L'intervista

Giulia Pezzolesi, giornalista Mediaset: «Faccio proposte e guido la redazione, è il lavoro più bello del mondo»

Giulia Pezzolesi è la nuova ospite di Tomalet, la newsletter del Master in Giornalismo dell’Università IULM. Allieva del biennio 2010-2012, Pezzolesi oggi lavora nelle redazioni di Fuori dal Coro e Confessione Reporter in onda su Rete 4. Ma ha alle spalle un lungo percorso nei telegiornali e in diversi programmi targati Mediaset. Ha svolto il primo stage a Class tv di Class Editori e il secondo a Studio aperto e TG4.

Qual è stato il tuo percorso formativo prima di diventare giornalista?

Ho sempre saputo di voler fare questo lavoro, quindi ho fatto la triennale in Lettere e Filologia Moderna a Urbino e poi sono entrata subito al Master della Iulm. 

Dove hai svolto i due stage della scuola?

Il primo a Class tv di Class Editori al canale sportivo, e l’altro invece a Mediaset nei telegiornali, quindi a Studio aperto e al TG4.

Lavorare in una redazione televisiva è sempre stato il tuo obiettivo?

No, il mio obiettivo è sempre stato fare la giornalista, non mi importava dove. È chiaro che la televisione offre dei canali di comunicazione in più, come montare un servizio e l’utilizzo della musica. Ma soprattutto c’è la forza dell’immagine, che secondo me arriva dove la parola non riesce.

Quali sono state le tappe principali della tua carriera a Mediaset?

Di sicuro la formazione più grande è stata quella nei telegiornali. Poi c’è stato il salto nei programmi. Per un breve periodo ho lavorato a Lucignolo, trasmissione storica di Mediaset. Era un programma dove si approfondivano temi di attualità e dello spettacolo, ma soprattutto argomenti della notte. Andavano in onda dei reportage sul mondo dei giovani, sulla droga e sulle nuove tendenze. Insomma, era una trasmissione notturna che aveva un taglio irriverente. E poi La strada dei miracoli su Rete 4, che era molto complicato ma è stato anche la mia fortuna. 

In che modo?

Dato che era una trasmissione molto tosta, nessuno voleva farla. Io invece ho accettato e da lì si sono aperte tutte le porte.

Oggi lavori solo per Fuori dal Coro o anche per altre trasmissioni o testate?

Sono a Fuori dal coro da settembre, ma lavoro anche per Confessione Reporter, sempre su Rete 4 ma in seconda serata.

Se dovessi spiegare in cosa consiste il tuo lavoro a Fuori dal Coro a una persona del tutto estranea a questo mondo, cosa diresti?

Direi che è il lavoro più bello del mondo, e che (noi giornalisti ndr.) siamo dei privilegiati perché lavoriamo con le idee all’interno di un ambiente molto stimolante. Il mio ruolo è quello di inventare, fare proposte e anche di saper guidare la redazione.

Qual è stato il momento più difficile della tua carriera?

Dopo La strada dei miracoli mi hanno proposto di fare un programma di cronaca giudiziaria che si chiamava Il Il Labirinto. Io ero molto giovane e pensavo che anche lì avrei lavorato come sempre nella parte di redazione o come inviata. Invece mi sono trovata ad essere responsabile insieme al mio direttore dell’epoca. Da lì è cambiato il mio ruolo e ho iniziato ad avere maggiore responsabilità. Essendo un programma di giudiziaria, era anche abbastanza complicato perché toccavamo temi come Tangentopoli, il caso Dell’Utri, piuttosto che i grandi casi di cronaca come quello di Avetrana. Era difficile rispetto ad altri programmi, però è stata anche – forse – la cosa più bella che ho fatto.

E il momento di svolta qual è stato?

Quando sono andata via da Dritto e rovescio, circa tre anni fa. In quel periodo avevo lasciato anche Verissimo, dove ho lavorato in contemporanea per circa 7 anni. È stato un momento di svolta perché ho mollato la mia comfort zone e ho dovuto adattarmi a un altro programma, che era Zona Bianca. Lì ho iniziato un nuovo percorso che era solo di coordinamento, mentre fino a quel momento facevo ancora l’inviata. È stata una sorta di frattura, però in positivo.

Qual è l’insegnamento più importante che hai imparato al Master della Iulm?

Di sicuro la responsabilità di creare una cosa tua: un piccolo documentario o un tuo pezzo. Avevamo seguito un corso con Giuseppe Di Piazza che ci aveva insegnato a realizzare un giornale. Quindi non solo le idee, ma anche la gestione di una redazione. Il Master mi ha insegnato a responsabilizzarmi e capire i meccanismi del lavoro.

Cosa diresti a Giulia del passato, ancora allieva del master?

Le direi di mettercela tutta, perché se hai un obiettivo e se hai un sogno grande, ce la puoi fare. Quindi non mollare, anche se i momenti difficili a volte sono più dei momenti belli. Perché comunque vivi una situazione di stress e di grandi aspettative nei tuoi confronti. 

A noi praticanti viene spesso detto che il mestiere del giornalista non andrebbe scelto, perché troppo incerto e “in declino”. È un monito che veniva lanciato anche a voi 15 anni fa?

Sì, ma io non sono mai stata d’accordo. È chiaro che oggi con i social media pure mia nipote che ha sette anni fa i video sul telefonino. Ma il giornalista offre uno sguardo e una professionalità diversi rispetto a un amatore che carica un video qualsiasi su YouTube.

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