Volontariato, chi aiuta “gli altri”, aiuta tutti

«Può essere in Italia, in Kurdistan o in Africa ma le persone che oggi stanno aiutando le famiglie a Milano, sono le stesse che aiutano il mondo».

Il covid-19 ha messo in ginocchio molte famiglie che aspettavano gli aiuti dallo Stato. Grazie al lavoro volontario di tante donne e uomini provenienti da tutte le parti del mondo, molte di loro sono riuscite a sopravvivere.

A Milano Alberto Sanna, presidente dell’associazione Dare.ngo  e James Senghor, presidente dell’associazione Africa 1, spiegano come è nato “Lontani+vicini”, uno dei progetti di volontariato presenti sul territorio.

«Lontani+vicini racchiude diverse realtà, tra cui Cidi Aps (Associazione comunità internazionale d’Italia), Sunugal, il Centro Internazionale di Quartiere, in collaborazione del CSV e del Comune di Milano – spiegano e aggiungono – Questa è stata anche l’occasione per integrare i giovani di tutte le nazionalità, uniti da un obiettivo comune: aiutare gli altri».

VOLONTARI DEL PROGETTO “LONTANI+VICINI”

 

Grazie alle donazioni ricevute, sono riusciti a comprare cibo e materiale di prima necessità da consegnare direttamente a coloro che ne hanno più bisogno. «Gratuitamente e senza voler nulla in cambio», sottolineano i due presidenti delle associazioni che abbiamo intervistato.

Tutto l’odio riversato sui social contro la cooperante italiana Silvia Romano sembra svanire «quando vedono un ragazzo “di colore” o con un accento del sud che sale le scale portando un pacco alimentare per loro», dice Sanna. Anche Senghor conferma e sottolinea: «Lo si vede quando ti sorridono e abbandonano le loro paura.
Stiamo andando verso una direzione sbagliata, quella della divisione ma dobbiamo pensare che ci sono tante persone in tutto il mondo che stanno morendo di fame o non hanno nemmeno un tetto sopra la testa. Se tutti fossimo più umani, il mondo sarebbe migliore»

VOLONTARIATO SENZA CONFINI

Paula Yankillevich, presidente dell’associazione Oltre i Confini, ci spiega come si sono organizzati per aiutare le persone in Italia e nei paesi africani dove hanno i loro progetti. «Attraverso piattaforme come zoom, siamo riusciti ad aiutare le famiglie con i figli, raccontando storie che aiutassero a viaggiare con la mente. In questo modo intratteniamo i bambini e li facciamo interagire tra loro. Inoltre, in collaborazione con la Cooperativa Rinnovamento, diamo lezioni di italiano ai rifugiati che in questo periodo di quarantena non hanno potuto continuare i loro corsi».

Aiutare “gli altri” significa aiutare tutti senza dimenticare nessuno «e come sappiamo, la pandemia è un problema globale – dice la fondatrice dell’associazione che opera nel continente africano – In particolare, noi stiamo aiutando alcuni villaggi del Togo grazie alle donazioni ricavate da corsi online a pagamento».

Paula Yankillevich al fianco di un bambino togolese

Ci sono, poi, alcune iniziative singole come il caso di Koko Senavon, togolese, proveniente dal villaggio Zafi: «Io sono da solo e voglio portare avanti questa battaglia per aiutare la mia famiglia e tutte le persone del mio villaggio».

Koko Senavon

 

«Ho creato una raccolta fondi per poter comprare mascherine, secchielli e saponette per lavare le mani. Voglio acquistare acqua e cibo da consegnare alle famiglie in base al nucleo familiare. Purtroppo, il nostro governo non sta aiutando i cittadini e volendo imitare l’Europa, non considera le differenze. Molti non hanno nemmeno l’energia elettrica e tanti non riescono a lavorare da remoto, come facciamo qui», sottolinea. Dal 2007 vive in Italia e lavora in un’azienda di Liscate. Due anni fa, invece, si è trasferito a Basiano senza dimenticare la sua terra di origine.

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