Senegal in rivolta, le ragioni storiche della rabbia sociale

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L’ultima settimana ha visto il Senegal vivere una delle più grandi insurrezioni sociali dell’ultimo decennio. A scatenarle, l’arresto per accuse di violenza sessuale e “incitamento all’insurrezione” del leader dell’opposizione Ousmane Sonko, voluto dal governo di Macky Sall, lo scorso 3 marzo. Sonko, 46 anni, arrivato terzo alle ultime elezioni, è estremamente popolare tra i giovani della capitale Dakar e del sud del paese per la sua linea panafricanista, anticapitalista e anticoloniale.

Le accuse di stupro sono state da lui smentite. A detta di Sonko, il caso è stato confezionato strategicamente per giustificare l’arresto e impedirgli di candidarsi alle elezioni del 2024. Sonko è stato liberato lunedì 8 marzo, ma gli scontri non si sono placati. Secondo l’analista politico Sayba Bayo, la situazione è prodotto di un malcontento per l’inefficienza, la corruzione politica e una crisi economica insostenibile, aggravata dal Covid-19. “Le proteste», ha sottolineato Bayo, «non sono unicamente per Sonko, poteva esserci chiunque altro al suo posto, a combattere il potere”.

Ousmane Sonko, leader dell’opposizione senegalese al governo di Macky Sall.

Proteste e repressione

Per le strade delle principali città del paese, manifestanti, perlopiù giovani, hanno protestato contro il presidente Macky Sall, ricevendo una forte repressione da parte delle milizie del governo. Si contano ad oggi 8 persone morte (ufficiali), 235 feriti e centinaia di arrestati. A Dakar polizia ed esercito  hanno introdotto carri armati, e utilizzato gas lacrimogeni contro giovani armati di pietre. Un giovane collettivo di opposizione chiamato Movimento in Difesa della Democrazia, ha indetto 3 giorni di proteste di massa, a partire da lunedì 8 marzo.

Sonko, una volta uscito, ha dichiarato che sarà responsabilità della corte stabilire la verità, ma ha anche incitato la popolazione scesa in strada a protestare, a ingrandire la lotta, ma in forma pacifica. “Non vogliamo far cadere Macky Sall… ma siamo chiari, la rivoluzione si sta facendo strada per il 2024,” ha dichiarato Sonko in televisione, riferendosi alle prossime elezioni.

Di risposta, il governo senegalese ha tagliato l’accesso a Internet e ha ristretto l’utilizzo di social quali Whatsapp, Facebook e YouTube. Ha proibito l’uso delle moto, popolari tra i sostenitori di Sonko, e oscurato due canali televisivi che stavano coprendo mediaticamente le proteste.

Manifestanti in Senegal, 2021.

Simboli francesi presi di mira

Particolarmente presi di mira sono i simboli del potere coloniale francese, ancora latente nel paese e alla base della sua precarietà economica. Sono stati attaccati quattordici del trentadue supermercati della catena francese Auchan presenti in tutto il Senegal. A questi si sommano distributori Petrol, uffici Air France e centri telefonici Orange. La rabbia dei manifestanti nei confronti della Francia non è solo storica, ma anche validata dalla sua forte alleanza con il presidente Sall. Sempre Bayo afferma che “i manifestanti ripudiano gli interessi francesi, perché simboleggiano l’ingiustizia sociale.”

Un supermercato Auchan bruciato a Dakar, durante le proteste.

Il franco CFA e il neocolonialismo

Alla base della storia coloniale francese in Africa, c’è stato un forte interesse geopolitico nelle sue risorse naturali. Da qui la necessità di introdurre un nuovo sistema monetario valido per tutte le sue colonie, per evitare di trasportare denaro in contanti dall’Europa. Anche dopo l’apparente “indipendenza” dei paesi, il sistema monetario ha continuato a essere valido, e anzi si è ampliato e ha incluso due paesi che non erano neanche ex colonie francesi. ll franco CFA—il cui nome stava inizialmente per franco delle Colonie Francesi d’Africa, oggi Comunità Finanziaria Africana—è stato introdotto nel 1945.

Al momento la zona del franco CFA comprende 14 paesi: Benin, Burkina Faso Guinea-Bissau, Costa d’Avorio, Mali, Niger, Togo, Senegal (Africa occidentale), e Camerun, Repubblica Centrafricana, Chad, Congo-Brazzaville, Guinea Equatoriale e Gabon (Africa Centrale). Il cambio della valuta di queste regioni, è passato dal dipendere prima dal franco francese, poi all’euro. Non solo, l’intera area CFA era, ed è tutt’ora, tenuta a versare il 50% delle loro riserve valutarie al Tesoro francese, oltre che la stampa del franco CFA avviene ancora in Francia. A questo proposito si ricorda che 42 stati africani su 49 stampano le proprie monete fuori dall’Africa.

Sostenitori di Ousmane Sonko reagiscono alla sua liberazione dal carcere, Dakar, 8 marzo 2021.

Le ex colonie francesi sono costrette a riporre la propria sovranità monetaria nelle mani della Francia, anche a distanza di secoli dalla fine del suo dominio coloniale. Non è un caso che a questi paesi, incluso il Senegal, non sia concesso un pieno sviluppo economico: la loro sovranità economica è interamente dipendente dalla Francia. Si tratta di un potere economico di natura neocoloniale, rimasto intatto negli anni.

Le stesse elite governative dei singoli paesi sono in supporto del sistema, perché ne beneficiano direttamente in termini economici, politici, tecnici e spesso anche militari.

Sonia Maura Garcia

Sonia M. Garcia, peruviana nata in Italia e stabile a Milano, è dj, giornalista, contributor per diverse riviste, tra cui VICE, Noisey, i-D, Flash Art, Zero, Norient, e founder della piattaforma SAYRI. Le sue ricerche indagano le nozioni di appartenenza, identità, colonialità e memoria, con un approccio anti-egemonico. SAYRI è una piattaforma e format di eventi incentrata su arti ed esperienze di donne e dissidenze affettive o di genere, provenienti dall’America Latina e dalla sua diaspora.

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