È scontro tra Mosca e Londra dopo la decisione britannica di inviare all’Ucraina proiettili all’uranio impoverito. La Russia attacca, parlando di escalation verso lo scontro nucleare. Il Regno Unito difende la propria decisione, accusando la controparte russa di fare disinformazione. Ma cosa sono queste munizioni? E che impatto avrebbero sul conflitto?
Distruttore di carri
L’uranio impoverito è il principale scarto della produzione del combustibile nucleare e dell’esplosivo per armi atomiche. Caratterizzato da una radioattività piuttosto scarsa, è un materiale molto utilizzato nell’industria bellica sin dagli anni ’70.
Nel cuore della guerra fredda, gli ingegneri statunitensi scoprirono che, opportunamente trattato, l’uranio impoverito poteva essere un ottimo materiale per l’impiego sui veicoli corazzati. L’alta densità dei composti permetteva la realizzazione di blindature molto più efficienti del normale acciaio temperato.
Un’altra caratteristica del metallo pesante è un’alta capacità di prendere fuoco spontaneamente. Tenendo conto di questo, gli USA furono i primi a realizzare munizioni anticarro all’uranio impoverito. Chiamati API (Armor Piercing Incendiary, perforanti incendiari), questi proiettili sono costituiti da un componente che penetra nella corazzatura avversaria per il solo effetto della densità e dell’energia cinetica. L’uranio si polverizza quasi del tutto, esplodendo in frammenti incandescenti appena colpisce l’aria dall’altra parte. L’effetto è altamente distruttivo. E tossico.
Sindrome dei Balcani
Trattandosi di un metallo pesante e radioattivo, l’uranio impoverito ha ovviamente effetti inquinanti. Però, mentre con le altre armi il grande pericolo sono i proiettili inesplosi, con gli API la situazione è opposta. Le munizioni che falliscono il bersaglio, e dunque restano intatte e inerti, si disgregano naturalmente in un lasso di tempo estremamente lungo. Questo significa che la radioattività emessa è bassissima, inferiore a quella dell’ambiente naturale.
Il vero problema si ha quando il penetratore colpisce l’obiettivo, frammentandosi in migliaia di minuscole particelle. In quel caso si genera una nube di polvere radioattiva e altamente tossica che va a contaminare aria, acqua e suolo.
Anche se il legame tra utilizzo di munizioni all’uranio impoverito e l’aumento dei casi di tumori tra i militari che hanno prestato servizio in Jugoslavia e Iraq (dove sono state utilizzate ampiamente dalla NATO) non è mai stato provato, in Italia il tema è molto sentito. Dopo le missioni in Bosnia degli anni ’90 45 ex-soldati sono morti e oltre 500 hanno sviluppato patologie piuttosto pesanti. Nell’ambiente, queste sono generalmente indicate come «Sindrome dei Balcani». Solo nel 2019 è stata riconosciuta la gravità della contaminazione, oltre che la reticenza dei vertici militari ad affrontare il tema.
La pericolosa strada per Kiev
La decisione di Londra di fornire due versioni dei suoi API, la Charm-1 e la Charm-3, arriva a seguito dell’invio di 14 carri armati Challenger 2 all’Ucraina. Il tank, armato con un cannone da 120mm, è uno dei principali asset per la futura controffensiva.
In una guerra che, in pieno stile sovietico, vede i russi operare con un gran numero di veicoli corazzati, la capacità distruttiva dei proiettili all’uranio può essere un grande punto di forza per le armate di Kiev.
Mosca, però, annuncia battaglia. Il ministro degli esteri Sergei Lavrov ha detto che, se le munizioni saranno effettivamente inviate, «non c’è dubbio che finirà male».
Lo stesso presidente Vladimir Putin, dopo aver evocato una possibile reazione, è tornato a chiamare in causa la guerra atomica: «l’Occidente sta cominciando a usare armi con elementi nucleari». Più esplicito il ministro della difesa Shoigu: il confronto con armi di distruzione di massa sarebbe ormai «a un passo».
Ad essere onesti, però, chiamare in causa lo spettro atomico è solamente una forzatura della propaganda russa. L’unico elemento comune tra armi nucleari e munizioni a uranio impoverito è, nella pratica, solo il metallo di base. I proiettili britannici non hanno, né possono avere, alcun utilizzo assimilabile a quello di testate o ordigni atomici. Il materiale di base, poi, non può essere riconvertito in esplosivo ad alto potenziale.
In teoria le affermazioni di Mosca dovrebbero essere solo un altro tentativo di fare propaganda a discapito dell’Occidente. In pratica, dopo un anno di guerra e di mosse imprevedibili del Cremlino, la tensione non può essere presa alla leggera.