Siamo tutti adulti e maturi fino a quando qualcuno non tocca i cartoni della nostra infanzia. Dall’inizio del 2021 ad oggi, Netflix ha pubblicato due serie, entrambe di notevole successo, che hanno fatto bollire gli animi degli spettatori di tutte le età. Ma le storie in questione, Lupin e Fate: The Winx Saga, sono solo gli ultimi prodotti di un percorso di live action iniziato dal mondo Disney parecchi decenni fa. A settembre 2020 poi, Mulan, il film, diede il via a un numero pressoché illimitato di commenti e proteste, mentre la discussione sull’idea di ingaggiare un’attrice di colore per il ruolo della Sirenetta movimentò per giorni i social.
Eppure il mondo dei live action vanta una storia più lunga della vita stessa dei social. Nel 1994 infatti, la Disney usciva con il film d’animazione originale Il libro della giungla, mentre nel 1997 gli spettatori conoscevano per la prima volta la versione “umana” de La carica dei cento e uno. Al tempo però, forse perché ancora non fenomeno di massa, nessuno vi aveva prestato troppe attenzioni. I live action più conosciuti arriveranno solo con dieci anni di ritardo. Il primo fra tutti è Alice in Wonderland di Tim Burton, seguito da Maleficent nel 2014 e da Cenerentola nel 2015 di Kenneth Branagh, regista di Titanic. Solo nel 2019 poi, la Disney ha deciso di aggiungere quattro nuovi titoli alla lista tra cui Il re leone, richiamando nelle sale cinematografiche spettatori di qualsiasi fascia d’età. Forse nella speranza che almeno questa volta Simba riuscisse a salvare il padre.
Live action come adattamenti, non trasposizioni
“Io credo che questi lavoro non vadano visti come una trasposizione, ma come un adattamento cinematografico, così come è stato fatto con i fumetti della Marvel”. A parlare è Maurizio Merluzzo, doppiatore e youtuber famoso per aver prestato la voce a protagonisti e non come Diego de Umbrella Academy, Zachary Levi nel film Shazam! e Travis Fimmel in Vikings. Un numero così alto di personaggi da ammettere lui stesso di non ricordarli tutti “Mi perdoneranno” scherza. “Se quando guardi un film continui a dirti: ‘Ah ma quello non lo fa nel fumetto’ allora non ne esci più e non ti godi nemmeno il film”. Un live action infatti fa parte di un mondo nuovo, di un universo a parte che è quello del cinema.
Tra le varie domande è giusto chiedersi cosa spinga registi e sceneggiatori a creare in continuazione live action. Mancanza di idee o necessità di modernizzare senso storie che hanno ormai più di 60 anni? “Un autore è liberissimo di prendere un fumetto o un cartone e di ricrearlo seguendolo alla lettera, ma in quel caso non aggiungerà nulla di nuovo. Io l’ho già vista quella storia, la conosco già”. Aggiunge Maurizio Merluzzo: “Sono necessari un riadattamento e una nuova chiave, che se non sarà corretto scatenerà l’ira dei fan. Ma se invece si dovesse dimostrare la via giusta potrebbe creare un ottimo prodotto. Poi sai, dipende anche dal punto di partenza. Io credo che la fedele trasposizione di un fumetto sia il cartone animato, c’è poco da fare, perché colori e ambientazioni sono riproducibili solo con un altro disegno. Già è diverso con un libro perché in quel caso ti viene creato l’immagine che tu idealizzavi e che non esiste già, al di fuori della descrizione, che comunque non ha tratti ben definiti e che gli permette di trasformarsi in tutto”.
L’esempio positivo di Fate: The Winx Saga
L’ultimo live action di casa Netflix è un esempio di riadattamento funzionante. La serie è stata anticipata di gran lunga dalla fama del suo cartone. Per coloro che sono cresciuti sognando di avere le ali e la magia delle Winx, è stato difficile accettare l’idea che qualcosa potesse cambiare. Eppure, preso come prodotto singolo, indipendente dalla sua animazione, Fate: The Winx Saga si dimostra un prodotto ben riuscito. Il punto di vista in questo caso è innovativo con un nuovo filo conduttore più moderno. Tutto è spiegato se si prende il tempo di studiare bene la storia. L’assenza di Tecna, una delle protagoniste del cartone, è giustificata dalla scelta di abbinare la magia alla forza della natura, e la tecnologia (potere della fata mancante) non trova spazio. La scelta poi di inserire Terra anziché Flora come fata dei fiori ha inizialmente fatto molto discutere, considerata una decisione basata sul politically correct (Terra è infatti impersonata da un’attrice curvy). Ma anche questo piccolo disguido viene nascosto da un personaggio ben scritto e ben pensato. Insomma, non tutto è sempre perduto.
Certo, dopo 17 anni e una generazione cresciuta a pane e magia, ritrovarsi un prodotto come quello realizzato da Netflix ha significato al tempo stesso un tuffo sei ricordi e la paura di vedere quel passato completamente rimescolato. Per intenderci stiamo parlando della stessa generazione che ha dovuto sopportare che la trilogia musicale targata Disney “High School Musical” venisse convertita in una serie tv dedicata ai ragazzi più giovani. In un certo senso è come se i bambini di oggi crescessero con la serie ispirata a “Dirty Dancing” credendolo meglio dell’originale. O come se improvvisamente a qualcuno venisse l’idea di trasformare “Lady Oscar” in un film, anche se quello in realtà è già stato fatto, ma il successo ha lasciato il tempo che trovava.
E forse a volte proprio il fatto che questi cartoni esistano “da sempre” rende ancora più difficile accettare l’idea di vederli cambiati, modificati, portati al reale. È nella natura umana cercare di tenere immutabile ciò che in un certo senso ha fatto da base alla nostra vita. “Quando vediamo che sta per uscire la trasposizione di un libro che abbiamo letto o di un cartone che abbiamo visto siamo colpiti da una doppia emozione. – Commenta Merluzzo. – Da una parte non vediamo l’ora di vederlo, mentre dall’altra abbiamo paura che possano rovinare quella storia che abbiamo imparato ad amare. Ma la cosa importante è capire la chiave di lettura, e se tutto sommato quella trasposizione è venuta bene prendi quel prodotto a sé e apprezza l’omaggio che è stato fatto all’opera originaria”.
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Il caso Dragonball Evolution
Il live action del cartone più famoso della storia è invece un esempio di prodotto invece mal riuscito, vittima di numerose polemiche da parte dei fan e dei critici stessi. Uscito nel 2009, Dragonball Evolution è stato segnato da una storia abbastanza travagliata. Inizialmente per la sceneggiatura aveva dato il suo supporto anche il fumettista giapponese Akira Toriyama, padre dei manga Dragon Ball e Dr. Slump. I suoi consigli però non sono stati seguiti né ben accolti dal regista e così, dopo aver visto il progetto concluso, si è allontanato dal lungometraggio addirittura rifiutandolo e bocciandolo.
“Questo film è il palese esempio di una chiave di lettura il più sbagliata possibile. E in quel caso allora sì che devi accettare tutte le critiche che ti vengono mosse. Okay non essere fedeli, ma stravolgere completamente il prodotto è un passo esagerato”. Sicuramente poi bisogna tenere anche un occhio sul cartone da cui si sta partendo, perché non tutti i prodotti saranno sempre ben accettati dal pubblico se trasportati nell’universo cinematografico. “Dopo quarant’anni di storia Dragonball è diventato una pietra miliare intoccabile e se sbagli lì sbagli tutto. Per questo prima bisognerebbe studiare con cura ciò che si vuole andare a riscrivere, e dopo aver capito l’importanza di questo cosa vedere quanto e come puoi permetterti di reinterpretare”.
Essere doppiatori con Maurizio Merluzzo
Nato a Prato, si è appassionato al mondo del doppiaggio fin dall’infanzia, scegliendo così di percorrere fin da subito la carriera attoriale frequentando il gruppo teatrale della scuola. Con il sostegno poi di Aldo Stella, ha studiato al Centro Teatro Attivo di Milano specializzandosi in doppiaggio. Maurizio Merluzzo quindi non è solo uno spettatore ma da anni ormai naviga a 360° nel mare magnum di serie tv, cinema e cartoni. La sua voce ci ha fatto compagnia, senza che noi lo sapessimo, da ormai quasi 15 anni. Oltre all’esperienza come speaker ufficiale dell’emittente Disney XD dal per dieci anni dal 2009 al 2019, ha donato, come dice lui stesso, un’anima alle animazioni.
“I cartoni animati a differenza di un film, nonostante il nome, non hanno un’anima e quindi quando si va a doppiare un cartone animato bisogna mettere anche quella oltre alla voce. Per un live action però il doppiaggio può essere più complicato perché magari la mia voce funziona sul cartone ma non sull’attore scelto per il film, e in tal caso potrebbe risultare una forzatura doppiare sia cartone sia l’attore del live action. Certo, se mi chiedessero di doppiare il mio personaggio preferito probabilmente lì sì che il combattimento emotivo sarebbe forte. Da una parte infatti sarebbe bellissimo, dall’altra rischierei di spoilerarmi il film mentre lo sto doppiando. E mi è successo, e posso garantire che non è bello (ride, ndr)”.
Ma non solo cartoni. Tra le difficoltà iniziali, Maurizio Merluzzo è riuscito ad ottenere anche qualche riconoscimento dagli attori che ha doppiato, oltre dai fan che lo seguono sulle varie piattaforme.
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