Le ragioni del nuovo stop alla legge sull’Autonomia differenziata

Dopo il ricorso di Campania, Puglia, Sardegna e Toscana, la Consulta ha rivisto la legge Calderoli e ha deliberato. «Il popolo e la Nazione sono unità non frammentabili. Esiste una sola Nazione così come vi è solamente un popolo italiano, senza che siano in alcun modo configurabili dei popoli regionali che siano titolari di una porzione di sovranità».

Sette punti da rivedere

Resta in piedi il disegno di legge sull’autonomia differenziata. Ma il comunicato depositato dalla Corte Costituzionale spiega le motivazioni che, lo scorso 14 novembre, l’hanno portata a giudicare illegittime sette specifiche disposizioni. «Vi sono delle materie, cui pure si riferisce l’art. 116, terzo comma della Costituzione, alle quali afferiscono funzioni il cui trasferimento (alle Regioni ndr) è, in linea di massima, difficilmente giustificabile secondo il principio di sussidiarietà. Vi sono, infatti, motivi di ordine sia giuridico che tecnico o economico, che ne precludono il trasferimento».

Al centro della decisione i livelli essenziali delle prestazioni (Lep), che riguardano la tutela dei diritti civili e sociali dei cittadini, che lo Stato deve garantire in modo equo su tutto il territorio nazionale e il cui «indebolimento può sfociare nella stessa crisi della democrazia». Le materie su cui la Corte impone il blocco riguardano la politica commerciale con l’estero, la tutela dell’ambiente, la produzione, il trasporto e la distribuzione nazionale dell’energia. Materie dove «predominano le regolamentazioni dell’Unione europea». A queste si aggiungono le funzioni concernenti le materie relative alle «professioni» e alle «norme generali sull’istruzione», che hanno una «valenza necessariamente generale ed unitaria». Bocciato anche l’«ordinamento delle comunicazioni», con lo scopo di creare «un mercato unico digitale che sia inclusivo, competitivo e rispettoso dei diritti fondamentali».

Sentenza n.192 della Corte Costituzionale sulle motivazioni dell’illegittimità di sette specifiche disposizioni

Ora il disegno di legge passa nelle mani del Parlamento, a cui spetta l’onere di «colmare i vuoti» e «di comporre la complessità del pluralismo istituzionale», che prevede una solida intesa tra Stato e Regione, trascendendo dalla «dialettica maggioranza-opposizione». Tuttavia, le azioni del Parlamento, potrebbero non essere necessarie, se dovesse vincere il sì al referendum abrogativo. Al momento, a riguardo non c’è nulla di certo. La Cassazione è al lavoro per stabilire la sua ammissibilità. La delibera è prevista per metà dicembre.

Le reazioni

Nessuna paura per il ministro per gli Affari regionali e le Autonomie, Roberto Calderoli. «La sentenza della Consulta conferma che la strada intrapresa […] è giusta». E aggiunge «Facciamo tesoro della pronuncia della Corte per completare e migliorare un percorso lungo un terreno inesplorato e mai portato a compimento negli ultimi 23 anni, affinché a Costituzione sia pienamente attuata». Dello stesso parere anche il Presidente del Veneto, Luca Zaia. «È una sentenza che, mi permetto di dire, sembra quasi un’istruzione per l’uso, e quindi potremmo assolutamente fare anche velocemente».

Roberto Calderoli, ministro per gli Affari regionali e le Autonomie

Intanto le opposizioni chiedono un’informativa urgente al ministro Calderoli «per sapere come intenda proseguire sull’Autonomia differenziata dopo che la Corte Costituzionale ha praticamente demolito l’impianto della sua ormai ex riforma» spiega il responsabile nazionale dem per il Mezzogiorno Marco Sarracino.

Neppure dal vicepremier Antonio Tajani arrivano parole di conforto. «Non possono esserci deleghe alle Regioni sul commercio internazionale. L’Italia deve dare un’unica e coerente immagine di sé all’estero e sui mercati internazionali».

 

A cura di Alyssa Cosma

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