fethiye escort bayan istanbul masöz escort bodrum

Indagini Live: Stefano Nazzi racconta la storia del Mostro di Firenze

Una canzone, “La tramontana” di Gianni Pettenati e Antoine, seguita dalla voce di un bambino: Natalino Mele. Una pausa e poi l’inizio del racconto di una delle storie di cronaca italiana più terrificanti, quella del Mostro di Firenze. Un’altra pausa e «Io mi chiamo Stefano Nazzi, faccio il giornalista da tanti anni e nel corso della mia carriera mi sono occupato di tante storie come questa, quelle che nel tempo vi sono diventate familiari e altre che potreste non aver mai sentito nominare. Storie di cronaca, di cronaca nera, di cronaca giudiziaria» Il giornalista, ha iniziato così la prima tappa milanese del suo tour Indagini Live. Lo spettacolo, messo in scena al Teatro degli Arcimboldi, è un’estensione dei contenuti già portati in Indagini, il podcast del Post, di cui è autore e voce narrante, e che figura al secondo posto della classifica dei true crime più ascoltati su Spotify.

Indagini Live

Scrosci di applausi, fischi e urla, Stefano Nazzi viene accolto così alla ventesima data di un tour tutto esaurito. Proprio come una celebrità. Una platea gremita di gente, 2.400 posti a sedere tutti occupati. Migliaia di persone, fan e non solo, che non hanno resistito alla tentazione di ascoltare dal vivo la voce di colui che accompagna le loro giornate, raccontando le storie dei crimini italiani più efferati.

Stefano Nazzi racconta i delitti commessi dal Mostro di Firenze

Camicia nera, pantaloni scuri e una mano in tasca per la maggior parte del tempo, Stefano Nazzi, alla prima milanese, non era più solo una voce. Ha spiegato al pubblico chi era il Mostro di Firenze. E lo ha fatto con lo stile che lo contraddistingue: tono pacato, narrazione asciutta e moderata, priva di sensazionalismi e morbosità. Perché l’obiettivo è mostrare «non tanto il fatto di cronaca in sé, bensì tutto quello che è successo dopo: le indagini giudiziarie e i processi con le loro iniziative, le loro intuizioni e i loro errori.» Il giornalista non vuole scoprire qualcosa di nuovo, ma ordina i fatti e racconta i dettagli a cui non si è dato il giusto peso. «Particolari freddi e angoscianti, ma che vanno raccontati perché questa è la storia».

La narrazione asettica, come accade nelle puntate del podcast del Post, è arricchita dalle testimonianze di: indagati, colpevoli, i “compagni di merende” – Pietro Pacciani, Marco Vanni e Giancarlo Lotti – magistrati e questori dell’epoca. Ma anche coloro che hanno esaminato i plurimi omicidi a posteriori, per scriverne un libro. Le musiche di Stefano Tumiati, curatore del sound e del design dello spettacolo, scandiscono il racconto. Un ritmo dinamico e incalzante, con stacchi acuti e taglienti, che aumentano la suspense ed evidenziano i passaggi più importanti dei delitti compiuti in 17 anni. Dal 1968 fino al 1985, quando il Mostro di Firenze ha smesso di uccidere. A suppore le parole ci sono anche le foto delle prove: le lettere anonime, i fogli di giornale, i volti delle vittime, le loro auto, l’arma utilizzata e i bossoli.

Stefano Nazzi insieme a Stefano Tumiati, curatore del sound e del design dello spettacolo e del podcast Indagini
Il Mostro di Firenze

Nel secondo tour di Indagini Live, iniziato nel 2025, Nazzi ha portato sul palco gli “omicidi contro i sentimenti”. Ha spiegato nel dettaglio le indagini che hanno portato all’identificazione del Mostro di Firenze: Pietro Pacciani. Ma anche dei suoi compagni di merende, Vanni e Lotti, che hanno partecipato ad almeno cinque degli otto duplici assassinii commessi. In totale sono state uccise 16 persone, tutte di giovane età. Ragazzi e ragazze, tra i 18 e i 36 anni di origine italiana o straniera, sorpresi in atteggiamenti intimi nelle campagne del fiorentino. Per l’uccisione delle coppiette” il modus operandi era lo stesso: ammazzati dai colpi di una Beretta calibro 22. In alcuni casi, però, gli spari non bastavano. L’omicida si accaniva sul corpo inerme della vittima, sferrando vari colpi con un coltello. Per le donne la violenza era ancora più efferata: venivano mutilate e gli veniva asportato il seno sinistro.

Marco Vanni, Pietro Pacciani e Giancarlo Lotti, i tre “compagni di merende”

Una vicenda investigativa e giudiziaria complessa, una tra le più intricate in Italia. Gli inquirenti hanno seguito numerose piste, facendosi direzionare dagli indizi e dalle testimonianze della gente del posto. Ma anche dalle lettere anonime inviate da un “cittadino amico” al quotidiano fiorentino La Nazione. Varie ipotesi si sono susseguite nel corso del tempo. Come la pista sarda, o l’idea che i tre compagni facessero parte di una setta che si riuniva la notte nella villa La sfacciata, al confine con il comune di Scandicci, dove avvenivano pratiche esoteriche. Un’altra pista era quella secondo cui dietro ai crimini ci fosse un mandante, un certo dottore, come affermato più volte da Lotti. Probabilmente era Francesco Narducci, un gastroenterologo perugino, morto in circostanze sospette. E infine l’ipotesi più recente: il Mostro di Firenze è Zodiac, un serial killer californiano che seguiva uno schema molto simile a quello utilizzato per i delitti italiani.

Otto duplici omicidi compiuti in 17 anni, oltre 60 anni di indagini, che hanno portato a emettere condanne e assoluzioni. Il caso del Mostro di Firenze è tutt’altro che concluso. In molti continuano a cercare la verità, anche se si pensa che ormai sia difficile scoprirla. Tuttavia, «L’unico modo per concludere questo racconto – come ha affermato Nazzi alla fine del suo spettacolo – è ricordare i loro nomi» quelli delle vittime. Barbara Locci, Antonio Lo Bianco, Pasquale Gentilcore, Stefania Pettini, Giovanni Foggi, Carmela De Nuccio, Stefano Baldi, Susanna Cambi, Paolo Mainardi, Antonella Migliorini, Horst Wilhelm Meyer, Jens-Uwe Rüsch, Claudio Stefanacci, Pia Rontini, Jean-Michel Kraveichvili, Nadine Mauriot.

 

Visualizza questo post su Instagram

 

Un post condiviso da Stefano Nazzi (@stenaz)

La reazione del pubblico

Sogghigni di incredulità, sospiri e commenti sotto voce hanno intervallato il religioso silenzio con cui il pubblico ha ascoltato le parole di Stefano Nazzi. «Era come se fossi immersa nella storia» ha dichiarato una spettatrice una volta uscita dalla sala. E ha aggiunto di aver avuto l’impressione di rivivere le emozioni dei cittadini dell’epoca. Paura, angoscia, rabbia verso il Mostro, ma anche speranza che venisse preso. La stessa che scompariva quando le prove portavano a un vicolo cieco. La maggior parte dei presenti, se non tutti, conoscevano i fatti, eppure sembrava che stessero assistendo a una narrazione nuova, sussultando ogni volta che venivano rimarcati i dettagli dei delitti.

In molti hanno espresso pareri positivi sullo spettacolo «Mi è piaciuto davvero, anche le foto, la musica» ha affermato uno dei presenti. Perché hanno trovato la formula teatrale più realistica. Anche se c’è chi continua a preferire il podcast «mi piace ascoltarlo mentre sono in macchina, mi fa compagnia» ha detto uno dei presenti. Ad ogni modo, tutti sono d’accordo sulla bravura di Nazzi. Il giornalista non esprime giudizi, si limita a raccontare i fatti in maniera oggettiva, collegandoli tra loro e alternandoli alle testimonianze di professionisti. È come se si eclissasse, trasformandosi in una voce narrante. In questo modo lascia al pubblico libero di trarre le proprie conclusioni. Ed è questo ciò che piace.

No Comments Yet

Leave a Reply