Il differenziale di rendimento tra i titoli di Stato italiani (BTp) e quelli tedeschi (Bund) con scadenza decennale ha raggiunto la soglia più bassa da due anni a questa parte: 122 punti base. Si tratta di un dato che dimostra l’interesse del mercato globale per il debito pubblico italiano, a conferma di una tendenza positiva in atto da qualche settimana.
Di cosa si parla
I titoli di stato sono degli strumenti finanziari tramite cui uno Stato si fa prestare del denaro per far fronte al suo debito pubblico. Per coloro che decidono di acquistare i titoli di stato, tale investimento può fruttare degli interessi. Generalmente il benchmark di riferimento per riscuotere questi guadagni è di dieci anni. E in base a cosa conviene acquistare titoli di Stato? A determinare la scelta degli investitori è lo yield, ovvero il rendimento connesso all’acquisto degli strumenti finanziari emessi da un Paese. Tale parametro, che è mobile nel corso del tempo, è calcolato sulla base del rapporto tra il reddito annuo (ad esempio, cedole e dividendi) e il valore dell’investimento (in relazione al suo costo iniziale e al valore di mercato).
E lo spread? È la differenza tra lo yield di un Paese europeo e quello della Germania (Stato di riferimento nell’area Euro), considerando per entrambi una scadenza pari a dieci anni. L’aumento o la diminuzione di questo delta si riflette sulla quantità di denaro che uno Stato deve fornire ai suoi investitori a ogni nuova emissione (che avviene solitamente con cadenza trimestrale o semestrale). Dal punto di vista dello Stato, più il premio emesso sarà basso (e quindi vicino a quello emesso dalla Germania), più i titoli di stato saranno economici; dal punto di vista dell’investitore, invece, l’abbassamento dello yield si traduce in un guadagno inferiore. L’oscillazione del rendimento connesso a un titolo è rivelatorio dello stato di salute di un Paese: di fatto, uno Stato che emette titoli con yield elevato avrà un tasso di rischio correlato alla possibilità di risarcire gli investimenti fatti più elevato.
Una discesa graduale
Secondo i trader, l’attuale flessione dello spread tra BTp e Bund è da collegare a tre principali fattori. In primis, ci sono le scelte della Banca Centrale Europea. Negli scorsi giorni, la presidente della Bce, Christine Lagarde, ha dichiarato di lasciare invariati i tassi d’interesse, ma ha anche tagliato le previsioni sull’inflazione, che dovrebbe stabilizzarsi al 2 per cento nel 2025. Tale stima avrebbe comportato un abbassamento dei rendimenti dei titoli di Stato italiani fino a 122 punti base, un record dall’inizio del 2022.
A ciò si lega una seconda motivazione. Stando ai dati, in questa fase l’Italia ispira fiducia nei confronti sia dei piccoli risparmiatori interni – che nel 2023 hanno investito circa 100 miliardi di euro in BTp – sia negli investitori esteri. Una fiducia che si nutre del rilancio sospinto dai fondi del Pnrr e dai soldi del programma Next Generation Eu. Dunque, i flussi in ingresso hanno generato un assottigliamento del differenziale di rendimento tra il BTp decennale benchmark e il pari scadenza tedesco. Tanto che, nella giornata di ieri mercoledì 13 marzo, il decennale italiano si è attestato al 3,59 per cento, un dato che si avvicina al 2,36 per cento dei Bund tedeschi a pari scadenza.
Fanalino di coda
Per quanto ci sia stato un balzo in avanti (a ottobre 2023 lo spread superava i 210 punti base), tuttavia, l’Italia rimane il fanalino di coda nell’Eurozona, dopo la Grecia (3,2 per cento), il Portogallo (2,97 per cento) e la Spagna (3,13 per cento). Ma perché l’Italia paga più degli altri Paesi? Ciò si deve al fatto che il debito pubblico italiano è molto alto, vicino al 140 per cento del rapporto con il Pil, elemento che comporta un premio oneroso per gli investitori che scelgono Roma.
Il terzo e ultimo fattore relativo all’assottigliamento dello spread è correlato alla crisi economica tedesca. La Germania, come scrive Il Sole 24 Ore, sta affrontando parecchie difficoltà interne. Oltre a un rallentamento dell’industria delle costruzioni connesso all’aumento dell’inflazione, risulta decisivo il rifiuto dei consumatori a spendere come prima. Infine, ha avuto un impatto negativo la perdita di competitività del settore automobilistico sul mercato globale, per via del passaggio ai veicoli elettrici.