Armi sì, utilizzo no. A partire dal 25 maggio le parole del segretario generale della Nato Jens Stoltenberg hanno riacceso il dibattito occidentale su un tema caldo da tempo: il divieto, per Kiev, di utilizzare gran parte delle armi fornite dagli alleati contro bersagli sul suolo russo. C’è chi, come il segretario, vorrebbe eliminare quel veto. E chi, dall’altra parte, ritiene che questo sia inaccettabile.
«L’Ucraina ha diritto a difendersi»
In un’intervista al settimanale The Economist, il segretario generale della Nato ha parlato in maniera molto chiara: «Dobbiamo ricordare che parliamo di una guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina. Che quindi ha il diritto di difendersi anche colpendo obiettivi in territorio russo». Non si tratta di aggressività occidentale, ha spiegato Stoltenberg, ma di semplice valutazione strategica: «Specialmente adesso, in un momento in cui si combatte a Kharkiv, vicino al confine, negare all’Ucraina la possibilità di usare le armi contro obiettivi militari legittimi sul territorio russo renderebbe molto difficile per loro difendersi».
L’apertura del segretario generale arriva dopo giorni, se non settimane, di prese di posizione analoghe. La più clamorosa era stata, il 15 maggio, quella del segretario di Stato americano Anthony Blinken: «Non abbiamo incoraggiato o consentito attacchi al di fuori dell’Ucraina – aveva detto durante una visita a Kiev – ma alla fine l‘Ucraina deve prendere decisioni da sola su come condurre questa guerra».
Minacce e paura
La risposta di Mosca non si è fatta attendere. Già il 23 maggio il ministro degli Esteri Sergei Lavrov aveva richiamato all’ordine: «Le armi americane e occidentali siano già utilizzate per colpire obiettivi sul territorio russo, soprattutto infrastrutture civili e aree residenziali. Ogni morto grava sulla coscienza della Nato». Più duro, il 26 maggio, l’ex presidente Dmitri Medvedev: «Colpire i nostri obiettivi da parte degli americani significa iniziare una guerra mondiale».
La paura è montata in molti Stati europei. Se le nazioni della frontiera nord-orientale (Estonia, Lettonia, Lituania e Polonia su tutte) hanno subito mostrato di concordare con Blinken e Stoltenberg, i grandi Paesi centrali sembrano molto meno convinti. Germania e Italia in primis, con partiti e governi da tempo impegnati a ridimensionare le fughe in avanti del presidente francese Emmanuel Macron (che sull’utilizzo di armi sul suolo russo, oltre che all’invio di uomini sul terreno, sembra aperto). Da Roma, le reprimende contro il segretario generale della Nato sono arrivate da tutta la maggioranza di governo, con il vicepremier leghista Matteo Salvini che attacca: «Non si può parlare di guerra e di usare le armi italiane per combattere, colpire e uccidere fuori dal territorio ucraino. Stoltenberg ritratti, chieda scusa o si dimetta».
Incoerenza
La Nato e l’Occidente sembrano vivere un paradosso: a parole, il sostegno a Kiev rimane incrollabile; ma nei fatti, la paura imbriglia in catene quanto meno assurde. A chi, oggi, chiede all’Ucraina di non impiegare le armi sul territorio russo bisognerebbe domandare per cosa, secondo lui, servano le armi stesse. Per demolire muri? O illuminare campi e strade? La verità, triste ma innegabile, è che fucili, cannoni, carri armati e razzi sono studiati per un solo scopo: sconfiggere il nemico causando perdite gravi.
L’Ucraina ha il diritto di difendersi, su questo tutti sembrano concordare. Ma come ci si può aspettare che resista a orde di militari russi con le mani legate? Potendo bersagliarli solo all’interno dei confini del 1991, dove saggiamente il Cremlino non ha stabilito basi aeree, grandi centri di raccolta truppe o industrie? Operare con questi vincoli, per Kiev, significa poter colpire solo i soldati al fronte, senza intaccare le loro capacità logistiche e di ricambio.
In questi giorni, secondo l’intelligence, la Russia starebbe ammassando 90 mila uomini in attesa di una nuova offensiva a Kharkiv. Li concentra oltre il confine, con veicoli, carburante e supporti. Perché l’Ucraina non dovrebbe, con armi che sono di sua esclusiva proprietà dal momento in cui gli alleati gliele consegnano, colpire quelle truppe per difendersi? Il motivo si chiama paura. Paura occidentale di vedersi trascinare in uno scontro diretto con Mosca. Ma allora, invece di proseguire in questa incoerente fornitura di armamenti che non devono essere usati per il loro scopo, l’Occidente dovrebbe pensare di interrompere ogni invio di aiuti militari. In questo modo si ristabilirebbe una coerenza ormai perduta. Che questo sia eticamente inaccettabile e vile è un’altra storia.