Oscar 2020, l’edizione che entra nella storia del cinema

«Se il tifo nasce dagli occhi dico 1917. Se nasce dal cuore dico Joker. Se nasce dalla testa dico Parasite». Con questa frase Gianni Canova (a questo link la sua video intervista), critico cinematografico e rettore dell’Università IULM di Milano, ha fatto la sua previsione e ha sancito l’inizio della diretta televisiva di Sky della notte degli Oscar 2020. E alla fine la testa ha vinto, ma lo ha fatto in un’edizione che è stata tutta cuore. Tra eventi memorabili e prime volte, questa 92esima dell’Academy Award si colloca con orgoglio nella storia del premio cinematografico più antico e prestigioso al mondo.

Le polemiche degli scorsi anni secondo cui le porte del Dolby Theatre erano chiuse alle diversità, di genere, di razza e di stile, hanno trovato sostegno dall’Academy stessa proprio con il successo di Parasite. La pellicola ha portato a casa quattro statuette d’oro per le categorie più ambite: miglior sceneggiatura originale, miglior regia al coreano Bong Joon-ho, miglior film straniero e incredibilmente miglior film. Una vittoria, quest’ultima, che ha sorpreso l’arena intera e gli spettatori di tutto il mondo. Parasite, primo titolo sudcoreano mai candidato agli Oscar, è così anche il primo film non in lingua inglese a vincere il massimo premio del cinema statunitense. A dimostrare che Hollywood riconosce il vento del cambiamento anche la statuetta per miglior sceneggiatura non originale a Taika Waititi, regista neozelandese di Jojo Rabbit, primo indigeno a vincere l’ambito premio.

Scena memorabile della serata è proprio il discorso di ringraziamento di Bong Joon-ho per il premio alla regia. «Quando ero giovane e studiavo cinema, c’era un detto che avevo scolpito nel profondo del mio cuore: “più è personale, più è creativo”. Quella citazione è del nostro grande Martin Scorsese». Il suo omaggio è stato accolto da tutta la platea che si è alzata per una standing ovation al cineasta americano. Ha poi continuato il tributo ai suoi colleghi: «Quando le persone negli Stati Uniti non avevano familiarità con i miei film, Quentin Tarantino li metteva sempre nella sua lista- Lui è qui, grazie mille. E Todd Phillips e Sam Mendes, grandi registi che ammiro. Se l’Academy lo consente, vorrei dividere il mio Oscar in cinque».

 

Come preannunciato dai pronostici, la statuetta per miglior attore protagonista è di Joaquin Phoenix, alla quarta nomination della sua carriera, per la sua magistrale interpretazione in Joker, che ha entusiasmato il mondo del cinema, tanto da vincere il premio per la stessa categoria ai Golden Globes, ai Critics Choice Awards, ai BAFTA e ai SAGAwards. Per la sua prima volta sul palco del Dolby Theatre, ha dedicato il suo discorso alla lotta per i diritti che dovrebbero essere garantiti a tutti e alla prepotenza dell’uomo che pensa di essere il centro del mondo. Ha concluso ricordando suo fratello River, morto a causa di un’overdose a soli 23 anni, emozionandosi ed emozionando: «Quando mio fratello aveva 17 anni ha scritto queste parole: “corri verso il rifugio con amore e troverai la pace”».

 

Tra le aspettative confermate della serata, oltre a Reneé Zellweger come miglior attrice protagonista per la sua Judy Garland, la statuetta d’oro a Brad Pitt. La sua interpretazione di Cliff Booth in C’era una volta a… Hollywood, gli è valso il premio di miglior attore non protagonista, il suo primo per un ruolo di fronte alla macchina da presa. Lo ha vinto nel 2014 per la produzione di 12 anni schiavo nella categoria di miglior film. La prima persona che ha abbracciato è Leonardo Di Caprio, suo fedele compagno sul set, prima di salire sul palco a dedicargli un pensiero: «Non potrei non essere tuo amico». La pellicola di Quentin Tarantino ha vinto anche nella categoria di miglior scenografia.

Brad Pitt con il suo Oscar per miglior attore non protagonista

Se il trionfo di Parasite è simbolo di una crescente trasformazione di Hollywood, ci sono altre piccole testimonianze, seppur meno determinanti, a dimostrare il cambiamento in corso. Netflix, che nell’edizione precedente è stato percepito come il grande nemico e ha frenato il successo di Roma di Alfonso Cuarón, quest’anno vanta la prima statuetta per un attore con Laura Dern per Storia di un matrimonio nella categoria di miglior attrice non protagonista. Hildur Guðnadóttir è la prima compositrice donna a vincere per miglior colonna sonora nel film Joker.

Forse rimane un po’ di amaro in bocca per Martin Scorsese, che di dieci nomination non porta a casa nemmeno una statuetta e per le vittorie mancate di 1917 di Sam Mendes, di dieci possibili premi se ne aggiudica solo tre per categorie minori (sonoro, fotografia ed effetti speciali). Ma tutti sembrano essere felici dei nuovi arrivati che conquistano la massima istituzione del cinema mondiale. Il vero vincitore alla fine è sempre il cinema, che, come ha affermato Gianni Canova, «ci permette di sopportare quella cosa terribile che è la realtà».

Alessia Conzonato

25 anni, dalla Toscana a Milano per seguire la passione del giornalismo. Laureata in Comunicazione, media e pubblicità alla IULM, ora frequento il Master in giornalismo e quindi scrivo per Master X. Sogno di fare inchiesta, ma amo anche il cinema.

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