Il collezionista di reperti bellici: «Lo spirito degli italiani non è di combattere»

Una bandiera italiana con lo stemma dei Savoia è il cimelio di punta di una collezione di reperti che raccoglie e racconta gli anni più tragici del Novecento europeo. Giulio Pedrini, 90 anni quest’anno, è da sempre un appassionato di guerre mondiali. La Seconda l’ha anche vissuta nella piccola stazione di Borgo Ticino (NO), poco a Sud del Lago Maggiore dopo aver lasciato l’Istria (al tempo Italia).

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Una macchia di sangue testimonia la Ritirata di Russia

Era il gennaio 1943 e gli italiani, mal equipaggiati, a corto di rifornimenti e in preda a enormi sofferenze, intrapresero un lungo cammino nella steppa. Quella lunga marcia viene chiamata Ritirata di Russia. Nonostante la disperazione un soldato, di nome Donini, è riuscito a riportare una bandiera dell’allora Regno d’Italia in patria, nascondendola sul petto. Ferito, qualche goccia del suo sangue è rimasta impressa indelebilmente sul cotone, sulla parte bianca del Tricolore.

Da allora la famiglia Donini ha conservato questo cimelio storico finché un grande amico di Giulio decise di donargliela. Ed è solo da qualche anno che la bandiera che ricorda l’Italia monarchica è diventata parte della sua collezione.

Una storia cominciata sui monti delle Venezie

Nei primi anni Settanta divenne una moda andare sui luoghi di battaglia delle due guerre mondiali alla ricerca di reperti bellici. Perché proprio in quel periodo? In occasione dei cinquant’anni della fine della Prima Guerra Mondiale, ricorrenza che cadeva nel 1968. Oggigiorno la normativa è stringente in materia di sicurezza e tutela del paesaggio, ma in quegli anni si sviluppò addirittura un commercio di materiali ritrovati lungo i fronti di entrambe le guerre.

Ma Giulio si è sempre rifiutato di comprare reperti, tutti quelli che possiede li ha trovati sui sentieri delle Alpi trivenete, in particolare sul Monte Santo e sul Monte Nero (al confine fra Italia e Slovenia). Quelle zone furono duramente contese durante la Grande Guerra, ma sui loro versanti trovò anche residuati del secondo conflitto. Come un elmetto delle truppe speciali delle SS tedesche la cui sigla è ancora ben distinguibile su di esso.

Nel 1972 Giulio tornò nei luoghi dove era nato nel 1934 e durante le sue camminate ritrovò utensili da cucina, contenitori di maschere antigas, resti di caricatori e addirittura ossa umane. Queste ultime le segnalò alle autorità. Come spiega Giulio stesso: «Il recupero del materiale riusciva soltanto dove il terreno era molto sassoso. Altrimenti con pioggia e fango sprofondava». E chissà quanti oggetti sono custoditi ancora sulle Alpi.

E ripensando ai soldati caduti per la patria aggiunge: «Lo spirito degli italiani non è di combattere. Non sono così feroci e attaccati alla vittoria».

 

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