Il Museo Egizio di Torino è una delle molte eccellenze italiane in ambito culturale. La sua fama travalica i confini nazionali. Ma ha anche un primato: si tratta del più antico museo egizio del mondo. Fondato nel 1824, il polo torinese compirà 200 anni nel prossimo 2024. Per celebrare degnamente questo grande traguardo, il 25 ottobre 2023 sono stati presentati alcuni dei progetti che, nei prossimi mesi, contribuiranno a rivitalizzare questa antica istituzione.
Prima dell’Egizio
Tutto cominciò all’indomani della campagna di Napoleone in Egitto, nel 1798. L’allora generale francese, guidando le sue armate in quello che era un territorio chiave per gli scambi commerciali tra la Gran Bretagna e la lontana India, portò con sé molti studiosi. Il Paese sulle sponde del Nilo ha sempre avuto un fascino irresistibile, anche e soprattutto grazie all’alone di mistero che circondava una civiltà perduta da millenni. Ma in epoca illuminista il mistero non era cosa gradita. La ragione e la scienza avrebbero rivelato i segreti di quel popolo scomparso.
Accanto agli studiosi, però, c’erano altre figure, spinte da ideali meno elevati. Le antichità egizie, percepite come raffinati oggetti esotici dall’aristocrazia e dall’alta borghesia europee, potevano fruttare parecchio sul mercato dell’arte. E così molti personaggi, di norma ex diplomatici o avventurieri, presero a sfruttare quel commercio in maniera intensiva.
Drovetti, Carlo Felice e la nascita del Museo
Tra loro c’era Bernardino Drovetti, piemontese di nascita e console di Francia in Egitto durante l’occupazione napoleonica. Una volta conclusa la parabola dell’imperatore corso e ristabilita la pace in Europa, di fronte a un fiorente mercato di antichità egizie, Drovetti propose in vendita al governo parigino la sua immensa collezione. Oltre 7 mila reperti, dai monili alle statue di granito, dai papiri alle mummie. Ma la Francia non accettò.
A dire di sì all’ex console fu invece l’allora re di Sardegna, Carlo Felice di Savoia, che nel 1824 ricevette con tutti gli onori le centinaia di casse provenienti dalla Valle del Nilo. Aveva pagato 400 mila lire, più di due milioni di euro attuali. Gli oggetti vennero portati a Torino e consegnati all’Accademia delle Scienze, che li ripose nella sua storica sede di Palazzo dei Nobili. Quei 7 mila reperti sono ancora lì, insieme agli altri 5 mila che nei 200 anni successivi si sono man mano riversati nel capoluogo piemontese grazie a lasciti, donazioni e soprattutto campagne di scavo.
Un nuovo volto per l’Egizio di domani
Due secoli non sono pochi, sia dal punto di vista temporale sia da quello materiale. Le sale che nel 1824 ospitavano la collezione non sarebbero compatibili con le moderne esigenze scientifiche e espositive. Su questo il Museo Egizio è sempre stato attento e all’avanguardia, rinnovando spesso gli spazi e le mostre. Nel 2015 c’è stato un restyling interno molto esteso. Nel 2021 è stata inaugurata una nuova mostra permanente che si interroga sulla natura dei resti umani in ambito museale.
Ora, in corrispondenza del 200° anniversario, saranno soprattutto gli spazi esterni a subire un’opera di riqualificazione. In particolare, il cortile interno di Palazzo dei Nobili cambierà volto. Il progetto, realizzato dallo studio Oma di Rotterdam, prevede la realizzazione di uno spazio su due livelli, accessibile direttamente dalle strade circostanti e in maniera gratuita, che ospiterà il nuovo bookshop, la biglietteria, un bar e un giardino egizio coperto, popolato di piante tipiche della Valle del Nilo. E, soprattutto, che darà accesso a uno dei “reperti” più singolari del museo.
Nuova vita per il tempio di Ellesija
A Torino c’è un pezzo di Nubia, l’antico nome per quello che oggi conosciamo come Sudan. E quando diciamo “un pezzo” intendiamo una vera e propria sezione di un antico promontorio, al cui interno è stato scavato un piccolo ambiente. Si tratta del tempio di Ellesija, il più antico santuario rupestre nubiano.
Ma perché si trova a Torino? A metà del secolo scorso il governo egiziano edificò una grande diga ad Assuan per controllare il flusso delle acque del Nilo. L’effetto collaterale fu la formazione di un grande bacino artificiale, il Lago Nasser, che sommerse tutte le vestigia dell’antica civiltà egizia a sud del cantiere. A essere condannati, in teoria, erano anche i due splendidi templi di Ramses II ad Abu Simbel. Ma, grazie a uno sforzo internazionale, fu possibile smontarli e ricomporli più in alto, salvandoli dalle acque del fiume. Per sdebitarsi con l’Italia, che fu tra i principali contributori di quella impresa, Il Cairo donò nel 1966 al museo di Torino il piccolo tempio rupestre, che proprio un team italiano aveva salvato l’anno prima.
Dal 1970 il tempio di Ellesija fa bella mostra di sé al piano terreno dell’Egizio. Grazie al restauro che partirà nel 2024, il piccolo santuario sarà reso fruibile al pubblico in maniera gratuita, con l’accesso diretto dal nuovo cortile.
La linea del direttore
Sulla gratuità di alcuni ambienti e percorsi insiste il direttore dell’Egizio, Christian Greco, che in una recente intervista ha affermato di voler rendere gratis l’accesso al museo entro il 2028.
Greco non è nuovo a iniziative volte a una maggiore apertura della collezione ai visitatori. La sua instancabile opera di promozione ha dato i suoi frutti, portando a un massimo storico di 898.500 ingressi nel 2022.
A volte, però, il suo attivismo lo ha esposto a critiche. Come alla fine di settembre, quando una tariffa speciale per le famiglie di lingua araba risalente al 2018 è stata oggetto di polemiche politiche. Alcuni esponenti piemontesi di Lega e Fratelli d’Italia hanno chiesto la rimozione del direttore dal suo incarico. Dopo giorni di fuoco è stato il ministro della cultura, Gennaro Sangiuliano, a spegnere l’incendio, confermando di non volere alcun cambio di vertice nelle sale di Palazzo dei Nobili.
Spazi nuovi e spazi rinnovati
Tra le novità in arrivo al museo c’è anche una nuova sala immersiva, che troverà spazio nel seminterrato, progettata e realizzata in collaborazione con l’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova. Il visitatore verrà trasportato virtualmente in Egitto, all’interno del suo paesaggio, potendo così contestualizzare l’intera collezione in tempi e luoghi lontani e scomparsi da millenni.
A subire invece un radicale restyling sarà la Galleria dei Re, il grande spazio espositivo dedicato alle statue dei faraoni. Dopo anni di buio e luce artificiale, le due grandi sale riapriranno le finestre, restituendo ai volti dei sovrani egizi il piacere della luce naturale.
Cambierà invece destinazione il terzo piano, fino a oggi utilizzato per mostre temporanee. Qui sarà ospitata la nuova Galleria della Scrittura, uno spazio di 600 metri quadrati dedicato alle lingue e alle scritture dell’antico Egitto, geroglifici e non solo.
Un occhio di riguardo anche all’accessibilità: sono allo studio nuovi percorsi per le persone affette da disabilità e, in particolare, il Museo Egizio sta cercando di rendere fruibili le sue collezioni anche a visitatori non vedenti e non udenti.
Iniziative culturali dentro…
Oltre agli interventi materiali, il direttore Christian Greco e la presidente della Fondazione Museo Egizio, Evelina Cristillin, stanno organizzando molti eventi che possano accompagnare i festeggiamenti e le attività di ricerca. In particolare è partito un ciclo di conferenze, dal titolo “What is a museum?”, dedicato a una più ampia riflessione sul ruolo dei musei nel mondo contemporaneo. I relatori sono tutti direttori di enti e collezioni prestigiosissime, dal Rijksmuseum di Amsterdam al Museo del Prado di Madrid.
Dal 28 novembre al 1° dicembre 2023 è poi in programma un convegno internazionale dedicato al ruolo delle nuove tecnologie nell’archeologia e nella gestione delle collezioni museali contemporanee. “Im/materialities, Museums between real and digital” vedrà la partecipazione di decine di studiosi, curatori, neuroscienziati da tutto il mondo, con l’importante contributo di enti autorevoli come l’Mit (Massachussets Institute of Technology) di Boston, l’Università di Oxford e il Cern di Ginevra.
…e fuori dal Museo
L’Egizio è intimamente legato alla città che lo ospita, che ha scelto di inaugurare il nuovo anno nel segno della riconoscenza verso il suo museo. Il Capodanno 2024 sarà segnato dal tradizionale concerto in Piazza Castello, eseguito dalla Filarmonica di Torino e arricchito da installazioni video che richiameranno la storia millenaria della civiltà del Nilo e quella bicentenaria della collezione cittadina. L’evento, condotto da Alba Parietti, sarà trasmesso in tv sul canale Sky Classica.
Sono allo studio molte altre iniziative in giro per la città, i cui dettagli non sono ancora stati resi noti. Nel frattempo un team di esperti è al lavoro su una grande pubblicazione scientifica, che uscirà nell’autunno 2024, che ripercorra i due secoli di storia del Museo Egizio. Una storia che non si è mai fermata, nemmeno dopo le uniche due chiusure delle sale (durante la seconda guerra mondiale e la pandemia del Covid) e che ha reso il capoluogo piemontese un crocevia di conoscenze quasi senza eguali . Una storia, si spera, che vada avanti per almeno altri 200 anni.