Fausto e Iaio, il gip riapre le indagini sull’omicidio del 1978

Riaperte le indagini sull'omicidio di Fausto e Iaio

Il 18 marzo 1978 muoiono Fausto Tinelli e Lorenzo Iannucci, entrambi diciannovenni e frequentatori del centro sociale Leoncavallo. La procura di Milano indaga su esponenti di estrema destra romana. Massimo Carminati, Claudio Bracci e Mario Corsi finiscono nel registro degli indagati. Nel dicembre del 2000 i loro nomi vengono archiviati. Ieri, 6 maggio, dopo un’informativa della Digos, il cold case è stato riaperto, quarantasette anni dopo.

I volantini e l’arma del delitto

La gip di Milano Maria Idria Gurgo di Castelmenardo ha accolto la richiesta della Procura di Milano riprendo le indagini su Fausto e Iaio. Per i procuratori Francesca Crupi e Leonardo Lesti ci sarebbe le condizioni per svolgere nuovi approfondimenti sul caso: sarebbero emerse possibili nuove piste nell’ambito della destra eversiva. L’inchiesta torna a occuparsi di Carminati, Bracci e Corsi.

Il nucleo dell’inchiesta è la perizia dattilografica sul volantino di rivendicazione del duplice reato. In particolare, le indagini si concentreranno sulla tecnica di scrittura e sulle macchine da scrivere. Questo volantino, fatto trovare in una cabina telefonica a Roma il giorno dopo i funerali dei due ragazzi, verrà confrontato con un altro volantino che rivendicava un attentato contro la sezione del Pci in via Trogo, nel quartiere Balduina, il 29 maggio 1979. Entrambi recano la firma “Esercito nazionale rivoluzionario-Brigata combattente Franco Anselmi”.

Altro tema è quello della pistola usata per il duplice delitto. Nell’archiviazione del 2000 la giudice Clementina Forleo scrisse che la pistola che ha sparato era un’arma «piuttosto vecchia, del tipo Beretta modello 34 con originaria canna calibro 9 o modello 35». Questo genere di armi erano disponibili tra gli esponenti dei Nuclei Armati Rivoluzionari, gruppi eversivo di estrema destra. I confronti permetteranno di mettere a confronto le perizie balistiche dell’epoca con armi sequestrate in altre indagini.

Un omicidio negli Anni di Piombo

Fausto e Iaio vennero uccisi due giorni dopo l’assassinio di Aldo Moro. L’omicidio dei due ragazzi avvenne in via Mancinelli, mentre tornavano a casa. Avevano trascorso il pomeriggio tra il parco Lambro, luogo noto per l’epidemia di eroina, e il centro sociale Leoncavallo.

Avevano appena superato piazza San Materno quando, stando alle testimonianza di una donna e delle sue due figlie che passavano di lì, vennero aggrediti da tre persone. Il primo magro, sul metro e settanta, capelli scuri, impermeabile chiaro, apparente età giovanile. Il secondo molto simile, tranne che per un giubbotto color cammello. Il terzo imprecisato nell’aspetto fisico, ma con un impermeabile bianco.

Le indagini e l’archiviazione

Partirono le indagini. Nel successivo maggio, una falsa pista: un avvocato rivelò che un prete gli aveva confidato il nome del mandante, pronunciato da due donne che l’avevano avvicinato. Secondo la testimonianza del sacerdote, si trattava di un uomo che aveva venduto hashish a Fausto e Iaio senza riceverne compenso. Aveva così deciso di vendicarsi sui due. Venne poi fuori che era tutto falso, il prete si era inventato tutto.

Spuntò poi una traccia. Fu trovato un cappello di lana vicino ai cadaveri di Fausto e Iaio. Qualche giorno prima un berretto simile lo portava un neofascista, sorpreso in un agguato al Parco Lambro da militanti di estrema sinistra. Dalle indagini emerse che l’uomo aveva un alibi per la sera del delitto. Il cappello, però, non fu mai sottoposto ad alcun accertamento dal tribunale.

Mesi dopo le indagini conversero su tre militanti di estrema destra. Il primo: Massimo Carminati, il boss della banda della Magliana, arrestato nel 2014 per l’inchiesta «Mafia capitale». Il secondo:  Claudio Bracci, nella cui casa romana gli investigatori trovarono fotografie dei due ragazzi assassinati e dei funerali. Il terzo: Mario Corsi, che assieme ad altri neofascisti si trovava a Cremona il giorno dell’omicidio. Dopo anni di indagini, nel dicembre 2000 i tre neofascisti vennero archiviati.

Alessandro Dowlatshahi

Classe 1998, ho conseguito la Laurea Magistrale in Lettere Moderne presso l’Università degli Studi di Milano, chiudendo il mio percorso accademico con un lavoro di ricerca tesi a Santiago del Cile. Le mie radici si dividono tra l’Iran e l’Italia; il tronco si sta elevando nella periferia meneghina; seguo con una penna in mano il diramarsi delle fronde, alla ricerca di tracce umane in giro per il mondo.

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