La pandemia da Coronavirus colpisce duramente la vita umana, ma ha effetti devastanti anche sull’ambiente. Secondo i dati forniti dalla Commissione Ecomafie negli ultimi 8 mesi solo in Italia sono state prodotte 300 mila tonnellate di rifiuti a causa del nuovo coronavirus SARS-CoV-2.
Per avere un’idea della nuova mole di mascherine usate che i Paesi sono obbligati a gestire attualmente, basta pensare al caso di Taiwan. A Taipei durante l’apice della pandemia sono state prodotte e utilizzate 1,3 miliardi di mascherine chirurgiche, circa 5.500 tonnellate metriche di rifiuti generici in tre mesi, abbastanza da riempire 1.100 camion della spazzatura (Fonte Greenpeace Taiwan). Una minaccia ecologica che, se gestita male, in tempi brevi potrebbe trasformarsi nella prossima grande emergenza.
L’emergenza ambientale
Oltre le mascherine, tra i rifiuti prodotti dall’emergenza covid-19 ci sono guanti monouso, contenitori per gel igienizzanti e tute a protezione del personale sanitario: la maggior parte prodotti in plastica, materiale notevolmente dannoso per l’ambiente e per i nostri animali. L’International Union for Conservation of Nature stima che l’Italia è tra i Paesi con il più alto tasso di perdita di plastica nel Mediterraneo con 34.000 tonnellate l’anno, insieme a Egitto (circa 74.000 tonnellate / anno), e Turchia (24.000 tonnellate / anno), principalmente per un elevata quantità di rifiuti gestiti male.
Over 200,000 tonnes of #plastic is leaking into the Mediterranean each year.
IUCN's recent report explains how we can #ClosethePlasticTap https://t.co/Msxaj2EmeQ @IUCN_Med @IUCN_Plastics pic.twitter.com/vkFGWXuHkB
— IUCN (@IUCN) November 16, 2020
«Oltre al tessuto non tessuto e al carbone attivo, – secondo quanto riporta Greenpeace – le maschere mediche contengono anche grandi quantità di polipropilene (PP), un tipo di plastica di base che richiede molto tempo per degradarsi e rilascia molte sostanze tossiche durante il processo. È giusto presumere che queste maschere non si rompano facilmente e il loro smaltimento creerà solo impatti negativi sugli ecosistemi».
Le mascherine fuoriescono in mare infestando l’ambiente marino e finendo nella filiera alimentare perché ingerite dagli stessi animali. Lo IUNC infatti stima che le microplastiche primarie, le plastiche che entrano negli oceani sotto forma di piccole particelle generano un flusso di sottilissimo materiale nel Mediterraneo di 13.000 tonnellate l’anno.
La gestione dei rifiuti Covid in Italia
L’Istituto Superiore di Sanità nel rapporto COVID-19 n3/2020 REV 2 e il Sistema nazionale di protezione ambientale (SNPA) hanno prodotto importanti documenti sulle modalità operative della gestione di tali rifiuti (come da DPCM 24 aprile 2020 e DPCM 17 maggio 2020). Anche la commissione UE è intervenuta fornendo alcune linee guida che sono identiche a quelle nazionali. L’ISS distingue tra: rifiuti urbani prodotti nelle abitazioni di soggetti positivi al tampone in isolameto o quarantena obbligatoria e rifiuti urbani prodotti in abitazioni di soggetti non positivi al tampone, non in isolamento o quarantena obbligatoria.
Per i primi l’ISS ha specificato di far riferimento al DPR 254/2003 che regola la disciplina della gestione dei rifiuti sanitari, così i rifiuti vanno raccolti in idonei imballaggi a perdere come riportato: «i rifiuti speciali, prodotti al di fuori delle strutture sanitarie, che come rischio risultano analoghi ai rifiuti pericolosi a rischio infettivo, devono essere gestiti con le stesse modalità dei rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo (HP9 )» per cui dovrebbero essere sottoposti, dopo la raccolta, a sterilizzazione e successivo incenerimento e lì dove non vi sono impianti dedicati, mediante introduzione diretta nel forno senza essere mescolati con altre categorie di rifiuti.
Ma la variabilità territoriale della gestione dei rifiuti rende molto difficile l’attuazione pratica di tale indicazione, pertanto il rapporto ISS COVID-19 n3/2020 REV 2 raccomanda che nelle abitazioni in cui siano presenti soggetti positivi in isolamento o quarantena, tutti i rifiuti domestici, indipendentemente dalla loro natura siano equiparati a rifiuti indifferenziati.
➡️Gettare mascherine 😷 e guanti 🧤 nell’indifferenziato
➡️ Usare il più possibile di quelli riutilizzabili
➡️non buttarli a terra per evitare danni all’ambiente 🌊 🏔 🌳
È la campagna ‘Alla natura non serve’ del @minambienteIT con @enricobrignano#buttalibene@MinisteroSalute https://t.co/qlihHlngOI
— Istituto Superiore di Sanità (@istsupsan) June 30, 2020
Si raccomanda però che le mascherine e i guanti vadano inseriti in una busta prima di essere introdotti nel sacco dei rifiuti indifferenziati, e i contenitori dovrebbero, possibilmente, essere dotati di apertura a pedale, di non schiacciare i sacchetti con le mani, e inoltre di evitare l’accesso ai sacchetti di animali domestici e smaltire il rifiuto secondo le procedure in vigore sul proprio territorio.
Per quanto riguarda i casi in cui non vi siano soggetti positivi in isolamento o in quarantena, sarà necessario a scopo cautelativo smaltire mascherine e guanti monouso tra i rifiuti indifferenziati.
Le aziende e le attività produttive
Per le utenze produttive non assimilabili a quelle domestiche, non potendo escludere la presenza tra i lavoratori di soggetti positivi non ancora diagnosticati vanno considerate cautelativamente con il codice del Catalogo Europeo dei Rifiuti o EER, (CER) 150203 purché gli stessi siano conferiti direttamente presso gli impianti autorizzati dopo essere stati collocati in sacchi richiudibili e depositati in contenitori dedicati.
Infine lo smaltimento dei DPI prodotti dalle strutture sanitarie, fa riferimento a quanto previsto dal DPR 254/2003 con l’assegnazione del codice CER 180103 che devono essere raccolti e smaltiti applicando precauzioni particolari per evitare infezioni, e quindi è necessario seguire tutta la difficile e costosa filiera dello smaltimento dei rifiuti sanitari.
I fondi stanziati dall’Europa
Nel corso della prima ondata pandemica la Commissione europea ha istituito la Coronavirus Response Investment Initiative (CRII), per aiutare i gli Stati membri nella lotta alla crisi da coronavirus. La Commissione europea ha previsto che i fondi della politica di coesione saranno mobilitati per fornire liquidità immediata ai bilanci dei Paesi membri.
Ha inoltre proposto di includere la crisi sanitaria fra le situazione di emergenza per cui si può attingere al Fondo di solidarietà UE. In questo modo le zone più colpite dalla pandemia possono avere un sostegno aggiuntivo fino a 800 milioni di euro. In materia di aiuti di Stato invece, i Paesi membri possono concedere sostegno con sovvenzioni dirette o agevolazioni fiscali alle aziende che operano nel settore della gestione dei rifiuti.
Una flessibilità che non si esaurisce soltanto con sovvenzioni dirette, ma utilizza ulteriori strumenti quali garanzie pubbliche sui prestiti o misure volte alla concessione di prestiti a tassi di interesse agevolati, per combattere gli effetti di una pandemia che assume i caratteri di un’emergenza non solo sanitaria, bensì economico-ambientale.