Dimessi, deceduti, contagiati. Le cifre dell’emergenza Covid-19 sono ormai una litania costante, che risuona nelle nostre case e diventa sempre più (spaventosamente) familiare. Ma il rito della loro lettura, oltre a rassicurarci e ad angosciarci davanti alla Tv, permette anche agli esperti di fare analisi, avendo a disposizione gli stessi – identici – numeri. La battaglia contro il Coronavirus si combatte infatti, oltre che in ospedale, anche con i dati. Cartelle excel, modelli e grafici alla mano.
A tal proposito abbiamo deciso di intervistare Fabio Divino, professore di statistica, probabilità e metodi computazionali presso l’Università del Molise, che durante l’emergenza si sta occupando dell’uso di modelli statistici per descrivere l’andamento dei contagi da Coronavirus. Il suo gruppo di ricerca StatGroup-19 quotidianamente valuta il numero di posti occupati e disponibili nelle terapie intensive a livello regionale italiano, per poi pubblicare i dati sulla pagina Facebook “StatGroup-19″(https://bit.ly/2V0pMqm).
Professor Divino qual è la qualità dei dati sul Coronavirus?
Sono dati condizionati dalle procedure di controllo che sono cambiate nel corso dei giorni e potrebbero cambiare ancora: è più facile usarli per descrivere, che per prevedere. La qualità è molto condizionata dalle procedure delle rilevazioni dei contagi. Ad esempio, se i tamponi vengono fatti a tappeto o se vengono effettuati in maniera più mirata.
Voi quali fonti utilizzate per i vostri modelli sull’ andamento del contagio?
Come altri gruppi di studio su questo tema, utilizziamo i dati ufficiali della Protezione Civile, che ricaviamo dal quotidiano bollettino delle 18. E insieme a questi i dati ISTAT e i dati ISS, che utilizziamo per verificare potenziali correlazioni o controllare nuove idee.
Come si può prevedere un’epidemia?
Generalmente le epidemie sono caratterizzate da una dinamica che inizialmente parte lenta (nascono i focolai), poi accelera velocemente (la fase esponenziale), ha una fase di crescita lineare finché rallenta di nuovo per raggiungere o una fase asintotica (diventando endemica) oppure decrescendo e svanendo. I modelli predittivi che, come i nostri, vengono formalizzati in questa fase tendono a modellizzare queste diverse fasi dinamiche, ma sono tutti parziali e per questo da valutare con molta cautela.
StatGroup-19 cosa cerca di prevedere?
Come gruppo di studio sul covid-19 lavoriamo su diversi aspetti, uno molto interessante è la previsione dei posti in terapia intensiva a livello regionale: quanti saranno occupati e quanti saranno disponibili. Un altro aspetto è lo studio del processo epidemico generale. A livello nazionale, l’andamento del contagio è una mistura, una mescolanza, di tanti processi epidemici, differenti da regione a regione, e questo determina molta cautela nel fare previsioni di medio lungo termine.
Se i processi sono diversi a livello italiano, ha senso confrontare i nostri dati nazionali con quelli degli altri paesi per comprendere l’entità dell’emergenza?
Ha poco senso: rispetto agli altri paesi il nostro processo epidemico è diverso da un punto di vista temporale, perché è più maturo. Inoltre i dati sono raccolti in maniera diversa da paese a paese. Quello che può avere senso è confrontare le fasi delle diverse dinamiche.
Parliamo dei dati sui decessi. Qual è il processo di assegnazione?
In questa fase di emergenza, credo che vengano assegnate al covid-19 tutti i decessi di quelle persone che risultano positive al virus sars-cov-2. Consideriamo che per verificare poi effettivamente quale sia la causa ufficiale di decesso c’è una verifica che può anche durare 1 o 2 anni, in quanto richiede l’analisi delle cartelle cliniche.
Qualcuno, soprattutto nella fase iniziale, ha ritenuto che “l’emergenza Coronavirus” fosse stata sopravvalutata e che i tassi di letalità per influenza fossero più o meno simili a quelli del Covid-19. Cosa ne pensa?
Non bisogna guardare al numero di morti assoluti per fare questo paragone. La questione non è numerica, ma temporale: per l’influenza i casi che necessitano di assistenza sanitaria vengono “spalmati” nel corso di mesi, per il covid-19 l’intervallo di tempo è estremamente concentrato. L’emergenza sanitaria è scatenata da questo.
La statistica comprova il diktat ministeriale “state a casa”?
La domanda così posta assegnerebbe alla statistica un ruolo “politico”, che non può avere. Come dicevo prima, la curva epidemica è caratterizzata da tre fasi: la prima in cui la curva cresce lentamente, poi esponenzialmente e infine quella in cui si deve capire che cosa succederà al famoso R0 (si legge errezero ndr).
Che cos’è “R0”?
R0 è una misura della riproduzione virale, rappresenta il numero atteso di persone che vengono contagiate da ciascuna persona infetta. Tutti i gruppi di lavoro danno una stima di R0 per il covid-19 compresa tra 2 e 3. Significa che ogni persona positiva al virus sostituisce sé stessa nel processo epidemico con 2-3 persone. Il valore di R0 dipende da tre fattori: la probabilità del contagio (quindi l’attitudine del virus al contagio), dal tempo di infettività e infine dal numero dei contatti che ogni persona ha. Al momento ci è possibile intervenire con certezza solo sull’ultimo elemento, perché mancano medicinali e vaccini: e quindi sì, dobbiamo stare a casa.
A livello italiano avere una maggiore alfabetizzazione matematica ci avrebbe aiutato a capire meglio l’emergenza?
A mio avviso stiamo pagando un atteggiamento politico molto generalizzato degli ultimi 20, 30, ma anche 40 anni. Anni in cui scuola, università e ricerca sono state sempre considerate di importanza secondaria se non marginali. C’è una parte della popolazione a cui non sono stati forniti gli strumenti culturali per capire quello che i decisori stanno comunicando e chiedendo, e non per loro scelta. Io ho un’esperienza di vita anche in Finlandia, dove la cultura matematica e scientifica è importante, e mi rendo conto che in quel paese le persone hanno una sensibilità quantitativa della realtà rilevante. Qui in Italia è difficile comprendere anche gli elementi base da un punto di vista quantitativo. Ed è chiaro che se ci si trova di fronte ad un problema che si comprende poco, si pensa subito al complotto sottostante. Si usa quindi un sillogismo al contrario, partendo dalla tesi “quello che mi stanno dicendo non è vero” e andando poi a cercare premesse per poterla sostenere. Per avere una maggiore “alfabetizzazione matematica” basterebbe che la matematica la insegnassero i matematici. E questo purtroppo non avviene sempre a tutti i gradi delle scuole. Bisognerebbe restituire dignità a tutto corpo insegnante di Scuola e Università.
Quali sono i rischi di ritorno dell’epidemia?
Ci saranno delle ondate di ritorno sicuramente: è il rischio di tutte le epidemie. Ma sicuramente queste ondate saranno più deboli del processo iniziale: le persone potrebbero essere in larga parte immuni e l’aggressività del virus, mutazione dopo mutazione, si potrebbe indebolire.