Alla ricerca della vita: le mummie protagoniste della nuova sala del Museo Egizio

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Alla ricerca della vita: le mummie protagoniste della nuova sala del Museo Egizio
Mummia di un feto

Anche nell'Antico Egitto la morte poteva arrivare prima ancora della vita. Questo feto venne sepolto all'interno di una scatola di legno lavorato, dove ancora riposa.

Source: La mummia di un feto
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Alla ricerca della vita: le mummie protagoniste della nuova sala del Museo Egizio
Mummia di un bambino

Nonostante un'arte medica piuttosto avanzata, le morti infantili non erano rare. Questo bimbo di 5 anni è stato mummificato con grande cura e le sue bende riportano disegni floreali.

Source: La mummia di un bambino di cinque anni
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Alla ricerca della vita: le mummie protagoniste della nuova sala del Museo Egizio
Mummia di un'adolescente

Nonostante la maschera maschile abbia a lungo ingannato gli egittologi, Meres era una ragazzina di 13 anni, età in cui terminava il percorso scolastico. Questo fa di lei un'adolescente, almeno per i canoni egizi.

Source: La mummia di Meres, 13 anni
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Alla ricerca della vita: le mummie protagoniste della nuova sala del Museo Egizio
Mummia di una giovane adulta

Questa sacerdotessa morì ad "appena" 17 anni. Per l'epoca era già una donna adulta e matura.

Source: La mummia di una sacerdotessa 17enne
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Alla ricerca della vita: le mummie protagoniste della nuova sala del Museo Egizio
Mummia di un adulto

Imhotep, visir del faraone Thutmosi I, morì attorno ai 40 anni. Era quindi una persona matura, quasi sulla soglia della vecchiaia.

Source: La mummia di un 40enne
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Alla ricerca della vita: le mummie protagoniste della nuova sala del Museo Egizio
Mummia di un'anziana

Questa donna aveva 50 anni al momento della morte. Nell'Antico Egitto era certamente considerata un'anziana, vista la minore aspettativa di vita delle persone.

Source: La mummia di una anziana 50enne

Il Museo Egizio di Torino è la più antica istituzione al mondo dedita allo studio della civiltà del Nilo. Per restare al passo coi tempi l’ente ha più volte rinnovato i propri allestimenti. Nel 2019 è arrivata la decisione di realizzare la sala Alla ricerca della vita, dove conservare tutte le mummie non ancora esposte. Grazie a questa è stato possibile fare nuove scoperte. Dalla reale datazione del visir Imhotep (che MasterX ha trattato in esclusiva) al vero genere di una giovane di nome Meres, le sorprese non sono mancate.

Un dibattito etico
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La segnaletica che avverte i visitatori della presenza di resti umani, all’ingresso della nuova sala

Va subito detto che l’esposizione di corpi costringe a porsi delle domande etiche. Da un lato si tratta di reperti storici, dall’altro sono comunque persone. Il dibattito dura da molto tempo, partendo dagli Stati Uniti degli anni ’60 e dai musei che esponevano i resti di antichi nativi americani.

Anche l’Egitto stesso si è interrogato sul tema tanto che, nel 1980, l’allora presidente Anwar Al-Sadat ordinò di rimuovere tutte le mummie dalle teche del museo del Cairo. Torneranno visibili solo in maniera graduale, tra il 1987 e il 1994.

Da questo punto di vista, Torino ha sempre mantenuto una linea coerente e rispettosa scegliendo, ad esempio, di non sbendare le mummie già nel 1906, quando il direttore Ernesto Schiaparelli scoprì la tomba dei coniugi Kha e Merit. Più di recente, nel 2015, il museo è stato rinnovato in tutte le sue sale. In occasione del riallestimento si scelse di indicare le teche contenenti resti umani con un’apposita segnaletica, così che il visitatore possa scegliere di non avvicinarsi, se non avesse piacere di vedere un corpo.

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Una mummia risalente all’epoca predinastica (3900-3150 a.C.), esposta al Museo Egizio come se fosse ancora nella sua tomba
Esposizione e conservazione
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L’egittologa Federica Facchetti

Nel 2019 sono iniziati i lavori per una nuova sala. «L’esigenza – spiega Federica Facchetti, egittologa e curatrice – era un luogo dove conservare i resti umani del museo, che fosse però anche una sala espositiva». La questione etica è dunque tornata alla ribalta: prima di decidere come allestire le eventuali vetrine era necessario capire se fosse corretto farlo.

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La restauratrice Valentina Turina

Per allestire il nuovo spazio venne somministrato al pubblico un questionario. L’80% degli intervistati si dimostrò favorevole all’esposizione delle mummie. Forti di questa opinione, i curatori hanno iniziato a immaginare la nuova sala. Ne è nata una stanza buia, dalle pareti nere, con un percorso di visita a ferro di cavallo. Al centro c’è la struttura dedicata alla conservazione dei resti umani, un vault chiuso al pubblico e con un’atmosfera controllata. «L’umidità relativa», spiega Valentina Turina, restauratrice specializzata in tessuti archeologici, «deve essere all’interno di un range specifico, tra il 50 e il 55%, e la temperatura non deve superare i 21,5°C».

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L’interno del magazzino delle mummie, il vero cuore della sala “Alla ricerca della vita”
Alla ricerca della vita

Sono 103 le mummie umane conservate al Museo Egizio di Torino. Alcune erano già esposte. Le altre 91 hanno trovato la loro nuova casa proprio nella sala appena realizzata, battezzata Alla ricerca della vita. Cosa raccontano i resti umani? Attraverso una speciale pellicola, sei corpi diventano visibili ai visitatori con l’accensione di alcune luci dedicate. In contemporanea, a fianco alle mummie, scorrono filmati e grafiche che ne raccontano la storia.

Grazie a queste sei persone è stato è possibile narrare la vita umana nelle sue varie fasi, presentando persone di età diverse. L’ordine delle mummie, spiega Federica Facchetti, segue un criterio anagrafico, non la datazione storica dei singoli reperti. Si parte dall’individuo più giovane (un feto nato morto) per arrivare a quello più anziano (una donna di circa 50 anni), passando attraverso le fasi dell’esistenza umana: gravidanza, infanzia, adolescenza, età adulta iniziale e avanzata, vecchiaia.

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L’ingresso della sala “Alla ricerca della vita”

La scelta di raccontare la vita attraverso il suo contrario non è azzardata: «non dobbiamo pensare che gli egizi avessero una passione morbosa per la morte», sottolinea Facchetti, «anzi, è esattamente il contrario: amavano così tanto la vita da volerla anche dopo la sua fine».

Un* car* ragazz*

La sala non è solo luogo di esposizione e conservazione. È anche il motore di un lavoro di studio, ricerca e restauro dei resti che contiene. E, di conseguenza, può portare a nuove scoperte. Un esempio è l’analisi del corpo di Imhotep, visir del faraone Tuthmosi I, che potrebbe spostare indietro di un secolo la cronologia egizia.

Un altro caso di sorprese rivelate dalla nuova sala è Meres, la mummia scelta per rappresentare l’adolescenza. Risale alle prime fasi del Medio Regno (circa 2100 a.C.) e sul suo volto è adagiata una raffinata maschera funebre in cartonnage, dai tratti maschili. «Questo ci ha spinti, in un primo momento, a credere che fosse un ragazzo», raccontano Federica Facchetti e Valentina Surina. Poi, prima di esporlo al pubblico, il corpo è stato sottoposto a analisi TAC e a test del DNA dall’Eurac Research di Bolzano. Qui la scoperta: Meres era in realtà una ragazzina di 13 anni.

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La maschera funebre di Meres. I tratti maschili hanno a lungo nascosto il vero sesso della mummia

Nonostante siano passati migliaia di anni dalla loro morte, queste antiche persone sanno ancora stupire e affascinare. Anche senza ricchi corredi e gioielli. È la semplice umanità a colpire, quando ci si rende conto che quegli individui così lontani nel tempo erano esseri umani identici a noi.

 

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<2-SEGUE>

Umberto Cascone

Nasco a Savona in un rovente mattino di agosto del 2000. Sin da bambino mi interesso di tematiche militari, passione che porto avanti ancora adesso. Negli anni nuovi argomenti iniziano a affollarmi la mente: dalla politica estera a quella interna, passando per una dose abbondante di storia. L'università mi regala l'amore per la radio, che mi spinge a entrare in RadioIULM e a prendere le redini prima del reparto podcast (marzo 2022-ottobre 2023) e poi dell'intera emittente (settembre 2022-gennaio 2023). Ho tanta voglia di fare, di raccontare il nostro tempo, fatto anche di argomenti spesso trascurati, eppure importantissimi. Ci riuscirò? Sarebbe bello dire, alla Manzoni, che lo giudicheranno i posteri. Ma l'unica risposta sincera è: lo spero.

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