Alle 11:30 del 28 febbraio, sono iniziati, in una località segreta al confine della Bielorussia, i negoziati tra i rappresentanti di Ucraina e Russia. Poche le notizie trapelate dopo la loro conclusione, avvenuta poco dopo le 17. Kiev ha chiesto lo stop agli attacchi ai civili ed il ritiro delle truppe russe dal territorio del Paese. La Russia, al contrario, chiede che l’Ucraina non entri a far parte né della NATO né dell’Unione europea e che la Crimea venga internazionalmente riconosciuta come territorio russo.
Un piccolo giallo risulta essere quello dell’interruzione dei colloqui alle ore 15. Le agenzie di stampa russe, citando il consigliere del ministero dell’Interno di Kiev, avevano scritto che i negoziati si erano conclusi, salvo poi riprendere circa un’ora dopo. Non si sa se è stata solo una pausa o se le parti abbiano deciso successivamente di tornare al tavolo.
Unica certezza dopo la giornata di oggi, mentre le delegazioni dei due Paesi stanno tornando nelle rispettive capitali per le consultazioni del caso, è che esse si incontreranno almeno un’altra volta. L’Ansa e la Tass riportano che il secondo round di negoziati si dovrebbe tenere al confine tra Polonia e Bielorussia nei prossimi giorni.
I NEGOZIATI
Un accordo con l’Ucraina sarà possibile solo dopo «smilitarizzazione e denazificazione di Kiev, quando avrà assunto uno status neutrale», ha detto il presidente russo Vladimir Putin, secondo quanto riporta l’agenzia di stampa russa Tass, nella telefonata con il presidente francese Emmanuel Macron.
Per porre fine al conflitto, Putin avrebbe chiesto anche il riconoscimento internazionale della Crimea come territorio russo. L’Eliseo afferma che il capo del Cremlino si è impegnato a “sospendere gli attacchi contro i civili e le abitazioni”. Ha inoltre aderito alla proposta di Macron di «restare in contatto nei prossimi giorni per prevenire l’aggravamento della situazione».
President @ZelenskyyUa has signed application for the membership of #Ukraine in the European Union.
This is a historic moment! pic.twitter.com/rmzdgIwArc
— Verkhovna Rada of Ukraine (@ua_parliament) February 28, 2022
Le autorità di Kiev nel frattempo chiedono alla popolazione di lasciare le proprie abitazioni solo per procurarsi cibo o medicinali. Ottimista il capo della delegazione russa, Vladimir Medinsky, dopo che si è conclusa la prima tornata di negoziati tra Mosca e Kiev. «Abbiamo trovato punto di contatto sui quali costruire una posizione comune», ha riferito a Sputnik News.
Una soluzione intermedia per molti è quella di sospendere l’ingresso dell’Ucraina nella Nato e limitarsi a quello nell’Unione Europa. In giornata, il presidente Zelensky ha firmato la richiesta di adesione all’UE. Ma c’è il no dell’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, secondo il quale per un processo del genere: «servirebbero anni».
IL CDM IN ITALIA
Poco prima delle 16, e per circa un’ora, si è riunito il Consiglio dei Ministri per prendere dei provvedimenti al fine di fronteggiare gli sviluppi della guerra in est Europa. All’unanimità è stato approvato un nuovo decreto legge che prevede aiuti di diverso tipo all’Ucraina e alla sua popolazione.
Innanzitutto, esso prevede la cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari alle autorità governative ucraine. Questa dovrà essere decisa dalle Camere e potrà avvenire fino al 31 dicembre 2022 (la data fino alla quale è stato prorogato lo stato di emergenza rispetto a questa situazione). Inoltre, il Consiglio ha deciso di incrementare i posti nei centri per l’accoglienza dei migranti (13.000 in più per i Centri di Accoglienza Straordinaria, CAS; 3.000 in più per il Sistema di Accoglienza e Integrazione, SAI). Ha poi creato un Fondo da 500.000€ per finanziare misure volte a garantire lo svolgimento dell’attività di ricerca e di studio di varie istituzioni ucraine e per garantire il diritto allo studio per i giovani. Ha stanziato anche 10 ml di euro a carico del Fondo per le emergenze nazionali per interventi urgenti di soccorso e assistenza alla popolazione ucraina.
Infine, una parte del provvedimento riguarda l’Italia ed il settore energetico. Data la situazione di emergenza, il Cdm ha autorizzato misure di controllo della domanda e dell’offerta di gas a carico del Ministero per la Transizione Ecologica. Inoltre, alla partecipata statale Terna S.p.A., società che gestisce la rete elettrica italiana, hanno affidati dei compiti riguardanti la riduzione del consumo di gas delle centrali elettriche. Questo attraverso l’utilizzo di energie rinnovabili e attraverso un maggiore sfruttamento di altre fonti energetiche.
L’EVOLUZIONE DELLE SANZIONI
La Ue intanto stringe il cerchio sulle sanzioni per paralizzare l’attività finanziaria e bancaria della Russia. Il Regno Unito è il Paese più aggressivo di tutti: a giorni congelerà gli asset di tutte le banche russe. Lo ha annunciato la ministra degli esteri britannica, Liz Truss.
In giornata, era scoppiato un caso diplomatico per le parole di Boris Johnson. Un portavoce del premier aveva riferito che le sanzioni miravano a «rovesciare il regime di Putin». Immediata la smentita di Downing Street: «Non stiamo cercando nulla in termini di cambio di regime – hanno precisato – quello di cui stiamo parlando chiaramente qui è come fermiamo la Russia che cerca di soggiogare un Paese democratico».
Il Regno Unito ha infine deciso di chiudere i suoi porti alle navi russe, mentre gli Stati Uniti bloccano le transazioni con la Banca centrale di Mosca. Anche la Bce è pronta ad applicare le sanzioni
Secondo quanto riporta il sito russo Sputnik, il presidente Vladimir Putin ha firmato un contro-decreto “per applicare misure economiche speciali contro gli Stati Uniti ed i Paesi che li hanno seguiti” nelle sanzioni dopo l’invasione dell’ Ucraina.
In Russia l’opinione pubblica è divisa tra sostenitori e oppositori dell’intervento di Ucraina. Tra quest’ultimi soprattutto molti imprenditori che temono le sanzioni, ma anche diversi esponenti della società civile. Dopo anni di repressione e censura, i cittadini stanno lentamente trovando il coraggio di far sentire la loro voce nelle piazze, da Mosca a San Pietroburgo. «Il mio Paese è un aggressore – è la dichiarazione all’agenzia AP di una signora scesa in strada a manifestare – Odio Putin. Che cos’altro bisogna fare per aprire gli occhi alla gente?».