Il mese di febbraio 2024 si apre con nuovi disordini nelle carceri italiane. Nella giornata di ieri, 4 febbraio, si è registrato un suicidio nel Cpr di Ponte Galeria a Roma, ma anche altri due suicidi nei penitenziari di Verona e Caserta. Così, salgono a 15 le persone che si sono tolte la vita nelle carceri nei primi 35 giorni dall’inizio dell’anno, secondo i dati riportati da TgCom 24. Si tratta di avvenimenti tragici che ci obbligano nuovamente a sollevare diversi interrogativi: come si possono migliorare le condizioni nelle carceri? Il decreto Cutro può realmente risolvere le questioni nei Cpr? Quale dovrebbe essere lo scopo primo della detenzione?
Roma, Caserta e Verona
Era dal 27 gennaio 2024 che il ragazzo di 22 anni morto suicida ieri risiedeva nel quinto reparto del Cpr (Centro di permanenza per il rimpatrio) di Ponte Galeria, a Roma. Il suo corpo è stato trovato da una guardia all’alba: al suo fianco, un biglietto scritto a mano dove il giovane chiedeva che la sua salma fosse riportata in Africa. L’accaduto ha portato a disordini all’interno del Cpr, che si trova nuovamente al centro delle polemiche che ruotano intorno all’utilità dei Centri di permanenza. La notizia della morte del ventiduenne ha immediatamente innescato una guerriglia all’interno della struttura. Alcuni detenuti hanno incendiato materassi e biancheria lanciandoli contro gli operatori e i membri dell’esercito. Altri hanno tentato di distruggere le grate e le porte. Le forze dell’ordine hanno sostenuto che la guerriglia sia continuata per alcune ore. Sono rimasti feriti due carabinieri e un membro dell’esercito che è attualmente ricoverato in ospedale.
Ma la morte del ventiduenne africano nel Cpr non è l’unica che ha interessato il sistema carcerario negli ultimi giorni. Infatti, ci sono stati altri due suicidi in ventiquattro ore. Si tratta di un uomo di origini ucraine di 38 anni nel carcere di Verona, ed è il quinto caso in tre mesi. Ma anche un uomo disabile di 59 anni si è suicidato nel carcere di Carinola, a Caserta. Ilaria Cucchi, vicepresidente della Commissione Giustizia di Palazzo Madama, evidenzia la preoccupazione nei confronti di un trend che sembra in costante aumento. Si richiama l’attenzione sul sistema carcerario italiano, soprattutto si riaccendono le preoccupazioni intorno al sovraffollamento delle carceri e all’utilità delle leggi ad ora in vigore.
Le leggi in vigore
Per quanto riguarda i Cpr, le norme si allacciano alla modifica del decreto Cutro. Il ministro Piantedosi ha modificato il testo per l’ultima volta nell’autunno del 2023. Nonostante le diffuse critiche, per il trattamento riservato ai minori, ci sono altri aspetti che rispecchiano le problematiche di questi giorni. Infatti, il tempo di permanenza nei Centri per il rimpatrio si è allargato, arrivando anche a 18 mesi. Inoltre, si stanno stanziando i fondi per la costruzione di altre 13 strutture. Il fatto di poter essere trattenuti nei Centri per un tempo maggiore non risolve la problematica inerente all’integrazione e al rimpatrio legale delle persone. Anzi, l’allungamento del periodo apre solo una nuova questione: il sovraffollamento in questi impianti, almeno fino a che non ne verranno realmente costruiti altri. Questo problema apre un ventaglio di nuove sfide, dall’aiuto alla persona, alla ricerca di personale, alle politiche di integrazione.
Per quanto riguarda le carceri, il discorso è più complesso, ma anche più ampio. L’Italia è stata condannata dalla Corte Europea per violazione dei diritti umani all’interno dei penitenziari per due volte, una nel 2009 e l’altra nel 2013. Nel 2023 ci sono state 11 proposte di legge, per far fronte ai principali problemi del sistema carcerario. Eppure, solo la proposta di Cecilia D’Elia (Pd) tocca la problematica del sovraffollamento. Secondo tale misura, il Ministero della Giustizia dovrebbe indicare il numero massimo di posti disponibili.
Michel Foucault
Il fatto che manchi, nel nostro Paese, un’attenzione reale al problema è emblematico di come viene considerata la pena in sé. Da un punto di vista sociale, scontare una condanna significa essere marginalizzati dalle varie comunità. Da un punto di vista penitenziario, significa portarsi per sempre una macchia addosso. Eppure, era lo stesso Michel Foucault – storico e filosofo francese – che, nel libro “Sorvegliare e Punire. Nascita della Prigione” (1971), spiegava quale dovesse essere l’obiettivo principale del sistema carcerario. Un obiettivo rieducativo, di reintegrazione, ma anche di scoperta, una reale opportunità.
Ed è proprio ciò che, secondo lo storico, differenzia le società medievali da quelle moderne: un tempo la pena veniva inflitta per denigrare, senza avere un’attenzione alla costruzione di un determinato tipo di società. Quelle moderne si dovrebbero quindi differenziare da questo sistema proprio grazie a un’attenzione maggiore nei confronti della persona, la cui rieducazione dovrebbe essere messa in primo piano.