L’Egitto è un luogo pregno di storia e fascino senza tempo. I tesori che gli archeologi rinvengono in continuazione sanno destare meraviglia e scombussolare le nostre conoscenze come pochi altri. È il caso di una mummia conservata al Museo Egizio di Torino. A più di cento anni dalla sua scoperta, infatti, questo antico uomo potrebbe spostare indietro di un secolo l’intera cronologia della civiltà del Nilo.
Questione di date
La conoscenza della storia si basa su punti fissi, attorno ai quali ruota la narrazione del nostro passato. La fondazione (753 a.C.) e la caduta di Roma (476 d.C.), la scoperta dell’America (1492), la Rivoluzione Francese (1789), le guerre mondiali e, più di recente, la pandemia del Covid-19. Queste alcune delle principali date fondamentali.
Quali sono quelle dell’Antico Egitto? Oltre alla costruzione della Grande Piramide di Giza (circa 2550 a.C.), i momenti chiave sono senza dubbio i punti iniziali e finali dei tre grandi periodi della storia egizia: Antico Regno (2700-2160 a.C., con un margine di errore di ±76 anni), Medio Regno (2055-1790 a.C., ±53 anni) e Nuovo Regno (1540-1080 a.C., ±24 anni).
Certo, la cronologia non è del tutto precisa, ma queste date sono considerate affidabili per ricostruire il millenario percorso della civiltà del Nilo. O almeno, lo erano fino a poco tempo fa.
Imhotep, visir di Tebe
Il nostro viaggio segue quello di un uomo alto un metro e sessanta che, in vita, fu visir del faraone Thutmosi I: Imhotep. Oggi lo chiameremmo Primo ministro. Un individuo influente, altolocato, ricco. Ma pur sempre un essere umano. L’alto funzionario lasciò questa terra attorno ai 40 anni, un’età più che rispettabile per gli standard dell’epoca. Venne sepolto con grandissimo sfarzo in una tomba vicino a Tebe, l’odierna Luxor. E lì riposò, per quasi tre millenni e mezzo.
Nel 1904 un egittologo italiano, Ernesto Schiaparelli, scoprì il suo sepolcro. I ladri erano già entrati secoli, se non millenni, prima di lui. Restava poco del ricco corredo: i vasi canopi, contenenti gli organi mummificati, e qualche oggetto non prezioso. Ma soprattutto c’era lui, Imhotep. La mummia del visir era rimasta al suo posto, anche se i tombaroli l’avevano sbendata per impadronirsi di amuleti e gioielli, rovinandola e facendola a pezzi.
Ultima fermata: Torino
Schiaparelli esumò il corpo e lo portò con sé a Torino, dove dirigeva il Museo Egizio, la più antica istituzione al mondo (fondata nel 1824) a studiare le antichità della valle del Nilo. Qui, ancora una volta, Imhotep rimase in attesa insieme ad altre decine di mummie.
Nel 2019 iniziarono i lavori di realizzazione di una nuova sala. Battezzato Alla ricerca della vita. Cosa raccontano i resti umani?, il nuovo spazio museale ha raccolto in un ambiente ad atmosfera controllata tutti i corpi non esposti al pubblico. Sei di questi sono stati sistemati in modo da essere visibili ai visitatori, raccontando la vita umana attraverso le sue varie fasi.
La mummia di Imhotep, dopo quasi cento anni passati in un deposito, è stata una di quelle selezionate per l’esposizione. Il corpo del funzionario è stato sottoposto a un restauro piuttosto complesso, come spiega Valentina Turina, restauratrice specializzata in tessuti archeologici: «Nel caso del visir siamo dovuti intervenire direttamente sul tessuto umano, e non sulle bende come di norma avviene. Si tratta di un corpo totalmente scoperto da molti secoli, rovinato dai tombaroli. Per fissarlo e impedirgli di degradare è stato necessario applicare una soluzione a base di ciclododecano».
Il grande segreto del visir
Durante il restauro, Imhotep è stato sottoposto a diverse analisi, inclusa la datazione tramite carbonio-14. «Il risultato del radiocarbonio ci ha stupiti molto – commenta Federica Facchetti, egittologa e curatrice del Museo Egizio – in quanto contrastava con alcuni dati che davamo per assodati».
In sostanza, è certo che il visir abbia servito durante il regno del faraone Thutmosi I: diversi documenti e oggetti del suo corredo lo confermano. Il re in questione fu il terzo sovrano della XVIII dinastia e avrebbe regnato, pur con un margine d’errore, tra il 1506 e il 1493 a.C.
Eppure le analisi della mummia di Imhotep potrebbero cambiare tutto. «La datazione che abbiamo ottenuto – spiega Facchetti – colloca la morte del visir circa 100 anni prima del regno del faraone che egli stesso ha servito». Se confermata, dunque, la scoperta potrebbe retrodatare di un secolo l’inizio del Nuovo Regno, e con esso buona parte della cronologia egizia che conosciamo.
In attesa di conferma
«Il dato è importantissimo, potrebbe riscrivere la storia dell’Antico Egitto», afferma Federica Facchetti. L’egittologa però frena gli entusiasmi: «Visto il peso di queste informazioni abbiamo richiesto una seconda analisi della mummia tramite C-14, questa volta tramite un campionamento sull’osso».
Il Museo Egizio attende ora i risultati di questo nuovo studio. Se la datazione verrà confermata è già in programma una pubblicazione dedicata. È importantissimo che le persone possano essere informate sull’argomento: l’attività museale non è solo di conservazione e esposizione, ma anche e soprattutto di divulgazione.
Imhotep ha atteso 3500 anni nascosto sotto il deserto egiziano, dimenticato da tutti. Ora che è tornato è pronto a far parlare di nuovo di sé. Non è forse anche questa una forma di vita eterna?
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