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RUSSIA, I 25 ANNI DI PUTIN AL POTERE TRA REPRESSIONI E ALLEANZE

Nozze d’argento per la politica russa. Oggi, mercoledì 26 marzo, Vladimir Putin festeggia 25 anni dalla sua prima elezione come presidente. Un quarto di secolo in cui lo zar si è imposto sullo scenario internazionale con repressioni, guerre e alleanze strategiche, mettendo in pericolo l’incolumità di vari Paesi.

«Abbi cura della Russia»

La sua carriera inizia il 31 dicembre del 1999, quando il popolo russo, durante i festeggiamenti del Capodanno, è stato sconvolto da un annuncio: le dimissioni del presidente Boris Eltsin. Decisione presa da un leader affaticato sia dai malanni personali sia dalla crisi economica e dalla guerra separatista in Cecenia che stava colpendo il Paese. Fu in quella occasione che emerse Putin, allora primo ministro ed ex ufficiale del Kgb, che divenne presidente ad interim con il ritiro di Eltsin. «Abbi cura della Russia» gli disse il suo predecessore. E con il nuovo secolo venne la conferma: Putin vinse le elezioni presidenziali.

Il filo rosso della sua politica

La strategia principale di Putin è di non presentare un abbozzo di programma, lasciando aperta qualsiasi possibile articolazione di governo. Un’astuzia politica che permette allo zar di cambiare la direzione della sua leadership, impedendo così al popolo e alla comunità internazionale di prevedere la sua prossima mossa. Un filo rosso dei suoi mandati è la volontà di controllare ogni forma di comunicazione e reprimere gli oppositori. Una lista lunga che conta, per esempio, l’arresto con accusa di frode ed evasione fiscale di Mikhail Khodorkovsky, suo possibile sfidante, e l’uccisione della giornalista Anna Politkovskaya e dell’ex ufficiale dei servizi segreti Aleksandr Litvinenko. Ma anche dell’eliminazione di Boris Nemtsoy, altro suo rivale, e di Aleksej Navalny, morto in un carcere siberiano in quanto oppositore.

Il presidente Putin è al potere della Russia da 25 anni
Russia e il rapporto con l’Europa

In 25 anni Putin si è mosso nello scenario internazionale limitando l’influenza occidentale sugli Stati dell’ex Urss con l’attacco alla Georgia nel 2008, l’annessione illegale della Crimea nel 2014 e aggredendo l’Ucraina nel 2024. Azioni bellicose che riportano il mito di Mosca come la Terza Roma, idealizzata da Ivan il Grande nel 1400, e che mira a imporre la Russia come punto di riferimento di fronte a una “decadenza” occidentale. Un altro punto fondamentale del suo governo è il contrasto con la Nato, con l’opposizione all’allargamento ad altri Paesi. Per questo Putin ha supportato Bashar al-Assad in Siria e le azioni in Africa contro gli ex domini coloniali francesi. Ma ha anche portato “sconfitte” per Putin, con l’entrata nell’Alleanza di Svezia e Finlandia. Dall’altra parte Putin si è avvicinato agli Stati dell’Europa Orientali, come Romania, Ungheria e Moldavia, che hanno opinioni contrarie alla strategia Nato.

Il cambio della Costituzione

La deriva autoritaria di Putin gli ha permesso di imporsi in Russia per 25 anni. Per Costituzione il leader non avrebbe potuto ricandidarsi nel 2008, finito il suo secondo mandato. Una pausa di quattro anni che vede presidente un suo fedelissimo, Dmitri Medvedev, e poi il suo ritorno nel 2012. Da lì Putin adotta un escamotage: cambiare la Costituzione per allungare a sei anni il mandato presidenziale e per permette solo a se stesso di ricandidarsi dopo due incarichi consecutivi. Mossa che gli ha consentito la candidatura nel 2024 e gli aprirà le porte nel 2030. Oltre a ciò, lo stesso momento di voto per il Paese è vissuto come momento autoritario in cui Putin rafforza il proprio controllo. Le ultime elezioni, vinte al 90% da Putin, ha visto l’accusa di brogli elettorali e la repressione dei candidati oppositori, mandati in esilio o imprigionati.

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