Prosegue il repulisti degli avversari politici ordinato dal Presidente del Venezuela, Nicòlas Maduro. Lunedì 15 aprile, a Caracas, è stato il turno del giornalista Carlos Julio Rojas, sospettato di aver partecipato a una congiura ai danni del dittatore sudamericano. Il giornalista era noto per aver organizzato manifestazioni pacifiche contro il governo. Il suo arresto è l’ennesima prova dell’autoritarismo di Maduro, a tre mesi dalle elezioni presidenziali in Venezuela. Sono dunque sempre meno le probabilità che nel Paese abbia luogo una reale competizione democratica in occasione dell’appuntamento alle urne il prossimo 28 luglio.
1. Una detención dio paso al Ministerio Público para avanzar en la investigación del intento de magnicidio del presidente @NicolasMaduro.
Hasta los momentos van 3 personas detenidas.
Abro 🧵 pic.twitter.com/1Q9OwUZiJK
— Madelein Garcia (@madeleintlSUR) April 17, 2024
Remember Catilina?
L’accusa rivolta a Rojas dal procuratore generale venezuelano, Tarek William Saab, può riportare alla memoria quella formulata nel 63 a.C. a Roma dal console Marco Tullio Cicerone nei confronti del patrizio Lucio Sergio Catilina. In entrambe le situazioni, infatti, si parla di cospirazione ordita da un cittadino ai danni del governo. Nel caso romano, in particolare, Catilina, a cui era stato impedito di ricoprire la carica di console, aveva pianificato una congiura per rovesciare la Repubblica. Cicerone l’aveva scoperto ed era riuscito a sventare il colpo di mano del dissidente, salvando lo Stato. Memorabile, nella fattispecie, la frase pronunciata dal console in Senato durante il processo a Catilina: Quousque tandem abutere, Catilina, patientia nostra? (“Fino a quando abuserai, oh Catilina, della nostra pazienza?”).
Oltre 2000 anni dopo la dinamica si ripete. O almeno, questo è ciò che sostiene la Procura di Caracas. Che si tratti di un’accusa attendibile, però, è tutto da vedere. Quella di Rojas è la settima incarcerazione disposta da Maduro nei confronti di avversari politici nelle ultime settimane. E su altri sette oppositori pendono mandati d’arresto. Il 28 luglio si terranno in Venezuela le elezioni presidenziali, e membri dell’opposizione ed enti non governativi hanno interpretato gli arresti come parte di un piano funzionale a garantire continuità al presidente in carica. «Aumenta la persecuzione in Venezuela. Due uomini in nero hanno rapito l’attivista comunitario e giornalista Carlos Julio Rojas a Caracas, secondo quanto denunciano i suoi parenti. Liberate Carlos Julio Rojas». Con questo messaggio su X l’ong per i diritti umani Provea ha denunciato l’illecito del Presidente.
La persecución sistemática contra opositores o quienes son percibidos como disidentes por Maduro sigue en Venezuela.
Tras las primarias solo se ha acentuado la represión y los abusos a los DDHH.
Alerta de PROVEA y @fidh_es en Consejo DDHH-ONU #HRC55 ➡️ https://t.co/vDBiGY5jB5 pic.twitter.com/caYEfQLOAl
— PROVEA (@_Provea) March 25, 2024
Sanzioni a stelle e strisce
Per capire come si è arrivati a questo punto, occorre fare un passo indietro. Nel 2013 Maduro è subentrato a Hugo Chavez alla guida del Venezuela. Al pari del suo predecessore, ha governato il Paese in maniera autoritaria, limitando notevolmente lo spazio d’azione per i partiti d’opposizione. Oltre a ciò, nel corso dei suoi due mandati, il sessantunenne capo di Stato ha promosso politiche di accentramento del potere e ha indebolito notevolmente le istituzioni democratiche.
Come effetto di tale linea politica, lo Stato latinoamericano ha conosciuto un declino economico molto grave: stando ai dati del 2022, l’inflazione si è attestata attorno al 234%, mentre le famiglie con un reddito inferiore alla soglia della povertà hanno rappresentato l’81% della popolazione. Per sottrarsi a tale crisi, a partire dal 2014 circa 7 milioni di venezuelani – quasi il 25% del totale dei cittadini – hanno lasciato il Paese alla ricerca di condizioni di vita migliori all’estero.
Ad aggravare il collasso del sistema economico, nel 2019 gli Stati Uniti hanno introdotto delle sanzioni come strumento di contrasto alla repressione della democrazia nel Paese. All’epoca, in particolare, fu Donald Trump a esprimersi a favore di un divieto totale degli scambi economici con il Venezuela: tale vincolo ha impedito al Paese l’esportazione di gas naturale e petrolio nei mercati internazionali, mutilando le finanze statali per quasi un decennio.
Prove di riavvicinamento con Washington
Lo scorso 18 ottobre Washington ha deciso di allentare le sanzioni contro Caracas. Alcuni analisti hanno intravisto dietro questa scelta di Biden due principali ragioni: da una parte l’urgenza di far fronte al rialzo del prezzo del petrolio a livello globale; dall’altra la necessità di contenere la pressione migratoria venezuelana sulla frontiera statunitense. L’apertura commerciale, attiva per un periodi di sei mesi, era stata concessa a condizione che Maduro si impegnasse a ripristinare un ordinamento democratico nel Paese.
In questa direzione il Presidente venezuelano, a seguito di colloqui con membri dell’opposizione a Barbados, aveva trovato un accordo per organizzare le elezioni presidenziali di luglio in chiave democratica. Oltre a questa iniziativa, l’erede di Chávez aveva concesso la libertà a cinque prigionieri politici, messi in carcere senza la condanna di un tribunale. Secondo alcuni esperti, tuttavia, quest’ultima disposizione governativa non era indicativa di un cambio di registro dell’esecutivo, dal momento che rimanevano detenute per motivi politici in Venezuela oltre 200 persone.
Promesse tradite
Il 18 aprile scadrà il periodo di apertura commerciale concesso dagli Usa. Secondo alcuni analisti, è ora probabile che gli Stati Uniti decidano di reintrodurre le sanzioni revocate lo scorso anno. Ryan Berg, direttore del programma per le Americhe presso il Centro per gli studi strategici e internazionali di Washington, è di questo avviso. «L’elenco degli abusi è lunghissimo. Penso che sia necessaria una sorta di reimposizione delle sanzioni per dimostrare che c’è responsabilità».
A cosa sta facendo riferimento Berg? In testa alle irregolarità commesse da Maduro c’è l’esclusione dalla competizione democratica della leader dell’opposizione, Maria Corina Machado. Alla guida del partito liberale Vente Venezuela, Machado è stata interdetta dai pubblici uffici per 15 anni a causa di una precedente condanna per corruzione.
Tale esclusione, però, non rispetta la richiesta statunitense di rimuovere le restrizioni imposte a candidati dell’opposizione in vista dell’appuntamento elettorale di luglio. Per tale ragione, è plausibile che, per far fronte al rallentamento del processo democratico, gli Stati Uniti tornino a usare le sanzioni come strumento di pressione su Caracas.