Sembrava inarrestabile Emilia Pérez, il film di Jacques Audiard in corsa agli Oscar con 13 nomination. Aveva appassionato il pubblico la storia di Manitas del Monte, il narcotrafficante trans che sceglie di cambiare vita per diventare una donna. Ora, però, dopo aver vinto quattro premi ai Golden Globes, due al Festival di Cannes e cinque agli European Film Awards, il film è al centro di polemiche che potrebbero costargli sia la reputazione sia la vittoria delle statuette più ambite del cinema.
I TWEET RAZZISTI E ISLAMOFOBI

Karla Sofía Gascón, la protagonista di Emilia Pérez, è la prima donna apertamente transgender ad ottenere una candidatura agli Oscar come migliore attrice. Il tutto in un momento politico come questo, in cui le persone trans sono ripetutamente attaccate dal presidente americano Donald Trump che non riconosce la loro esistenza. Una sua vittoria lancerebbe un forte messaggio culturale nella lotta contro la discriminazione transgender. Ma adesso questa possibilità sembra sempre più remota e il motivo sarebbe il contenuto islamofobo e razzista di alcuni tweet che l’attrice ha pubblicato almeno cinque anni fa. È stata la scrittrice americana Sarah Hag a rintracciarli.

Nei tweet, l’attrice ha offeso l’Islam, i musulmani e i cinesi, passando a temi americani caldi come l’omicidio di George Floyd, l’uomo afroamericano ucciso da un poliziotto a Minneapolis nel 2020. A tal proposito scrive: «Davvero credo che a pochissimi sia importato di George Floyd, un drogato truffatore, ma la sua morte è servita a sottolineare che ci sono ancora persone che considerano i neri delle scimmie senza diritti e persone che considerano i poliziotti degli assassini. Tutto sbagliato». E poi l’attacco agli Oscar: «Gli Oscar assomigliano sempre di più a una consegna cinematografica indipendente e rivendicativa, non sapevo se stessi guardando un festival afro-coreano, una manifestazione Black Lives Matter. Un brutto galà. Manca solo dare un premio al cortometraggio di mio cugino, che è zoppo».
Dopo lo scandalo, l’attrice si è subito scusata: «Come membro di una comunità emarginata, conosco molto bene questa sofferenza e mi dispiace profondamente di aver causato dolore. Per tutta la vita ho lottato per un mondo migliore». In un successivo comunicato ha annunciato la chiusura del suo profilo X, dopo essere stata insultata e minacciata di morte. «Ho una figlia da proteggere» ha proseguito Gascón.
NETFLIX FA UN PASSO INDIETRO
Le scuse non sono bastate a Netflix. La piattaforma, che ha prodotto e distribuirà il film Emilia Pérez negli Stati Uniti, in Canada e nel Regno Unito, ha deciso di smettere di promuovere l’attrice, eliminandola dagli annunci pubblicitari. Non le ha pagato né viaggi né alloggi per le iniziative programmate prima dell’inizio degli Oscar, il tre marzo. Infatti, anche se le votazioni degli Oscar si sono concluse a gennaio, queste settimane sono importanti per migliorare la visibilità dei candidati. Ma, per evitare che le polemiche abbiano ripercussioni negative sul film, Netflix ha deciso di tenere Gascón lontana dai riflettori. L’attrice non parteciperà neanche ai Critics Choice Awards (in cui è nominata come miglior attrice) e ai Directors Guild of America Awards.
Sofía Gascón era già stata attaccata nei giorni scorsi per alcune sue dichiarazioni contro Fernanda Torres, protagonista di Io non sono qui e anche lei candidata all’Oscar come miglior attrice. Secondo Gascón, i collaboratori di Torres avrebbero parlato male di lei e del suo film. Questo violerebbe la policy dei nominati agli Oscar, che non dovrebbero fare dichiarazioni negative gli uni sugli altri.
IL FILM PARODIA DI EMILIA PÉREZ
A chiudere il cerchio delle polemiche, quella che arriva direttamente dal popolo messicano. Infatti, nonostante la storia parli di un boss messicano dei cartelli della droga e sia ambientato in Messico, la produzione del film è tutt’altro che fedele. Il film del regista francese Jacques Audiard, è stato girato per la gran parte in Francia e per solo cinque giorni in Messico. Oltre a questo, all’interno ci sarebbe un’inesattezza nel rappresentare il paese messicano e la sua cultura, con elementi stereotipati e superficiali che saltano all’occhio ai veri messicani, ma non alle giurie internazionali che valutano le pellicole.

Ecco perché la regista trans messicana Camila Aurora ha reagito, realizzando un film satirico contro i francesi chiamato Johanne Sacrebleu. Lo sceneggiato dura poco meno di mezz’ora e racconta la storia d’amore tra gli eredi trans di due famiglie francesi rivali che nella vita producono rispettivamente croissant e baguette. Gli stereotipi dominano la scena tra baffi finti disegnati col pennarello, berretti e magliette a righe. Lo sceneggiatore Héctor Guillén, che ha contribuito a scrivere Johanne Sacrebleu, ha definito Emilia Pérez «una presa in giro razzista ed eurocentrica».