La carbonara ha battuto il risotto allo zafferano. Una delle “mode” culinarie che sta spopolando ultimamente a Milano è quella dei ristoranti romani. Un fenomeno che, fino a un decennio fa, sembrava impensabile. Quando il territorio meneghino era costellato più da trattorie tipicamente toscane, pizzerie e all you can eat di sushi. Fino agli inizi del 2000, a Milano si contavano pochi locali di cucina romana, per esempio lo storico Giulio Pane e Ojo a Porta Romana o Felice e Testaccio in zona Sant’Ambrogio.
Poi, in poco tempo, la gastronomia romana ha conquistato i quartieri più centrali di Milano. Con una vera e propria “colonizzazione” che ha portato alla nascita di circa 40 ristoranti specializzati nella tradizione culinaria capitolina. Protagonisti della scena milanese ristoranti come Rugantino, Cacio e Pepe, Nonna Maria, Volemose Bene, Da Maurino e Osteria delle Commari. Ma anche street food romani, quali Trapizzino, Ape Cesare e Romoletto.
I quartieri più gettonati

Tra le zone con la maggiore concentrazione di queste nuove insegne ci sono Brera e Moscova con Volemose Bene, Osterie Da Fortunata, Eggs, Max Mariola, Taverna Trastevere, Rom’antica, Osteria delle Coppelle, Maccheroni e Il Marchese. Quest’ultimo è un esempio lampante del fenomeno: un ristorante nato a Roma sette anni fa e aperto a Milano nell’ottobre 2022, inserito nella Guida Michelin del 2025. «L’obiettivo era portare la romanità nel capoluogo meneghino – spiega Davide Solari, proprietario del ristorante – Abbiamo scelto Brera per motivi commerciali: è il quartiere più vivace dal punto di vista turistico e attrae molto anche i milanesi». Brera, infatti, non solo è un quartiere ricco di eventi, ma la sua vicinanza a uffici, studi legali e banche rende possibile instaurare convenzioni con il mondo imprenditoriale, creando così una clientela fidelizzata.
Per i quartieri di Milano

In generale, la romanizzazione della cucina milanese ha colpito numerosi quartieri. Per esempio, in Festa del Perdono, zona centrale della città, ha aperto Velavevodetto. «Partendo da Roma nel 2009 – afferma il cuoco Salvatore Marchese – ci siamo spostati a Milano nel 2021 dopo il Covid. Una scelta dettata dal fatto che la metropoli si presta molto alle novità e alle cucine regionali». Mentre Il Matterallo ha deciso di aprire in Paolo Sarpi in quanto «è una zona popolare adatta per inserirsi nella tradizione delle osterie» sostiene il direttore Mario Rovonera.
Le aperture del 2019
Ma i ristoranti romani si sono situati anche in quartieri più periferici. «A giugno 2019 abbiamo aperto il nostro locale a Milano» racconta il fondatore di Daje!, Daniele Turello, che ha scelto Citylife in quanto zona meno battuta dai ristoranti romani, preferendo distaccarsi dai quartieri già saturi di proposte simili, come Moscova. Della stessa idea Un Sacco Bello: «Nel 2019 abbiamo fondato il ristorante in Porta Romana che inizialmente sembrava meno privilegiata rispetto ai competitor – afferma il direttore Davide Marsili – ma con il tempo la zona è diventata più appetibile e la nostra cucina ha attirato sempre più clienti».
Una cucina che piace
Nel giro di poco più di cinque anni ogni angolo di Milano ha iniziato a riempirsi di amatriciane, supplì e bruschettoni. Una gastronomia a cui il pubblico meneghino non era immediatamente pronto, ma che ha saputo raggiungere anche i palati più ostici. «La cucina romana piace» sostiene Mario del Mattarello, ma soprattutto l’apprezzamento si può notare, secondo Davide di Daje! «dall’esplosione che c’è stata dopo il Covid. Dal 2022 si vedono ovunque ristoranti romani, quindi penso che questa esplosione sia sintomo di una richiesta sempre più ampia da parte del pubblico».
La concorrenza

Questa crescente concorrenza, che Mario del Matterello definisce una «guerra piacevole», spinge i ristoratori a migliorare continuamente i loro servizi e i loro prodotti. «Il mercato è cambiato molto negli ultimi anni – osserva Salvatore di Velavevodetto – ma la chiave per sopravvivere è offrire prodotti di qualità e mantenere i prezzi giusti, senza esagerare». Secondo Daniele di Daje!, la ricetta del successo è semplice: «Molti ristoranti hanno chiuso presto, ma il segreto è mantenere una linea di qualità costante. Non basta aprire un ristorante, bisogna lavorare bene con materie prime di altissimo livello».
L’importanza dei social
Oltre alla qualità della cucina e del servizio, bisogna anche “saper vendere” il locale. E i social si rivelano spesso un metodo vincente, poiché capaci di raggiungere utenti italiani e non. È questo il caso di Un Sacco bello, che ha una pagina Instagram con oltre 50mila follower. Davidino, così si fa chiamare il proprietario, dice che «oggi i social sono fondamentali per fare economia». Attraverso video e storie Instagram, il team porta nella loro piccola realtà migliaia di persone ogni giorno.
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Lo spirito nelle osterie
Questi contenuti trasmettono l’aria che si respira nell’osteria, compresi gli aspetti più divertenti e insoliti, soprattutto per un ristoratore romano che ha a che fare con i gusti dei milanesi. «Un giorno – spiega Davide di Un Sacco bello – una signora ha preso la trippa, piatto tipico rigorosamente servito con il pecorino, ma togliendo il formaggio. Io sono andato da lei per fare una storia divertente dicendo “prendere la trippa senza pecorino è come andare al battesimo e dimenticarsi il ragazzino”».
La differenza tra Milano e Roma

Dietro le visualizzazioni e i like si cela una strategia non da poco, che ha alla base la capacità di dialogare con i clienti, ma anche «di sottostare ad alcune esigenze che la clientela può avere – dice Mario del Mattarello – perché il mercato milanese è diverso da quello romano». Davide del Marchese concorda su questo punto, tanto che, senza pestare troppo i piedi alla tradizione, ha rivisitato alcuni piatti, trovando un possibile connubio tra la cucina romana e quella milanese. «Serviamo il risotto Roma-Milano: un risotto allo zafferano con la coda alla vaccinara» spiega Davide.
Il cliente più esigente

Al di là del gusto culinario dei milanesi, i ristoratori romani hanno riscontrato anche un diverso approccio con i clienti. Mentre quelli della Capitale sono più “caciaroni”, come li definisce Davide del Marchese, il cliente milanese «è più ricco ed elegante, ma anche più esigente: forse in alcuni casi anche troppo e fa contrasto con il romano». Pensiero condiviso anche da Davide di Un Sacco bello, che però ha saputo sciogliere il cuore anche del milanese più imperturbabile. «All’inizio i milanesi avevano un approccio rigido, classico di questa città, poi hanno saputo entrare in una dimensione nuova, accettando lo scherzo e l’aria di divertimento che si respira nel mio locale».
Lo spirito romano
Per far vivere lo spirito romano autentico, è necessario un personale che incarni tutto quello che Roma è, ma trovarlo a Milano può non essere così facile. È una delle difficoltà incontrate da Mario del Mattarello. «Non è semplice trovare del personale che sia in grado di inserirsi in un contesto che sia meno milanese, molto più terra terra, soprattutto perché noi romani siamo molto carnali in tutto quello che facciamo». Aggiunge: «Sicuramente da noi i clienti trovano una “coccola” diversa rispetto ad un ristorante milanese, dove c’è molta più formalità».
«La passione è tutto»

Questo dimostra come un locale romano non sia solo una buona carbonara, ma un mondo dentro cui immergersi. Mondo che non esisterebbe senza una grande passione a sostenerlo ogni giorno. «Questo lavoro – sostiene Mario del Mattarello – non si può fare senza passione, soprattutto oggi in un mercato dove conta tantissimo anche la parte emozionale delle persone». E così il cuoco Salvatore di Velavevodetto ogni mattina si alza alle 6 per fare il pane per i suoi clienti: «senza la passione per la cucina non ce la farei, anche perché senza sarebbe un autogol per i competitor».
Il problema delle grandi catene
Competitor che aumentano ogni giorno. Molti dei quali sono grandi catene romane che dalla Capitale si stanno espandendo a macchia d’olio sul territorio milanese, attirando soprattutto turisti stranieri grazie alla visibilità online e agli orari continuati, difficili da trovare in un’osteria tradizionale. Ma il rischio delle catene è che si facciano tanti coperti a discapito della passione romana. Secondo Davide di Un Sacco bello «le grandi catene non possono funzionare, perché non si ha cura. Con 10-12 ristoranti, si perde l’anima e non si può continuare a lungo: oggi molti locali non vanno avanti proprio per questo, ma io faccio il mio ed è difficile essere copiati».
Una moda come il sushi

Oltre al fatto che «quando tu fai determinati numeri è impossibile mantenere un certo standard di qualità – dichiara Daniele Daje!- Non è proprio possibile. La cura del cibo non si può improvvisare. Infatti ci sono alcuni ristoranti in cui l’80% della clientela sono turisti stranieri che si accorgono meno di queste cose». E continua «per ora tutto funziona e il terreno milanese sembra solido, ma è come quando avevano aperto tutti i sushi: non bisogna cercare di snaturare anche quel tipo di cucina. Altrimenti uno si può anche stufare, persino in una città come Milano». Opinione condivisa anche da Mario del Mattarello: «Qualche giorno dicevamo che i ristoranti romani sono il nuovo sushi di Milano». Questo paragone può spaventare, perché le mode vanno e vengono. A differenza del sushi, però, la tradizione romana fa parte della storia culinaria d’Italia ed è più difficile stancarsi delle nostre radici, oltre ad essere un forte simbolo di Italianità all’estero.
I piatti più richiesti
C’è una cosa, però, su cui vanno d’accordo tutti: la carbonara è il piatto più richiesto nei ristoranti romani. Seguito a ruota dalla cacio e pepe, come ricorda Daniele di Daje!. Queste osterie propongono anche piatti meno conosciuti dal pubblico, ma pietre miliari della tradizione culinaria romana. Il cuoco Salvatore di Velavevodetto parla del successo di altri primi, come «i rigatoni al sugo di coda», e tanti secondi. «Alcuni clienti – spiega – partono prevenuti in quanto i piatti di carne romani sono composti dalla parte meno nobile dell’animale, ma una volta provati concordano sulla loro bontà».

Le novità culinarie
Un Sacco bello ha portato a Milano anche la zozzona. «Un piatto realizzato dalle casalinghe della Ciociaria con gli avanzi, ovvero il sugo dell’amatriciana, l’uovo della carbonara, la salsiccia e il pecorino». Insieme a «piatti vecchi come la stracciatella, uova cotte nel brodo». Invece dal Marchese, oltre ai primi piatti, sono molto apprezzati anche i saltimbocca alla romana, «filetto di vitella con prosciutto e salvia».
Buon cibo, passione e pure anima romana. Sono questi gli ingredienti vincenti che hanno permesso alla cucina della Capitale di trovare un posto privilegiato nel territorio milanese. Il panorama di Milano è in continua evoluzione e nella progressiva affermazione di nuove strategie del mercato culinario il mantra resta uno soltanto. La fedeltà alla tradizione e all’autenticità romana.