Strage di Dacca: pena di morte per sette terroristi

Dacca

Il tribunale speciale di Dacca ha condannato a morte sette estremisti islamici con l’accusa di aver ideato e progettato l’attentato terroristico avvenuto il 1 luglio 2016 nella capitale del Bangladesh. Morirono ventidue persone di cui nove italiani.

La corte, presieduta dal giudice Mojibur Rahman, ha affermato che il loro obiettivo era quello di destabilizzare l’intera popolazione, in gran parte musulmana, trasformando la nazione in uno stato militante.

Il procuratore capo di Dacca, Abdullah Abu, ha riferito che per sette degli imputati, tutti membri del gruppo estremista locale Jamaat-ul-Mujahideen, si procederà con la pena capitale. Solo uno di loro è stato assolto.

L’attacco, di matrice jihadista, fu compiuto da cinque uomini nel benestante quartiere di Gulshan, nel centro di Dacca. Il commando fece irruzione nel tardo pomeriggio al caffè Holey Artisan Bakery, rinomato per essere frequentato da turisti e diplomatici europei. I terroristi presero in ostaggio i clienti e li obbligarono a recitare versi del Corano, uccidendo tutti coloro che non conoscevano il testo sacro. I sequestratori furono uccisi in un blitz delle forze speciali effettuato all’alba.

Oltre alle vittime locali e ai nove connazionali che si trovavano lì per lavoro, nell’assalto morirono anche sette giapponesi, un americano, un indiano e due poliziotti, vittime di una sparatoria. La corte di Dacca aveva già presentato il 26 novembre 2018 delle accuse formali a membri del gruppo di Jamaat-ul Mujahideen. La polizia aveva accertato il coinvolgimento di almeno ventuno persone nell’attentato. Tra loro solo otto furono accusate. Le restanti tredici, infatti, morirono durante il sequestro o nelle successive operazioni delle forze speciali. Gli imputati, tutti presenti in tribunale al momento della lettura della sentenza, potranno ricorrere in appello all’alta corte.

L’assalto fu rivendicato dall’ISIS, anche se poi le indagini misero in evidenza il coinvolgimento di gruppi terroristici locali del paese. Dall’autopsia dei corpi dei nove italiani emersero segni di torture, mutilazioni e tagli.

Nicolo Rubeis

Giornalista praticante con una forte passione per la politica, soprattutto se estera, per lo sport e per l'innovazione. Le sfide che attendono la nostra professione sono ardue ma la grande rivoluzione digitale ci impone riflessioni più ampie. Senza mai perdere di vista la qualità della scrittura e delle fonti.

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