La Bce rinvia stretta sui Npl, ma resta il rischio di un blocco del credito

Si profila un rinvio di qualche mese per l’entrata in vigore delle indicazioni della Bce sui Non performing loans (Npl), i crediti deteriorati. La contestata proposta formulata dalla presidente del Consiglio di vigilanza della Bce, Danielle Nouy, prevede la svalutazione automatica e integrale dei crediti in sofferenza nei bilanci bancari. In pratica tutte le banche dell’eurozona dovrebbero, a partire dal gennaio 2018, coprire con accantonamenti pari al 100% del valore i crediti deteriorati detenuti, entro due anni dalla loro classificazione come Npl se non garantiti, ed entro sette se garantiti.

Una mazzata per il sistema bancario italiano e di mezza Europa, ancora alle prese con l’eredità della crisi. Infatti, i crediti di difficile e impossibile realizzazione, ammontano a 843 miliardi in tutta in eurolandia, mentre in Italia rappresentano il 12% del totale dei crediti erogati, 76 miliardi di euro al netto degli accantonamenti a fine 2016. La quota si è probabilmente ridotta nel 2017, grazie alla più robusta crescita economica registrata e agli interventi fatti dal governo sulle banche in crisi, ma non è lontano dalla realtà ipotizzare che agli istituti di credito italiani sia richiesto uno sforzo di 50-60 miliardi. Una montagna di denaro che asciugherebbe la già scarsa liquidità concessa dalle banche alle imprese, con un impatto significativo sulla crescita nei prossimi anni.

Ora Nouy sembra fare parziale marcia indietro, almeno sulla tempistica dell’entrata in vigore della proposta, costretta dallo scontro istituzionale con il Parlamento europeo, che ha contestato la competenza della Vigilanza Bce su un provvedimento erga omnes che spetta al potere legislativo, e dalla contrarietà della Commissione. In particolare, l’esecutivo dell’Unione europea ha proposto che le nuove linee guida si applichino solo sui prestiti futuri, non su quelli esistenti. L’intervento del Parlamento europeo ha fatto vacillare la sicumera della Bce, forzata a rettificare. “Non ci saranno automatismi” hanno dichiarato a Francoforte, rendendo la guidance conforme alla separazione tra poteri delle istituzioni Ue: le sofferenze saranno valutate in relazione alla situazione specifica di ogni singola banca, con particolare attenzione alle coperture previste nei bilanci.

Nouy, da parte sua, ha escluso un intervento sui Npl esistenti, sconfessando le sue dichiarazioni precedenti, quantomeno improvvide, che hanno provocato nei giorni scorsi il ribasso dei listini borsistici delle banche europee. Ma il ravvedimento di Nouy sembra solo dettato dalle circostanze. Alla fine la soluzione del problema sarà politica: Germania e Francia hanno percentuali di Npl sul totale dei crediti molto più basse delle nostre, rispettivamente del 2.7% e 3.4%, e il loro orientamento in merito sarà decisivo.

A lanciare l’allarme sull’impatto dell’eventuale stretta creditizia sull’economia reale, e sulle pmi in particolare, è stata Confindustria. Ma davanti alle preoccupazioni esternate dall’associazione degli imprenditori, il capo della vigilanza Nouy non ha saputo rispondere, non avendo effettuato una stima sul potenziale effetto economico delle misure proposte. Gli Npl “se affrontati in tempo”, ha sottolineato la Bce, possono essere trattati adeguatamente, con effetti positivi sulla crescita. Un ragionamento tautologico: se ci fosse la crescita non ci sarebbero gli Npl. (MZ)

 

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