Parasite: la recensione (spoiler) del film che ha cambiato gli Oscar

Attesa per la serata del 7 maggio su Sky Cinema la prima tv di Parasite, il film del regista coreano Bong Joon Ho che si è aggiudicato quattro premi Oscar, tra cui l’ambito miglior film, assegnato per la prima volta nella storia a una pellicola in lingua non inglese.

L’iconica scena dell’alluvione

Di seguito la trama e la recensione spoiler.

Corea del Sud, 2019. Regia di Bong Joon Ho. Interpreti: Hye-jin Jang, Kang-ho Song, Lee Sun-kyun, Cho Yeo-Jeong, Choi Woo-sik, Park So-dam.

Trama

La famiglia Kim – padre, madre e due figli – vive in un seminterrato ed è sotto la soglia di povertà. Per cercare di sopravvivere svolge lavori saltuari, fin quando a Ki-woo, il figlio maschio, non viene proposta un’occupazione. Il suo amico Min-Hyuk, in partenza per l’estero, gli suggerisce di fingersi uno studente universitario e prendere il suo posto come tutor d’inglese per la figlia di una ricca famiglia, i Park. Dopo aver ottenuto il lavoro, Ki-woo, attraverso una serie di inganni, riesce a far assumere dalla famiglia Park tutti i suoi familiari. Sembra tutto perfetto, ma la precedente governante (licenziata a favore della madre di Ki-woo) nasconde nel bunker della casa dei Park un segreto: suo marito, indebitato e in fuga dagli usurai.

Recensione

Parasite è un film destabilizzante, che fa dei contrasti e delle contraddizioni (il genere dramedy nel quale è stato catalogato ne è una conferma) i suoi punti di forza.

Lo spartito della storia sembra ben chiaro a tutti, meno che al pubblico. Bong Joon Ho gioca molto su questo, guida lo spettatore celandogli per buona parte la direzione che il film vuole prendere. La pellicola inizia infatti quasi sotto ritmo, e nella prima parte risulta essere una commedia, forse neanche troppo ben riuscita. La trama è semplice: una famiglia povera che per sopravvivere inganna una famiglia benestante.

La svolta, quando arriva, travolge come un fiume in piena il film, proprio come l’alluvione travolge e allaga il seminterrato dei Kim. Neanche Ki-jeong, seduta sul water mentre fuma una sigaretta, riesce a trattenere i liquidi provenienti dalle fogne. I problemi vengono a galla.

Stupisce il fatto che non sia la scoperta in sé del bunker e del suo inquilino a essere il colpo di scena, ma tutto quello che ne scaturisce. L’inganno orchestrato da Ki-woo sta per naufragare, l’istinto di sopravvivenza prende il sopravvento e il parassita pur di rimanere aggrappato alla propria preda commette atti deplorevoli. La lotta di classe si trasforma in un tutti contro tutti, molto più in linea con la società individualista dei nostri tempi. E alla fine è proprio quella voglia di realizzarsi come individuo che accompagna lo spettatore nel sogno ad occhi aperti di Ki-woo. Una flebile speranza di scalata verso il successo, vista tante volte sul grande schermo sottoforma di sogno americano, ma mai nell’inedito sistema delle caste sud-coreano.

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