
Una corte federale degli Stati Uniti ha stabilito che i dazi reciproci imposti da Trump negli ultimi mesi sarebbero illegali. Immediata l’ira della Casa Bianca, ma i mercati hanno preso bene la notizia.
La corte contro il presidente
I dazi reciproci voluti da Trump nell’ormai celebre Liberation Day sono da considerarsi illegali e nulli. A dirlo è una corte federale poco nota, la Court of International Trade, ovvero la corte del commercio internazionale, secondo la quale il presidente non ha l’autorità per imporre le tariffe.
Il parere dei tre giudici che compongono la corte è arrivato nel contesto di due distinti casi. In entrambi la corte si è pronunciata a proposito dell’International Emergency Economic Powers Act, una legge del 1977 (mai invocata prima d’ora) sulle tariffe, ovvero quella che Trump ha citato per arrogarsi il diritto di imporre dazi. Senza essere esperti di diritto statunitense, si evince dal nome della legge che questa conferisce l’autorità di imporre barriere commerciali in particolari casi di emergenza. Una circostanza che la corte non ha ritenuto sussistesse al momento del Liberation Day, ragion per cui i “dazi reciproci” non sarebbero un provvedimento giustificato.

Occorre fare una precisazione. Secondo quanto spiegato dalla Cnn, l’ordinanza della corte non annulla tutti i dazi imposti da Trump. Decadono le tariffe universali del 10% introdotte il 2 aprile e i dazi “reciproci” più elevati imposti (e poi sospesi) a circa 60 paesi. Perdono di validità, inoltre, i dazi volti a impedire l’ingresso del fentanyl, i dazi del 30% imposti sulla Cina e quelli del 25% su alcuni beni importati da Messico e Canada. L’ingiunzione permanente indicata dalla corte, invece, non pregiudica i dazi del 25% su auto, ricambi auto, acciaio o alluminio, soggetti a un’altra norma, la Sezione 232 del Trade Expansion Act.
La reazione della Casa Bianca
La reazione della Casa Bianca non si è fatta attendere. Il portavoce Kush Desai ha già annunciato che l’amministrazione Trump farà ricorso contro il provvedimento. Dal canto suo, infatti, il presidente sosteneva di avere il potere di agire in virtù dell’emergenza nazionale rappresentata dal deficit commerciale degli Stati Uniti, da sempre grandissimi importatori.
Sarà allora da capire se la situazione attuale possa intendersi come “minaccia insolita e straordinaria”, come prescrive la legge citata da Trump. A chi spetterà questa delibera? Lo scontro giudiziario potrebbe arrivare fino alla Corte Suprema. A quel punto toccherà ai giudici americani di più alto profilo pronunciarsi per una sentenza del valore di miliardi di dollari.
L’appellativo “Taco Trade”
Il tema dei dazi non è balzato alle cronache solo per la decisione della corte del commercio internazionale. Negli ultimi giorni il continuo tira e molla sulle barriere commerciali giocato da Trump gli ha guadagnato, da parte di un giornalista del Financial Times, il soprannome di “Taco Trade”. Il riferimento scherzoso alla tortilla farcita messicana nasconde un acronimo ben più critico. Taco sta per “Trump always chickens out”, ovvero “Trump si tira sempre indietro”, l’ennesimo modo per polemizzare continua una politica commerciale che alterna continuamente annunci stentorei e ripensamenti. Il presidente non ha gradito per nulla il gioco di parole. «Ridicolo, io non mi tiro indietro», ha tagliato corto. «Si chiamano trattative».
Apertura in rialzo a Wall Street
La sentenza che ha fatto infuriare Trump ha invece fatto contenta Wall Street. Alla notizia di una possibile fine di quasi tutti i dazi imposti in questi due mesi le borse hanno fatto i salti di gioia: i mercati hanno aperto in rialzo, il future dell’S&P 500 è cresciuto dell’1,6%, quello del Dow Jones dell’1,2%. Anche in Corea del Sud e Giappone, Paesi che dipendono molto dall’esportazione negli Stati Uniti, gli indici di borsa hanno mostrato un incremento.