Il turismo incontrollabile è un rischio per Napoli

«’A Maronn t’accumpagn!» (che la Madonna sia con te!, ndr) è una delle esclamazioni più diffuse della cultura napoletana. Si dice per augurare buona fortuna, in occasione di un evento importante o di un cambiamento. L’espressione nacque nei Quartieri Spagnoli, storicamente una delle zone più povere e degradate di Napoli. Qui, fino agli anni Novanta, in alcuni vicoli non era presente nemmeno l’illuminazione stradale. Di notte ci si orientava con gli altarini della Madonne, unica fonte di luce nella zona. Un’area che negli ultimi anni, specie a partire dalla giunta de Magistris, ha goduto di un boom turistico sconosciuto in passato.

Le oltre 200mila presenze accolte per il recente weekend di Pasqua sono la riprova: 60mila in più rispetto allo stesso periodo del 2022. Incassi per 44 milioni d’euro per le sole attività ricettive, secondo i dati Confesercenti. Folle oceaniche di persone si riversano oramai ciclicamente nel vastissimo centro storico, tra San Gregorio Armeno, Via Nilo e Santa Chiara. Nei Quartieri Spagnoli, a largo de Deo, in prossimità del murales di Maradona si fatica a camminare per l’ammuina (la confusione, ndr).

Napoli fuori

Folla a Largo de Deo, Quartieri Spagnoli

I picchi sono costanti e vertiginosi a Natale e in primavera, quando passeggiare per i cardi e i decumani greco-romani significa sgomitare. Di Rinascimento napoletano si è parlato anche con l’ex sindaco Bassolino negli anni Novanta e nel decennio scorso con il citato de Magistris. Difficilmente, però, si ricorda un periodo come questo, nel quale tutti i riflettori sono puntati sul capoluogo campano.

Tra lo scudetto agognato trent’anni, la serie TV Mare Fuori, il Time che classifica Napoli tra i 50 migliori posti da vedere nel 2023, il pendolo oscilla vertiginosamente tra chi decanta la resurrezione, dopo decenni di degrado e abbandono, e chi paventa la perdita della particolarità. L’economia turistica partenopea cresce a ritmi record. Ma è tutto oro quel che luccica? Qual è l’impatto sulla vita dei cittadini? In un contesto marcatamente identitario come quello napoletano, il problema globale della turistificazione di massa assume caratteristiche proprie.

La crescita del turismo

È sufficiente camminare per le strade, incontrare gli abitanti, scorrere le pagine social delle bacheche cittadine. Il centro storico è l’area più colpita da questo flusso imponente di turisti. Cinema, librerie, piccoli commercianti chiudono a scapito di baretti che vendono alcol a poco prezzo e pizzerie tutte uguali. Via San Sebastiano, la storica strada dove Pino Daniele acquistò le sue prime chitarre, un tempo era piena di negozi di musicisti. Oggi paninoteche e friggitorie hanno preso il loro posto. Tra i pochi rimasti, c’è Miletti: «Napoli è un museo a cielo aperto, andrebbe salvaguardato di più, mancano le regole per tutetarla. È una città abbandonata a sé stessa e pecca di un reale controllo: è come tenere una perla nel cassetto senza curarla!» sostiene Lucia Miletti, ultima erede di una generazione di commercianti e liutai.

Murales di Pino Daniele a Via Santa Chiara

«Via San Sebastiano era unica al mondo: in quale altra città esiste una strada interamente dedicata alla musica? Negli ultimi anni è stata dimenticata: hanno chiuso ditte storiche, come Loveri che qui aveva quattro negozi». Una delle conseguenze del grande flusso di visitatori è la crescita delle strutture ricettive. Secondo l’Istat tra il 2000 e il 2020 le presenze registrate da alberghi, hotel e bed and breakfast sono quadruplicate, passando da 1,1 milione a quattro.

Nel centro storico sta diminuendo il numero di immobili disponibili per famiglie, lavoratori e studenti. Negli ultimi anni chiunque possegga una seconda casa di proprietà nel centro di Napoli l’ha riconvertita in attività ricettiva, al posto dei contratti di affitto di lunga durata. Secondo AIGO Confesercenti, nel 2023 le richieste di concessioni per case vacanze a Napoli sono aumentate del 300%. La trasformazione di centinaia di immobili in alberghi e hotel ha tolto dal mercato un numero crescente di alloggi residenziali, facendo crescere il costo degli affitti di quelli rimasti liberi. I dati della rete Sud Europa di fronte alla Turistificazione (Set) parlano di un 10% solo tra il 2022 e il 2023.

I numeri del turismo a Napoli nel 2023

  • volume d’affari complessivo dell’intero comparto turistico di circa 30 milioni di euro
  • 200.000 presenze a Pasqua
  • 32mila presenze in hotel
  • 87% di occupazione camere a Napoli

(dati Federalberghi)

«Il diritto di stare in piazza, a Napoli, spetta solo a chi consuma»

Inevitabile quindi che le soluzioni disponibili diminuiscano e i prezzi schizzino vertiginosamente. Trovare case in affitto a costi accessibili in centro storico è diventato impossibile, con aumenti stimati fino al 30% per chi andrà a rinnovare il canone di locazione. Quasi tutte le abitazioni sono assorbite dall’industria turistica. C’è chi prova a resistere, come Cecilia della libreria di culture araba e mediorentali Tamu.

«Mentre si chiedono centinaia di euro per presentare un libro in piazza del Gesù per due ore», afferma Cecilia, «lo spazio pubblico viene riempito di bar e ristoranti, cui dopo la pandemia venne concessa una deroga che li esenta dal pagare l’occupazione di suolo pubblico. È una questione di accessibilità alla cultura: il diritto di stare in piazza, a Napoli, spetta solo a chi produce e consuma» afferma la commerciante. «L’immagine della libreria come presidio di sapere è solamente formale. Gli affitti sono sempre più alti e temiamo di chiudere da un momento all’altro, come successo a tanti».

Via Duomo, una delle strade più affollate del centro storico addobbata a festa per lo scudetto

«Visitare Napoli sarà esperienziale»

L’attuale sindaco Gaetano Manfredi, in linea con i suoi predecessori, ha individuato nel turismo il motore di sviluppo della città. «Visitare Napoli sarà sempre più esperienziale» ha dichiarato a Repubblica. L’assenza di interventi volti a regolare il fenomeno del turismo di massa va inquadrata alla luce delle conseguenze prodotte dal Patto per Napoli, un accordo tra il Comune e l’ex Governo Draghi per risanare il disavanzo della città, arrivato a sfiorare i 5 miliardi di euro.

Tra di esse, ci sono l’aumento delle imposte e la svendita del patrimonio cittadino. Dal 2013, il comune di Napoli ha avanzato un piano di dismissione della proprietà storica abitativa. Con case che mancano e affitti sempre più alti, chi non può permettersi di pagarli può solo spostarsi in periferia o in provincia.

Libreria Tamu a Via Santa Chiara

L’assenza di alternative valide

Le problematiche legate alla turistificazione di massa sono state così accantonate, in favore della trasformazione di intere aree cittadine, ripensate a beneficio di un turismo mordi e fuggi. Trattorie nate da pochi mesi sono state vendute come storiche; i soggiorni nei vasci (bassi, ndr), piccole abitazioni di uno o due vani con accesso diretto sulla strada dei quartieri popolari, sono invece diventate “esperienze autentiche”.

Su questa scia, il tiktoker Donato reinventa un prodotto anonimo, il panino del salumiere, destando scalpore tra la gente del posto. «Tutt sta fil pe na marenna!» (tutta questa fila per un panino!, ndr) si sente esclamare nella Pignasecca, quartiere dove risiede “Con mollica o senza?”, la salumeria dell’influencer seguito da 3 milioni di follower. Prezzo medio del panino: 8 euro, giusto per godere appieno dell’esperienza. File chilometriche per consumare ciò che a Napoli è quotidianità, ma che ad altre latitudini è evidentemente esotico.

Via Pignasecca 29, sede di Con mollica o senza, panitoteca del tiktoker Donato

Un fenomeno incontrastato

Chi continua ad offrire una movida di qualità nel centro storico è ‘A’Mbasciata dei fratelli Giorgio e Gianmarco Sannino, in Via Benedetto Croce, la celebre Spaccanapoli. Un’associazione culturale, che organizza eventi e presentazioni nella suggestiva sede di Palazzo Venezia, ambasciata veneziana tra il 1400 e il 1800. «Siamo tra i pochi luoghi che offrono un intrattenimento sano nel centro storico di Napoli. Tutti sono in grado di mettere musica e vendere alcol, ma pochi sono capaci di andare oltre.

Sotto la nostra sede hanno aperto negli ultimi mesi tre ristoranti di ragù napoletano e sei caffetterie tutte uguali» racconta Gianmarco Sannino. «Il centro storico non può essere paragonato al resto della città. La turistificazione sarà sempre maggiore: dal nostro balcone che affaccia su Spaccanapoli, a Natale e Pasqua non riusciamo a vedere la strada per le migliaia di persone che passeggiano. Una maggiore collaborazione tra residenti e attività commerciali potrebbe migliorare la situazione».

Le vie della città decorate a festa

Una Napoli a misura di algoritmo

Vivere oggi in centro storico, nei Decumani, nei Quartieri Spagnoli o in prossimità di aree come piazza Bellini o piazza del Gesù è stressante. «È cambiato lo stile di vita. Napoli non è attrezzata per gestire questo flusso costante ed enorme di turisti. Ci sono carenze nel trasporto locale, con un pessimo servizio di metro e pullman, e l’assenza di una proposta culturale alternativa rispetto al consumo incontrollabile di cibo e alcol» conferma Paola de Vivo, docente di sociologia dell’Università Federico II.

Il turismo di massa descrive una Napoli sempre più costosa, difficile da raggiungere, con appartamenti meno adatti alle esigenze di chi vi abita. È l’impatto inquietante di un fenomeno che regna incontrastato per i cardi e i decumani. Un processo che rischia di renderla lo stereotipo di sé stessa, una città mordi e fuggi, ad immagine e somiglianza di chi ne fruisce e che sa già cosa aspettarsi quando arriva. Un po’ come farebbe un algoritmo.

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