Cinzia De Lio e Sabina Tuzzo: insegnanti e metodi che gli studenti non vogliono più

Docenti assenti, che vessano gli studenti, che non sanno andare oltre la lezione frontale. Studenti insoddisfatti, demotivati, depressi, pieni d’ansia, che nei casi peggiori arrivano a scagliarsi contro i propri insegnanti anche per futili motivi. Che cosa sta succedendo nelle nostre scuole? Nelle ultime settimane si sono susseguite diverse notizie che potrebbero trasformare la pausa estiva in una pausa di riflessione. A interrogarsi dovrebbe essere però il mondo adulto, perché i ragazzi invece «sanno benissimo che cosa non va bene e come andrebbe superato», spiega Carla Garlatti, Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza.

Cattivi maestri

Nei giorni scorsi, la professoressa Cinzia De Lio è stata destituita dal suo incarico dopo una lunga battaglia legale che si è conclusa in Cassazione. Era riuscita a mantenere il suo posto per 24 anni pur avendo lavorato –  e male –  solo per quattro di questi. La denuncia per l’inadeguatezza della docente era arrivata anni fa proprio dagli alunni.

Cinzia De Lio, professoressa assente per 20 anni su 24

La stessa cosa è successa a Sabina Tuzzo, docente dell’Università del Salento che è stata sospesa per quattro mesi, dopo che lo scorso febbraio gli studenti avevano scritto una lettera indirizzata al rettore Fabio Pollice e alla ministra dell’Istruzione e della Ricerca Anna Maria Bernini. L’accusa è di averli insultati durante gli esami e aver creato un clima di terrore, al punto che alcuni studenti avrebbero avuto bisogno di cure psicoterapiche per riprendersi.

Queste vicende dimostrano che i ragazzi sanno valutare i docenti e pretendono un nuovo tipo di insegnamento, adeguato sia dal punto di vista professionale che da quello umano. «Nella nostra ultima consultazione pubblica – dice la garante – è emerso che diversamente da quanto si può pensare gli studenti non sono contrari al voto, ma auspicano il superamento di certi metodi e un maggior riconoscimento della fatica e dell’impegno. Soprattutto adesso che subiscono ancora gli effetti del post pandemia».

Aumentano casi di depressione e ansia tra i giovani
La salute dei ragazzi

«Ci meritiamo di stare bene», hanno scritto gli studenti sugli striscioni delle manifestazioni organizzate dopo mesi di didattica a distanza. Sono scesi in piazza contro la società che predica il merito, i genitori che non sanno accettare gli insuccessi dei figli e le istituzioni, percepite come indifferenti.

Che i ragazzi abbiano motivi per lamentarsi lo dimostrano gli ultimi dati sul loro stato di salute. Atti di autolesionismo, tendenze suicidarie, depressione, ansia e disturbi alimentari hanno assunto una portata preoccupante. «Per esempio, l’anoressia nei maschi è aumentata addirittura di quattro volte rispetto al passato», aggiunge Garlatti. Tra le varie soluzioni prospettate c’è l’ipotesi di predisporre il sostegno psicologico di un professionista: «Già nel 2022, nello studio “Pandemia, neurosviluppo e salute mentale”, abbiamo proposto l’introduzione dello psicologo a scuola. Sicuramente potrebbe essere un supporto in più per intercettare le diverse forme di disagio».

Psicologo a scuola e corsi per i genitori

Lo psicologo sarebbe un efficace sostegno anche per docenti e genitori, che devono svolgere la complessa missione educativa. Tuttavia, non è sufficiente. «Se un ragazzo è demotivato o abbandona gli studi la colpa non è solo sua. Bisogna rendere la scuola più attrattiva, dare loro l’ascolto che chiedono. Contemporaneamente, si dovrebbero invitare madri e padri a seguire dei corsi per recuperare le loro carenze e fargli capire che la scuola è importante», dice ancora Garlatti.

La dispersione scolastica e le responsabilità degli adulti

In Italia, infatti, se da una parte ci sono studenti consapevoli che chiedono una scuola più attenta ai loro bisogni, dall’altra ce ne sono tanti altri che quando non vengono adeguatamente aiutati dall’insegnante finiscono per abbandonare la scuola. I dati Eurostat del 2021 sulla dispersione scolastica rilevano una media del 12,7% contro il 9% del resto dell’Unione Europea, con punte del 20% in alcune regioni del sud.

Numeri così alti mettono in discussione non solo docenti e metodi di insegnamento, ma l’intero sistema scolastico e la società. È ora di occuparsi di tutto quel capitale umano sprecato. È ora di offrire qualcosa di più alle nuove generazioni, di assumerci una responsabilità collettiva. Se vogliamo aiutare i nostri ragazzi a prepararsi alla vita, non basta cacciare i cattivi maestri. Dobbiamo diventare una comunità educante.

Elisa Campisi

SONO GIORNALISTA PRATICANTE PER MASTERX. MI INTERESSO DI POLITICA, ESTERI, AMBIENTE E QUESTIONI DI GENERE. SONO LAUREATA AL DAMS (DISCIPLINE DELL’ARTE DELLA MUSICA E DELLO SPETTACOLO), TELEVISIONE E NUOVI MEDIA. HO STUDIATO DRAMMATURGIA E SCENEGGIATURA, CONSEGUENDO IL DIPLOMA TRIENNALE ALLA CIVICA SCUOLA DI TEATRO PAOLO GRASSI.

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