Voto in Francia: «Guerra tra vincitori e sconfitti della globalizzazione»

L’ultimo voto in Francia ha evidenziato quella che è una tendenza che si protrae da diversi anni. In larga parte del mondo occidentale, è sempre più evidente una spaccatura tra la cosiddetta élite e il popolo, tra il voto delle periferie e quello dei grandi centri. Macron e Le Pen non fanno eccezione: lo schiacciante 85% ottenuto dal presidente uscente a Parigi, nella capitale, ne è la dimostrazione lampante. Ma gli esempi sono molteplici: dalla Brexit nel Regno Unito, voluta principalmente nelle zone rurali, al caso di Donald Trump, osteggiato nella New York democratica ma capace di fare incetta di voti nell’America profonda. «È un processo che va ormai avanti dagli anni novanta del secolo scorso», ci spiega Paolo Natale, Professore al Dipartimento di Scienze Sociali e Politiche dell’Università degli Studi di Milano e autore di diversi saggi di comunicazione politica.

Come nasce questa spaccatura?

Il motivo è abbastanza radicato. Tendenzialmente ci sono gli sconfitti della globalizzazione, che vedono con maggior difficoltà il proprio futuro e così si affidano alle parole d’ordine dei partiti di destra, o generalmente populisti. Dall’altra parte ci sono le classi più ricche, che hanno meno paura del futuro e della globalizzazione, e si rivolgono alle forze di sinistra.

La globalizzazione ha dunque ribaltato i vecchi paradigmi del novecento?

Con la fine del comunismo c’è stato un rimescolamento dell’offerta politica, e poco alla volta, le classi meno benestanti hanno abbandonato le vecchie preferenze di sinistra per approdare verso i partiti di destra, che si sono fatti paladini di questa loro situazione di malessere sociale ed economico.

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Paolo Natale, Professore presso l’Università degli Studi di Milano, ha scritto vari saggi politici come “Attenti al sondaggio!” (Laterza, 2009) e “Politica a 5 stelle: Idee, storia e strategie del movimento di Grillo” (Feltrinelli, 2013)
Cosa ci dice il voto in Francia?

Ci offre un ulteriore elemento. All’interno di questo processo, tendono infatti a diventare prevalenti i governi più tecnocratici, come in Italia con Draghi, o lo stesso Macron in Francia. Loro rappresentano un sostanziale cambiamento di paradigma legato all’establishment, al mondo finanziario, piuttosto che ai vecchi partiti quali potevano essere gollisti o socialisti.

Questa tendenza è destinata a durare?

Si acuirà ulteriormente, perché con la pandemia e il caro energia sono sorti nuovi problemi di natura economica e sociale. Per questo motivo, nei prossimi anni ci sarà una classe di elettori sempre più in sofferenza che si rivolgerà ai partiti estremisti, o in alternativa all’astensionismo.

L’astensionismo colpisce maggiormente le forze populiste?

Certo, e lo si vede chiaramente quando ci sono le elezioni a doppio turno per i sindaci o come appunto in Francia. Al secondo turno si astengono in misura maggiore gli elettori di destra, soprattutto se poi non vedono margini di vittoria e subentra una forma di rassegnazione. Anche a Milano, dove è stato riconfermato Sala, le periferie hanno votato molto meno che nelle zone centrali.

In Italia chi ha intercettato questa parte di elettorato?

In un primo momento, di sicuro il Movimento 5 Stelle. Beppe Grillo a suo modo è riuscito a recuperare una fascia di popolazione che altrimenti si sarebbe astenuta alle elezioni.  Lo potremmo definire l’esercito elettorale di riserva dei partiti populisti, che se non si astengono scelgono partiti di quel tipo. Negli ultimi anni sono in gran parte transitati nella Lega di Salvini, e oggi in Fratelli d’Italia.

Nel 2023 sono previste nuove elezioni, cosa accadrà?

Lo svuotamento elettorale e la svolta “governista” di forze populiste come grillini e Lega lascerà probabilmente delle tracce. Al momento i sondaggi ci dicono di un’aria grigia composta dagli astensionisti e gli indecisi che è già intorno al 40%. Forse una parte di loro andrà votare e arriveremo a un astensionismo del 30%, comunque superiore al 25% delle elezioni del 2018.

Stefano Gigliotti

Calabrese. Appassionato di musica, cinema, seguo con molto interesse anche la politica e gli esteri. Mi piace approfondire e non fermarmi alla superficie delle cose. Sono fondamentalmente un sognatore. Il giornalismo mi aiuta ogni tanto a fare ritorno alla vita reale.

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