Coronavirus, in Spagna al via la «fase due». Ecco cosa riparte

Dopo due settimane di lockdown totale, la Spagna prova a ripartire. Al via la fase due, con la riapertura di alcune attività non essenziali, come uffici, cantieri e fabbriche.
«Abbiamo tutti voglia di tornare sulle strade, ma il nostro desiderio più grande è di vincere la guerra ed evitare una ricaduta. Il Paese è ancora lontano dalla vittoria» ha dichiarato il premier spagnolo Pedro Sanchez.

Chi ritorna a lavorare?

Tornano a lavorare i dipendenti di aziende e fabbriche del settore industriale, degli uffici legali, dei tribunali e dei cantieri. Anche se in quest’ultimi, il governo ha proibito qualsiasi tipo di intervento in edifici dove ci sono altre persone che non stanno lavorando, ad eccezione di guasti o emergenze. Tutti questi servizi si uniscono a quelli considerati essenziali che non si erano mai fermati. Parliamo quindi di benzinai, tabacchi, cartolibrerie, telecomunicazioni ma anche le aziende che forniscono servizi di tipo sanitario o alimentare.

Rimangono chiusi bar, ristoranti e centri sportivi

Tutte le attività commerciali non essenziali con contatto diretto con il pubblico rimangono chiuse. Serrande abbassate dunque per bar, ristoranti, hotel, strutture ricreative o culturali e centri sportive. Stesso discorso per le scuole.
Continuano le limitazioni sull’isolamento dei cittadini che potranno uscire solo per comprare cibo e prodotti sanitari, andare a lavoro o in banca e occuparsi di anziani e bambini. Si può portare a spasso il cane ma solo in prossimità della propria abitazione. Il governo ha raccomandato poi l’uso delle mascherine, soprattutto quando le distanze di sicurezza non possono essere rispettate come ad esempio nei trasporti pubblici. Vietato fare sport e portare i minorenni al parco o a passeggiare. L’accesso alle chiese e ai luoghi di culto è consentito ma solo rispettando le distanze di sicurezza.

Le aziende dovranno fornire i dispositivi di sicurezza

La decisione del governo è stata accolta con qualche polemica da parte degli operatori sanitari e di alcuni amministratori locali, specie quelli delle aree più colpite dal Coronavirus, come Madrid o la Catalogna. Il numero dei contagiati in Spagna, aggiornato al 13 aprile, è di 169.496 casi confermati, con 17.489 decessi e 64.727 guariti.

La premessa delle nuove disposizioni governative è di continuare a privilegiare lo smartworking. Le aziende, soprattutto nei casi in cui non sempre sia possibile mantenere le distanze di sicurezza, dovranno fornire i dispositivi di protezione. Anche se, come rilevato dal quotidiano El Mundo, il 95% delle imprese ha ammesso di non disporre a sufficienza di mascherine, tute omologate e test di prevenzione.

Il ministro della Sanità spagnolo Salvador Illa, ha inoltre raccomandato alle aziende flessibilità sugli orari di lavoro, per rendere più semplice lo scaglionamento degli ingressi e delle uscite dei dipendenti. Gli ambienti andranno sanificati costantemente ed è stato consigliato ai lavoratori di lavare gli indumenti a 60 e 90 gradi una volta tornati a casa.

La polizia distribuisce le mascherine

Per le strade delle città o davanti gli ingressi delle metropolitane intanto, gli agenti della polizia o della protezione civile stanno distribuendo mascherine, con il governo che ha fatto sapere che anche le farmacie saranno rifornite in settimana.

In Andalusia ne sono state già distribuite quasi due milioni e un milione e mezzo nella comunità di Madrid. In Catalogna ne arriveranno invece 1 milione e 700 mila martedì 14. Le mascherine vengono consegnate oltre che in prossimità delle fermate dei mezzi pubblici, dove tra l’altro rispettare le distanze di sicurezza soprattutto negli orari di punta è sempre più complicato, anche alle macchine ferme nel traffico. Il ministero della Sanità consiglia di privilegiare lo spostamento autonomo se possibile, evitando assembramenti su metropolitane o autobus.

Nicolo Rubeis

Giornalista praticante con una forte passione per la politica, soprattutto se estera, per lo sport e per l'innovazione. Le sfide che attendono la nostra professione sono ardue ma la grande rivoluzione digitale ci impone riflessioni più ampie. Senza mai perdere di vista la qualità della scrittura e delle fonti.

No Comments Yet

Leave a Reply