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Attentato a Mosca: ucciso il boss filorusso Sarkisyan

Un attentato nel cuore di Mosca priva Vladimir Putin di un fedelissimo: si tratta di Armen Sarkisyan, fondatore della milizia ArBat, attualmente impegnata nella regione del Kursk contro l’esercito ucraino.

Un bomba all’entrata del grattacielo

La mattina del 17 dicembre un bomba al tritolo uccideva a Mosca il generale russo Igor Kirillov. Un mese e mezzo più tardi il copione si ripete: ancora il tritolo, ancora a Mosca. La vittima questa volta è Armen Sarkisyan, 46 anni, fondatore della milizia filorussa ArBat. Un altro nome che l’SBU, i servizi segreti ucraini, possono spuntare dalla lista nera degli obiettivi vicini a Vladimir Putin.

La hall di Alye Parusa, l’edificio residenziale sede dell’attentato a Sarkisyan (fonte: Euronews)

Visti i precedenti, a destare sorpresa nell’intera vicenda forse non è il bersaglio, tantomeno la modalità, quanto il luogo dell’attentato. Sarkisyan è stato raggiunto dall’esplosione – fatale per una sua guardia del corpo – all’ingresso del complesso residenziale Alye Parusa (“Vele scarlatte”), un lussuoso grattacielo di 29 piani situato nel nord-ovest della capitale. Secondo le prime ipotesi, l’attentatore potrebbe essersi fatto esplodere insieme all’ordigno. Inoltre, stando alle dichiarazioni della polizia, Sarkisyan non sarebbe morto sul colpo, ma più tardi, in ospedale, in seguito alle ferite riportate.

Chi era Armen Sarkisyan

Armeno naturalizzato russo, dopo anni di residenza nella regione separatista del Donetsk, Sarkisyan era ufficialmente presidente della Federazione di pugilato della Repubblica di Donetsk. Era noto però il suo legame con ambienti criminali, che nel settembre 2022 lo aveva portato a fondare, assieme ad altri, il battaglione ArBat (composte delle due parole “battaglione” e “armeno”), una forza militare impegnata in Ucraina a fianco dell’esercito russo.

Convinto sostenitore di Putin, Sarkisyan riteneva che dal 2014 l’amministrazione ucraina si fosse imposta in modo illecito sulla comunità russofona nel Paese. Da qui il dovere di combatterla, come strenuo difensore dell’autonomia del Donbass. Compito assolto con devozione, tanto che già nel 2014 Sarkisyan aveva ricevuto le prime accuse di violenze contro i manifestanti europeisti del Majdan a Kiev. Per questo e per la sua vicinanza all’ex presidente filorusso Yakunovich, Sarkisyan era da tempo inviso all’Ucraina, che ha provveduto a “liquidarlo”.

Gli attacchi alle raffinerie

L’attentato a Sarkisyan non è stato l’unico colpo messo a segno dalle forze ucraine. Nella stessa giornata decine di droni inviati da Kiev hanno raggiunto Volgograd, nell’entroterra russo, danneggiando due raffinerie. L’episodio è stato immediatamente rivendicato: «Questa notte, due aziende russe hanno ricevuto contemporaneamente la loro quota di sanzioni sui droni: la raffineria di petrolio di Volgograd e l’impianto di lavorazione del gas di Astrakhan», ha affermato lo Stato maggiore di Kiev. «Entrambi gli impianti interessati sono importanti produttori di carburante per l’esercito russo».

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