
Menù più sani nelle mense scolastiche e riduzione degli sprechi di cibo. A dieci anni di distanza è questa l’eredità che Expo ha lasciato a Milano. Nel 2015 il Consiglio Comunale, in collaborazione con Fondazione Cariplo, ha approvato una Food Policy. La definizione delle priorità da seguire è iniziata proprio in vista di Expo. E dopo un’analisi dei punti di forza e di debolezza del sistema alimentare milanese, ha portato all’elaborazione degli obiettivi.
Sul sito del Comune si legge che al primo posto c’è garantire cibo sano per tutti, promuovere la sostenibilità del sistema alimentare, educare al cibo, contrastare lo spreco alimentare e infine sostenere e promuovere la ricerca in campo agroalimentare. Non solo, è stato anche approvato un Milan Urban Food Policy Pact. Ovvero un patto internazionale sottoscritto da oltre 280 città di tutto il mondo e che impegna i sindaci a lavorare proprio per raggiungere questi scopi.
Gli obiettivi di Expo
Nel corso degli anni, la Food Policy ha avviato progetti che hanno coinvolto il Comune ma anche tanti attori pubblici e privati della città. Per esempio, dal 2015 è stato preso l’impegno di ridurre l’impatto ambientale dei menù serviti da Milano Ristorazione, la società del Comune che gestisce le mense scolastiche. E quindi sono stati introdotti piatti più ricchi di verdure e legumi piuttosto che di carne.

In particolare, in tutte le scuole sono presenti menù stagionali il cui approvvigionamento è orientato su prodotti provenienti anche da filiere corte e a km 0. Dal sito del Comune si legge che il World Resources Institute ha certificato che le mense di Milano, tramite queste azioni, hanno generato tra il 2015 e il 2022 una riduzione dei livelli di CO2 pari al 34%. Il Comune è anche impegnato in diversi progetti europei nell’ambito di diversi programmi di finanziamento come Horizon o Erasmus+. Queste collaborazioni rappresentano un’occasione per confrontarsi con altre città europee, scambiando buone pratiche e sviluppando nuove soluzioni condivise sull’alimentazione.
Non è tutto, perché dal 2017 sono presenti degli Hub Aiuto Alimentare in otto quartieri di Milano, tra cui Isola, Lambrate e Loreto. Questi Hub recuperano eccedenze alimentari per poi ridistribuirle a famiglie in difficoltà e contribuiscono in questo modo allo spreco alimentare. Basti pensare che nel 2024 sono state recuperate oltre 795 tonnellate di cibo, equivalenti a 1,59 milioni di pasti distribuiti a quasi 15mila famiglie.
Un esempio virtuoso
Un esempio di Hub è rappresentato dalla Caritas Ambrosiana, istituita nel 1963 dalla Diocesi di Milano e che si occupa da più di 60 anni delle persone bisognose dell’intero territorio diocesano. Il responsabile “area povertà alimentare” dell’associazione Andrea Fanzago ha riferito che la loro presenza ad Expo 2015 «ha fatto sì che portassimo avanti due riflessioni sul tema spreco alimentare e diritto al cibo». Proprio per affermare questi principi Caritas si è spesa per portare avanti due progetti: il Refettorio Ambrosiano, aperto a tutte le persone senza fissa dimora, e l’Emporio della solidarietà.

La prima iniziativa fornisce pasti gratuiti a tutte le persone senza fissa dimora. Gli alimenti sono ottenuti «raccogliendo le eccedenze alimentari della grande distribuzione». Fanzago ci ha tenuto a sottolineare che «non sono scarti, ma diciamo che nell’immaginario potrebbero esserlo. Quindi noi operiamo quello scarto e recuperiamo anche quello “scarto” che sono le persone senza fissa dimora. Quindi è un duplice intervento che facciamo». Da un lato il refettorio lavora e raccoglie le eccedenze alimentari di due catene della grande distribuzione organizzata, e trasforma questi “scarti” in un pasto «di elevata qualità».
Storia e numeri della Caritas Ambrosiana
L’Emporio della Solidarietà è nato dalla Caritas di Roma, intorno al 2007-2008. «Abbiamo visto che quel modello era più vicino alla nostra filosofia. Cioè la dignità della persona, la progettualità e la promozione umana. Fa di tutto perché queste persone possano uscire dallo stato di povertà». L’organizzazione ha realizzato 41 empori nella Diocesi di Milano, dal 2015 ad oggi. Si tratta di minimarket dove le persone «inviate dai centri di ascolto o dai servizi sociali vengono a fare la spesa gratuitamente. Quindi la differenza tra l’aiuto tradizionale (il pacco alimentare) e l’Emporio è proprio questa: le persone scelgono quello di cui effettivamente hanno bisogno, possono trovare anche i prodotti per l’igiene della persona e la cura della casa. E sono anche educati ad amministrare questo patrimonio di punti che viene assegnato a loro ogni mese».
Secondo i dati forniti dalla Caritas, nel 2024 sono state raccolte 1.145 tonnellate di alimenti. In particolare, 56 dalla GDO (Grande Distribuzione Organizzata), 22 da Sogemi, 550 da AGEA/FEAD, 326 da acquisti e infine 182 tonnellate da donazioni e collette. Tutti questi “scarti” hanno aiutato più di sei mila nuclei familiari attraverso gli Empori e hanno fornito quasi 33 mila pasti per le persone indigenti. Una cifra che negli ultimi anni non ha fatto che aumentare. «I numeri delle persone non sono diminuite anzi dal 2020 abbiamo avuto l’esplosione e da quell’anno i numeri sono rimasti sempre piuttosto elevati».
Ai poveri più “tradizionali” si è poi aggiunta negli ultimi anni anche la figura del lavoratore povero. «I costi elevati della vita e un reddito basso, non permettono più a questi lavoratori di mantenere lo stesso tenore di vita che prima riuscivano tenere a fatica». Quindi, a dieci anni da Expo, la Food Policy milanese ha generato risultati tangibili: dalla trasformazione dei menù scolastici alla creazione di reti solidali contro lo spreco alimentare. Un lavoro corale, portato avanti da istituzioni, associazioni e cittadini e che oggi rappresenta un modello operativo riconosciuto anche a livello internazionale.