Funivia del Mottarone, in stato di fermo i tre indagati per la tragedia

Nuova svolta nella storia della strage della funivia Mottarone, in cui hanno perso la vita 14 persone. Sono in stato di fermo, oltre al titolare dell’impianto Luigi Nerini, anche il direttore Enrico Perocchio e il capo operativo del servizio Gabriele Tadini.

Durante la notte tra 25 e 26 maggio sono continuati gli interrogatori fino alla prima ammissione: i freni d’emergenza dell’impianto erano stati disattivati per evitare che la funivia si bloccasse, come era successo nelle settimane precedenti alla tragedia. A sostituirli inseriti dei “forchettoni” che ne bloccavano le ganasce.  Una scelta che è stata considerata deliberata e consapevole, sorta per evitare le anomalie presentatosi dopo la riapertura dell’impianto del 26 aprile.

LA CONFESSIONE

Sembra sia stato proprio Gabriele Tadini a confessare l’inserimento del “forchettone” come sostituto alla manutenzione. Dalla sua confessione gli inquirenti hanno dedotto la responsabilità degli altri due protagonisti, che attualmente si trovano nel carcere di Verbania, anche se il direttore Perocchio nega di aver autorizzato il forchettone e anche di aver avuto consapevolezza della pratica in corso. Le accuse sono di omicidio colposo e di rimozione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro (tutelata dall’art.  437 del Codice Penale). L’aggravante è l’avvenuto disastro, che da solo prevede da tre a dieci anni di carcere.

I PRIMI RESPONSABILI

Decise le affermazioni della procuratrice Olimpia Bossi:

Nei confronti dei tre dirigenti è stato raccolto un quadro fortemente indiziario. L’analisi dei reperti fotografici ha infatti permesso di accertare che la cabina precipitata presentava il sistema di emergenza dei freni manomesso.

Sul cavo era infatti presente uno dei due forchettoni, che impediva l’azione dei freni d’emergenza in caso di rottura del cavo trainante, come avvenuto. Rinvenuto nel luogo dell’incidente l’altro forchettone. Il tenente colonnello Alberto Cicognani, del comando provinciale dei Carabinieri di Verbania, sostiene che anche quello fosse a propria volta inserito, perchè anche uno solo dei due freni di emergenza, se libero di attivarsi, sarebbe bastato.

Le persone sottoposte a fermo sono considerati i primi responsabili, considerati come coloro che avevano, dal punto di vista giuridico ed economico, la possibilità di intervenire, coloro che hanno preso la decisione finale che ha portato alla tragedia.

LA RIAPERTURA

La funivia del Mottarone era tornata in funzione da circa un mese ed è stato rilevato che viaggiava senza freno d’emergenza, come precisato dalla procuratrice Bossi. L’ultimo intervento di manutenzione risale al 3 maggio. Non era bastato però a risolvere i problemi della funivia e il rimedio è stato, temporaneamente, quello con i forchettoni. “Nella convinzione che mai si sarebbe potuto verificare una rottura del cavo, si è corso il rischio che ha purtroppo poi determinato l’esito mortale”, ha sottolinea il magistrato.

Mottarone
La cabina della funivia del Mottarone precipitata

Le indagini continuano. Sarà necessario confermare, attraverso l’intervento dei tecnici, quanto emerso dai primi accertamenti. Nel frattempo, il comando dei Carabinieri di Verbania ha sequestrato tutto il materiale indiziale presente, compresa la scatola nera, per ricostruire gli avvenimenti del 23 maggio.

Viola Francini

Di sangue toscano, vivo a Milano da 4 anni e sogno il giornalismo da quando ne avevo 9. Innamorata dell’arte in tutte le sue forme, guardo il mondo con il filtro della poesia sugli occhi. Mi piace raccontare la cultura, quella che parla di società e realtà umane. Laureata in Linguaggi dei Media all'Università Cattolica, ho collaborato con la redazione NewsMediaset e scrivo per MasterX come giornalista praticante.

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