Mario Calabresi: «Così tutti i giornali saranno digitali»

«Devi immergerti nel pozzo per raccontare cosa vuol dire essere bagnato». È questa l’idea di giornalismo di Mario Calabresi, ex direttore di Stampa e Repubblica. Di esperienza ne ha da vendere e, ospite a una lezione del Master in Giornalismo Iulm, dispensa consigli ai giovani praticanti che lo ascoltano incantati.

Le parole d’ordine per Calabresi sono tecnologia e futuro. «Sono stato in giro per il mondo a studiare come sarà il nostro mestiere. Per adesso ho capito una cosa forse ovvia per i più giovani, ossia che il giornalismo è tanto disintermediato. I più anziani sono legati alla vecchia gerarchia delle notizie e alla tradizione. C’è una sovrapposizione tra chi va in chiesa e chi va ancora in edicola: vai a comprare il giornale come se andassi ad ascoltare la messa della domenica. È un modo di vivere, ma non ci si può basare su questo modello per vincere. È l’informazione a cercare i lettori ormai, non il contrario, perché le cose cambiano velocemente. Un tempo i giornali si basavano sul fiuto, adesso sui dati».

L’arrivo dei social

L’analisi è chiara e disincantata: i tempi cambiano velocemente, le notizie si susseguono sul web in un’abbondanza smisurata di informazioni. Da quando, il 15 gennaio 2009, un utente pubblicò su Twitter la foto dell’atterraggio di un aereo sul fiume Hudson a New York, anticipando gli organi di stampa, fu chiaro che il giornalismo era cambiato. Chiunque con uno smartphone e una connessione a internet avrebbe potuto documentare un fatto e postare immagini sui social, rendendole visibili a migliaia di persone. La figura del giornalista è quindi sorpassata? Assolutamente no. Questo non è fare informazione. Né tantomeno è giornalismo.

La tecnologia aiuta a diffondere le notizie, a renderle usufruibili alla maggioranza della popolazione, ma non sostituisce il giornalista. Per quanto riguarda l’online è necessario un attento controllo. Esistono strumenti, da Google Image a InVid, che permettono di verificare quando un’immagine è stata scattata e dove, o consentono di vedere se un video è originale oppure è stato modificato. Il giornalista deve prendersi il tempo di verificare le informazioni e risalire alle fonti prima di passare alla pubblicazione.

Tra carta e digitale

Dal discorso di Calabresi è evidente come non sia più possibile pensare a un giornalismo in senso lato. Carta e digitale proseguono parallelamente, in una «costante integrazione», ma con regole diverse. Su carta si deve parlare sempre meno del tempo reale e le notizie vanno rielaborate. Le breaking news non hanno motivo di esistere in un quotidiano in edicola, ma trovano ampio spazio su internet e sulle app che costantemente inviano notifiche ai cellulari per tenere aggiornato il lettore sulla notizia dell’ultimo minuto. E la recente emergenza sanitaria legata al coronavirus ne è la dimostrazione: «La cosa che mi colpisce di più – continua Calabresi –è come questo fatto inaspettato e inimmaginabile stia cambiando tantissime cose. Per quello che riguarda il nostro mondo, quello dell’informazione, io penso che stiamo assistendo a un’accelerazione fortissima verso il digitale. Lo si vede ovunque. Tutti lavorano a distanza, scoprendo cose che si sarebbero potute fare anche prima, ma che invece non venivano fatte. Tutti sono obbligati alla velocità. Alla Stampa, per esempio, dopo che un tipografo è risultato positivo, hanno deciso di fare tutto il giornale da casa, anche quello di carta. Senza aver mai sperimentato nulla del genere sono riusciti, lavorando in 10, a fare uscire il giornale».

E alla carta resta l’approfondimento. Se le pagine dei giornali ospitano commenti di esperti, scienziati, immunologi, spiegazioni su come potrebbe essere la nostra vita dopo il virus, schemi che fanno capire in maniera chiara cosa prevede il nuovo decreto di turno, allora si sta dando al lettore un servizio utile. E questo andrà in edicola. Si sta facendo informazione e la si sta facendo bene. «All’estero esistono esempi di testate, come il Diario de noticias di Lisbona, che hanno smesso di pubblicare la carta tutti i giorni, lo fanno solo nel weekend e per il resto del tempo si dedicano al sito. Tutta l’informazione quotidiana è sul sito. L’approfondimento, invece, è sulla carta».

Martina Soligo

26 anni, da Treviso a Milano per seguire il mio sogno. Laureata in Lettere all'Università Ca' Foscari di Venezia e in Editoria e Giornalismo all'Università degli studi di Verona, ora frequento il Master in Giornalismo e scrivo per MasterX. Sogno di diventare una grande giornalista sportiva.

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