E se non fosse solo un film per bambini? Era il 2 agosto di 25 anni fa quando negli Stati Uniti usciva Matilda, la pellicola dalle dolci e colorate atmosfere dell’infanzia, il film che sa di caramelle frizzanti e pancakes o (se sei cresciuto in Italia) di pane, nutella e succo di albicocca.
Certo, non fu un successone ma in caso non ve lo ricordaste oggi potrebbe essere un buon giorno per riguardarlo.
Quella di Matilda è la storia di una bambina dagli occhi vispi, incompresa dai genitori e divoratrice di libri che, usando le parole della voce narrante,
«All’età di 2 anni aveva imparato quello che in genere si impara solo dopo i 30 anni: badare a sé stessa».
La sua storia a differenza dei tanti altri classici per l’infanzia come Jumanji, Mamma ho perso l’aereo o Una serie di sfortunati eventi, non è però una storia di avventura. Sì, c’è la magia ma questa è marginale e, anche se ovviamente una delle scene più ricordate è quella dove la bambina esercita i suoi poteri sulle note di Litttle Bitty Pretty One mettendo sottosopra la casa, non è questa la chiave di svolta della vicenda.
Come viene detto nel film infatti, una volta ritrovata la serenità «Matilda non dovette più fare uso dei suoi poteri (o quasi)».
Tratto da Matilde, libro scritto nel 1988 da Roald Dahl, autore di altri romanzi per ragazzi quali La Fabbrica di Cioccolato, Streghe o il GGG – Il Grande Gigante Gentile, il film è una fedele trasposizione cinematografica di quello che la penna di Dahl era in grado di far vivere.
Diretto e interpretato da Danny DeVito nei panni di Harry Wormwood, padre della bambina, la storia mantiene infatti quell’ironia a volte un po’ grottesca dei personaggi, anche con scorci e inquadrature dall’alto al basso (e viceversa) che ricordano le illustrazioni di Quentin Blake nelle pagine degli Istrici Salani.
Solitudine, libri, la voglia di andare a scuola e un pizzico di magia
Nata in una famiglia che non ha mai avuto grande considerazione per lei, Matilda ha un padre rivenditore di auto rubate apparentemente in buono stato (solo apparentemente), e una madre assente di nome Zinnia, personificazione del trash, circondata sempre da strass e lustrini, appassionata al gioco del bingo al quale dedica tutto il suo tempo senza preoccuparsi della figlia. Ciliegina sulla torta: Matilda ha un fratello maggiore, personaggio inutile e (anche lui) anaffettivo.
Insomma una protagonista mosca bianca che smette di sentirsi sola nel momento in cui scopre il piacere di qualcosa solitamente poco apprezzato dai bambini: la lettura.
Dopo aver imparato a leggere da sola tra i 4 e i 6 anni Matilda aspetta ogni giorno infatti quel magico momento in cui rimane sola per potersi dirigere alla biblioteca della città e fare indigestione di tutte le storie degli scrittori che la stavano crescendo al posto dei genitori.
Il desiderio più grande di Matilda però non era quello di passare tutto il tempo con il naso tra le pagine (per quanto questo effettivamente la rendesse felice), ma andare a scuola. Quanti bambini a 6 anni smaniano per fare i compiti, studiare ed essere messi sotto pressione? Oggettivamente nessuno o quasi. Questo film è riuscito sicuramente a spingere una parte di noi ad apprezzare e capire anche il vero valore e della scuola fatta non solo di voti e conti difficili da fare a mente ma luogo di incontri, scontri, avventure e persone meravigliose come la Signorina Honey.
Tra le tinte magiche della storia si fa strada poi anche una trasposizione caricaturale del dispotismo bugiardo e prepotente degli adulti: ci sono Zinnia ed Harry, c’è la Preside la Signorina Trinciabue e ci sono quei due cretini degli agenti dell’FBI Bob e Bill che danno la caccia al papà truffatore. Nonostante però tutti provino a mettere i piedi in testa a una bambina di soli 6 anni qualunque tentativo si rivelerà un insuccesso anche e soprattutto per i poteri di Matilda che riesce, tra l’altro, a padroneggiare perfettamente.
A questo punto la domanda è: se a distanza di 25 anni dalla sua uscita, è sufficiente accennare allo “strozzatoio” della signora preside, ascoltare i primi accordi di Send Me On My Way dei Rusted Root, o le dolci note di David Newman per tornare in un attimo ad avere le ginocchia sbucciate per le cadute in bicicletta non è che forse questo film è qualcosa di più di un semplice classico per bambini?