Sono stati 3.000 i casi di aggressioni sessuali che si sono verificati nel 2018 durante le corse di Uber negli Stati Uniti. Nove persone sono state assassinate a bordo delle vetture del servizio di trasporto automobilistico privato, e altre 58 sono morte in incidenti stradali.
L’azienda ha sottolineato che il numero degli incidenti rappresenta però solo una piccolissima percentuale, se rapportato al totale delle corse effettuate ogni anno (oltre 1,3 miliardi).
I dati, diffusi il 6 dicembre, riguardano il 2018 e sono contenuti in un rapporto sulla sicurezza condotto dalla stessa azienda californiana. «Sono comunque numeri scioccanti e difficili da digerire», ammette Tony West, il responsabile legale di Uber.
Tra il 2017 e il 2018 le aggressioni sessuali sono state circa 6.000, di cui 235 stupri e migliaia di casi di molestie, abusi e tentativi di violenza carnale. Dal rapporto emerge anche che gli incidenti mortali sono stati 97, durante i quali 107 persone hanno perso la vita. Il numero delle aggressioni fisiche mortali è invece 19.
Today @Uber does what no other tech company has done: voluntarily publish a Safety Report detailing our greatest challenges and how we’re addressing them. Avoiding tough topics like sexual assault is common but we believe it’s time for a new approach.https://t.co/qFqKAlwcY5
— Tony West (@tonywest) December 5, 2019
Dati sconcertanti, che l’azienda ha diffuso per la prima volta in risposta alle pressioni di istituzioni e associazioni: queste ultime chiedono un aumento del livello di sicurezza per gli autisti e i passeggeri che utilizzano il servizio. Durante le scorse settimane, Londra ha deciso di non rinnovare la licenza a Uber: un decisione presa dopo aver contestato all’azienda presunte violazioni delle norme di sicurezza.
Uber, fondata nel 2009 da Travis Kalanick e Garrett Camp a San Francisco (California), è un’azienda che fornisce un servizio di trasporto automobilistico privato. Per usufruirne bisogna passare attraverso un’applicazione che mette in collegamento passeggeri e autisti. Viene considerato, insieme ad AirBnb uno dei maggiori rappresentanti della sharing economy (un’attività economica che comporta transazioni in rete).