«La trap comunica tutti i valori, dalla solidarietà all’odio». A dirlo è 20p, artista emergente della scena musicale che, negli ultimi tre anni, ha dominato le classifiche. E proprio la trap è diventato uno degli argomenti finiti sotto i riflettori in seguito alla tragedia di Corinaldo, dove sei persone hanno perso la vita nella discoteca Lanterna Azzurra mentre aspettavano l’arrivo di Sfera Ebbasta, il patriarca italiano di questo genere. In molti hanno indagato sui testi cantati dai trapper e alcuni hanno rivolto aspre critiche nei loro confronti.
Prima di analizzare il suo sviluppo nel corso della storia della musica, va sottolineato che il termine “trap” non ha un’origine certa e univoca. L’aspetto a cui questo genere è maggiormente legato è la cosiddetta “trap house”, appartamenti dove si spacciava droga. Durante le pause tra una “transazione” e l’altra si componeva musica tramite una drum machine chiamata TR 808, in sostanza un dispositivo con dei suoni pre-registrati di batteria digitale. «Questo è il motivo per cui – sostiene Andrea Caldieri, producer di professione – specialmente ai suoi albori, i suoni della trap erano tutti molto simili». Un altro significato del termine trap deriva dal concetto di “trappola”, perché i contenuti sono quelli di persone che si ritrovano incastrati nella vita di strada,intrappolati dalla droga che cucinano, consumano e vendono.
La trap è un sottogenere del rap che inizia a svilupparsi negli Stati Uniti nei primi anni 2000, ma che si afferma definitivamente a partire dal 2012, quando comincia ad assumere connotati musicali riconoscibili. I brani, caratterizzati da un tempo più lento rispetto al rap tradizionale, si basano principalmente sui suoni di bassissima frequenza della TR 808, intorno ai 50-80 Hz.
La trap diventa un fenomeno di massa attraverso artisti come Future, proveniente da Atlanta (considerata la città nativa del genere) e Chief Keef, di Chicago. In particolar modo, Future ha istituzionalizzato l’utilizzo dell’autotune (strumento che corregge l’intonazione e maschera le imperfezioni della voce) nella trap ed è ormai diventato marchio di fabbrica di questo stile musicale.
In Italia la trap esplode intorno al 2016, specialmente grazie a Sfera Ebbasta, il quale ha importato per primo il modello americano, imponendosi sul mercato italiano e facendo da apripista ad artisti come Tedua, Capo Plaza, Ghali, Achille Lauro, Dark Polo Gang e altri.
La trap italiana, dunque, discende in maniera evidente da quella americana. «Abbiamo un sacco di riferimenti – ci dice Ferdinando Amman, produttore discografico attivo nella scena hip-hop – sia a livello sonoro e acustico sia a livello contenutistico che ci ricordano questa provenienza. Si ritrovano un sacco di similitudini. Le particolarità della trap italiana sono evoluzioni dipendenti da quelle della trap americana».
Negli Stati Uniti l’avvento della trap ha aumentato – nonostante fosse già presente come tema, seppur in quantità minore – l’ostentazione della fama e dei soldi.Infatti, fino a quel momento il rap americano si concentrava di più sulle condizioni disagiate da cui i cantanti riuscivano ad emergere. In Italia,invece, il rap non è arrivato come suono del ghetto e degli emarginati e l’ostentazione del successo materiale non è quasi mai stato tra le tematiche principali delle canzoni. Con l’importazione della trap, invece, arriva anche nel nostro Paese quell’atteggiamento di esibizione dei beni materiali posseduti.
Di conseguenza, assume sempre più importanza e presenza nei testi trap la volontà di parlare di tutto ciò che di edonista porta il successo: lusso, soldi, macchine, orologi, droghe e belle donne. Senza tuttavia dimenticare il percorso che ha condotto alla fama. «Si parla di essere balordi di strada – dichiara Airon Nik, artista emergente della scena trap – ma non più poveri come negli anni‘90, bensì come persone che hanno i soldi e ostentano questa cosa. Hanno i contatti, pensano ai soldi, vogliono correre, hanno il “ghiaccio addosso” dato dal freddo delle collane, degli orologi, dei diamanti. Sono esaltati dal fumare e dal drogarsi, dal fatto che le tipe degli altri vogliono te. È diventata un’esaltazione continua di se stessi».
Contenuti da una parte. E valori dall’altra. Sì, perché non sempre le due cose vanno a braccetto. E non sempre da uno discende l’altro. Che i temi della trap siano in una certa misura superficiali risulta abbastanza evidente. Tuttavia, non rispecchiano in pieno le virtù che, attraverso questo genere, gli artisti cercano di trasmettere. I cantanti trap parlano, come già detto, di successo e di tutto ciò che di materiale si può ottenere da esso, mettendo in secondo piano le loro origini e il modo in cui sono giunti alla fama. Privilegiano il punto di arrivo rispetto a quello di partenza, a differenza dei rapper che invece si concentrano principalmente sulle proprie radici, a costo di risultare maggiormente crudi e soprattutto violenti.
Molti dei cantanti trap sono partiti da condizioni familiari e sociali non semplici, situazioni che li hanno spinti nel mondo della criminalità minore: furti e spaccio. Seppur parli di contenuti disimpegnati, l’artista appartenente a questo genere musicale comprende e compatisce un ambiente in cui domina il disagio e l’emarginazione, proprio perché la sua carriera è partita da lì. Una volta raggiunta la fama, tuttavia, è tempo di parlare dei risultati tangibili. «La trap comunica tutto», afferma sempre 20p. «Che poi si tratti valori, emozioni, sensazioni istintive, esperienze o robe più pensate poco importa».
La predilezione per temi frivoli, tuttavia, non implica la mancanza di competenza, sia comunicativa sia musicale, degli artisti della scena trap. «Mi è capitato spesso – dice Ferdinando Amman –di lavorare con ragazzi che avessero un’idea chiara della sonorità che volevano ottenere». «E spesso – prosegue il produttore – erano delle sonorità che presentavano contrasti tra frequenze molto squillanti come campanelle o plack, in contrasto con le frequenze molto basse dell’808. E questo crea un respiro che, a mio parere, è molto tipico di questo genere».
A differenza della maggior parte della scena rap, la trap ha conquistato notevole spazio negli ambienti limitrofi al circuito musicale, come quello dei club e dei locali. «Rispetto al rap – afferma 20p – la trap è una musica molto più da discoteca. È molto più ballabile, ha portato nuove mosse, nuovi immaginari, nuovi vestiti». Un ulteriore motivo, probabilmente, per il quale la trap necessita soprattutto di contenuti poco seri. Essendo le sue basi molto più orecchiabili rispetto a quelle del rap a cui siamo sempre stati abituati, la maggior parte dei testi scritti ha bisogno di non essere pesante, ma deve indurre le persone a lasciarsi andare, anche in una pista da ballo.
Il testo, dunque, non può prescindere dal sound. Un suono che attira l’orecchio dell’ascoltatore, ma anche quello dell’artista stesso. La trap sta diventando sempre più un fenomeno, ancor più che un genere. Molti, infatti, concordano sul fatto che sia«difficile incanalare un artista in maniera precisa in questo genere», poiché «ciascun artista slitta tra un genere e l’altro con un pezzo». La prova che la trap rappresenta una tendenza sta nel fatto che alcuni rapper della vecchia scuola, Gué Pequeno tra tutti, si stanno mettendo alla prova con le sonorità portate da questa nuova scena.
(Andrea Bonafede e Lucio Valentini)