12 maggio 1985, l’Hellas Verona diventa Campione d’Italia

Hellas Verona

Un trofeo che è un unicum nella storia del calcio italiano, lo scudetto 1984/1985 vinto dall’Hellas Verona. Nel pomeriggio del 12 maggio 1985 giunge al termine una delle cavalcate più incredibili della storia del calcio, al cui confronto la Premier League del Leicester di Ranieri risulta quasi una passeggiata.

Era un altro calcio, e anche un altro mondo: in Italia vigeva la regola dei tre stranieri per squadra. Il presidente dell’Hellas, Celestino Guidotti, ingaggia nell’estate del 1984 due fuoriclasse che risulteranno decisivi per la conquista del titolo: il tedesco campione d’Europa nel 1980 Hans Peter Briegel e il danese Preben Larsen Elkjaer.

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Preben Larsen Elkjaer, stella del Verona campione d’Italia

Non solo i tre stranieri, perché in quell’annata ci fu anche una regola mai proposta prima e mai proposta dopo: il sorteggio arbitrale integrale. In realtà, in merito a questo, c’è da sfatare un mito: il sorteggio era si integrale, ma era comunque presente una suddivisione per importanza dei match. Prima i gruppi di “importanza” furono 3, in seguito aumentati a 6. I gruppi, manco a dirlo, erano decisi da un designatore arbitrale. Spesso l’incaricato dell’epoca, Alessandro D’Agostini, replicava esattamente gli stessi arbitri per le stesse squadre, annullando di fatto l’effetto della designazione integrale.

OSVALDO BAGNOLI, DETTO SCHOPENAUER

Un paragrafo fondamentale della storia di quell’incredibile trionfo va dedicato, giocoforza, a Osvaldo Bagnoli. Il timoniere di quella squadra, nato nel 1935 alla Bovisa, era un milanese doc. La Bovisa era un quartiere popolare, di operai, e Osvaldo imparò i fondamentali del gioco e soprattutto i valori che l’hanno sempre accompagnato proprio qui, sotto lo sguardo severo di sua madre. Ha narrato spesso delle sue raccomandazioni in merito agli scarpini, che gli venivano concessi una volta a settimana: «Costano cari, Osvaldo. Perciò, tienili da conto» lo ammoniva. Bagnoli ai tempi del Verona è un allenatore della vecchia scuola. Nel suo taccuino, una tattica di gioco, il catenaccio. Siamo sempre nel 1985, e le idee di calcio totale, movimento armonico e reparti dinamici sono roba da olandesi. Il soprannome Schopenauer della Bovisa gli fu affibiato dal Gran Giuan, altresì noto come Gianni Brera. Il motivo per cui scelse questo soprannome non è mai stato chiarito, e lo stesso Bagnoli lo accettò ma disse di non esserne degno.

Dietro alla scelta di accettare il Verona, anche un motivo di puro cuore. Osvaldo ha infatti una figlia non vedente. Nessun istituto superiore in Italia è adatto, ell’epoca, per l’istruzione di una persona con questa disabilità. Tranne uno a Verona. Ed è così che nasce il matrimonio tra i gialloblù e Osvaldo Schopenauer Bagnoli.

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Bagnoli portato in trionfo dopo lo scudetto
LA CAVALCATA

L’inizio della stagione designò a sorpresa l’Hellas, certo, ma come molte altre. Nessuno avrebbe mai immaginato il seguito. Il calcio italiano è all’epoca agli albori della sua esplosione, ogni anno le squadre investono moltissimi soldi per assicurarsi i migliori stranieri. Il Napoli, per esempio, nell’estate del 1984 ingaggia un riccioluto indio argentino dal Barcellona, Diego Armando Maradona. L’Udinese, all’epoca piccola realtà, acquista il fenomeno brasiliano Zico. Il ciclone Berlusconi si abbatte sul calcio italiano con la sua carica di miliardi e di ambizione, i campioni acquistati non si contano. L’Inter, sulla stessa riga, acquista i tre tedeschi Mattheus, Brehme e Klinsmann. Il Verona diventa campione d’inverno, vince il girone d’andata a +1 sull’Inter e +2 sul Torino. Un episodio tra i più clamorosi della storia della Serie A avviene nell’andata contro la Juventus. Preben Larsen Elkjaer segna un gol senza una scarpa. Il simbolo, in moto, di una squadra.

Nel girone di ritorno il Verona è atteso da un calo fisiologico. Niente da fare per gli avversari, l’Hellas è inarrestabile. L’Inter perde terreno, resta solo il Torino  come avversario. Torino che vince lo scontro diretto, prima del decisivo allungo gialloblù.

IL TRIONFO PIÙ INATTESO

A Verona scoppia la festa, Bagnoli si iscrive per sempre alla mitologia cittadina insieme alla sua armata. Oggi Osvaldo è un arzillo ottantacinquenne, che nonostante qualche acciacco dovuto all’età si può ancora trovare (quando è aperto) sulle tribune dello Stadio Bentegodi per assistere alle partite della squadra che l’ha elevato a divinità. Dopo l’esperienza in gialloblù Bagnoli allenerà ancora pochi anni, chiudendo all’Inter. Quello del Verona resta l’ultimo scudetto provinciale. Un momento indimenticabile, per tutti gli appassionati di calcio e di amarcord. Ogni 12 maggio, a Verona è festa.

Umberto Maria Porreca

Sono volato dalla più profonda costa Abruzzese a Milano col sogno del giornalismo sportivo nel cassetto e poche certezze nelle tasche e nella testa. Mio padre mi voleva ingegnere, ma la matematica non sarà mai il mio mestiere. Amante della musica italiana e del buon cibo da ovunque esso provenga, ho scritto per due anni per il settimanale di calcio giovanile lombardo/piemontese Sprint&Sport e ho collaborato con The Shot, testata di basket. Lo sport (parlato, non praticato) è il mio pane e la mia vita è stata profondamente influenzata da Andriy Shevchenko. Inseguo il mio sogno sulle note di Fabrizio De Andrè.

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