Stati Uniti, Unione Europea (dal 2002),  NATO e Iran. È invece considerato una semplice forza politica di resistenza da Russia, India, Cina, Brasile, Svizzera e Nazioni Unite.

 

 

 

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