USA: la cultura delle armi a stelle e strisce

Stati Uniti: 42 feriti e 25 morti per mass shootings negli ultimi quattro giorni. Questi i numeri registrati dal Gun Violence Archive a partire dal 21 gennaio 2023. Oggi si parla degli episodi più eclatanti, come quelli a Monterey Park e Half Moon Bay in California durante i festeggiamenti del capodanno cinese. Ma questa è solo una piccola parte di quello che si nasconde dietro il Secondo Emendamento.

Il diritto ad essere armati 

«Essendo necessaria alla sicurezza di uno Stato libero una milizia ben organizzata, il diritto dei cittadini di detenere e portare armi non può essere infranto», così recita il Secondo Emendamento della Carta dei Diritti degli Stati Uniti. Risale al 1791, più di duecento anni fa, ma nulla è cambiato. L’articolo permette a qualsiasi cittadino americano non solo di possedere armi da fuoco, ma anche di utilizzarle. Come raccontano i dati, l’unico fine non è la legittima difesa, anzi, il numero di pistole pro capite denuncia una vera e propria ossessione. Secondo lo Small Arms Survey (SAS), ci sono 120 pistole ogni 100 civili, più che ogni altra nazione al mondo. I ricercatori del SAS stimano che i cittadini americani posseggano 393 degli 857 milioni di pistole disponibili negli USA (il 46% di quelle mondiali). In soli dieci anni, a partire dal 2008, sono state prodotte il doppio del numero di armi da fuoco nella nazione, un numero che raggiunge i 9 milioni secondo il US Bureau of Alchol Tobacco, Firearms and Explosives (ATF). Numeri e fatti, non solo parole.

I «mass shootings»

Il Gun Violence Archive definisce come mass shootings le sparatorie in cui almeno quattro persone sono colpite. La definizione, però, non è accettata come tale da alcuni organi statali. La FBI, per esempio, intende come sparatoria «tre o più morti durante un singolo evento» durante il quale il killer manifesti chiaramente la volontà di uccidere persone in un’area o in una zona popolata. Questo ha un impatto enorme sulla rilevazione dei dati: tra il 2014 e il 2015, sono 92 i morti in sparatorie secondo un documento dell’FBI, per il Gun Violence Archive nello stesso periodo il numero ammonta a 607. Sorge spontanea una domanda, non taciuta nemmeno dai media americani: i numeri esorbitanti che si leggono sulla stampa sono gonfiati grazie a piccole variazioni della definizione di mass shooting?

Le vittime delle stragi di massa

Gli occhi del popolo americano sembrano non accorgersi del ritmo quotidiano delle sparatorie. Certo, in occasioni specifiche, ad occupare le prime pagine dei giornali sono i grandi episodi di stragi di massa.

Le prime pagine dopo la strage di Las Vegas, 1 ottobre 2017 (fonte Alamy)

Secondo CNN, metà dei paesi sviluppati ha avuto almeno un episodio di stage pubblica tra il 1998 e il 2019. Nessuno ne ha però registrate più di otto, fatta eccezione per gli Stati Uniti: più di cento, con oltre 2000 persone coinvolte. Una regolarità spaventosa, che è solo aumentata negli anni pandemici. L’elevata disponibilità di armi non sicure in casa ha causato una crescita della frequenza, raggiungendo secondo il Gun Violence Archive quasi la media di due al giorno.
Il trend non sembra potersi invertire. Nei primi 24 giorni di gennaio 2023, negli Stati Uniti sono 73 i morti e 165 i feriti causati dai 39 episodi di mass shooting.  Un conto già salato, che peggiora ulteriormente ampliando l’ambito di indagine.

Il lato nascosto della violenza armata: suicidi e sparatorie non volontarie

Non solo stragi, non solo clamorose prime pagine, ma anche il «non detto» dai grandi media. Con quattro morti ogni 100mila abitanti gli USA hanno il tasso più alto del mondo di morti per arma da fuoco, diciotto volte più grande della media di tutti gli altri stati.

Gli Stati Uniti ospitano circa il 4% della popolazione mondiale, eppure lì nel solo 2019 è avvenuto il 44% dei suicidi mondiali con arma da fuoco (più di 23mila). Come opportunamente riporta la CNN, «mentre la sicurezza personale è in cima alla lista delle ragioni per cui gli americani dicono di possedere armi da fuoco, negli Stati Uniti il 63% delle morti causate da quelle sono proprio suicidi».

Dal 2015 al 2020 sono state registrate almeno 2070 sparatorie non volontarie in cui il fautore non era ancora diciottenne. E’ 765 il totale di morti e 1366 quello dei feriti.

Due anni fa, in corrispondenza dei lockdown, c’è stato un aumento del 64% nelle vendite di armi. Non a caso, nel 2021 è stato calcolato che circa 30 milioni di bambini americani vivono in case dotate di armi, registrando un aumento di ben 7 milioni rispetto a sei anni prima. Ciò ha portato ad una crescita del 31% di casi rispetto all’anno precedente. La fascia di età 14-17 anni è la più coinvolta in questa tipologia di incidenti, con 776 baby-killer e 701 vittime. Sconcertanti i dati per gli americani tra 0 e 5 anni: 625 morti e addirittura 610 bambini che impugnano pistole. Dal 1990, si calcolano più di un milione di morti per armi da fuoco: un problema che va ben oltre i mass shootings.

Il costo della violenza armata

Il peso economico di questi tragici eventi sull’economia degli Stati Uniti è sconvolgente. Uno studio dell’organizzazione Everytown for Gun Safety ha stabilito che la spesa annua destinata alle conseguenze dei mass shootings è di 557 miliardi di dollari. Di questi, ammontano a 54 miliardi i mancati introiti causati dalla perdita di lavoro (morte o disabilità delle vittime, perdita di lavoro di assistenti familiari e lavoratori domestici, carcerazione del perpetratore).

Ben 13 miliardi sono usati per coprire le spese mediche e il funzionamento della giustizia, tra salute mentale, cure, investigazioni della polizia e spese per il lavoro dei tribunali. La matematica è spietata: a ogni cittadino americano contribuente una morte per violenza armata costa in media 273 mila dollari, 25mila le ferite non fatali.

L’azione del Governo

Nel 2022 il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha firmato una legge (il Bipartisan Safer Communities Act) che impone maggiori controlli sugli acquirenti di armi minori di 21 anni, la decisione più incisiva degli ultimi trent’anni. Proprio nel 1993 entrò in vigore la Brady Handgun Violence Prevention Act, che imponeva come misura provvisoria un periodo di attesa di 5 giorni prima che un importatore, produttore o rivenditore autorizzato potesse vendere, consegnare o trasferire un’arma a un individuo senza licenza. Le disposizioni provvisorie, riguardanti solo le pistole, sono state abolite nel 1998, mentre disposizioni permanenti sono applicabili a tutte le armi da fuoco.
Oltre al limite dell’età, la riforma del 2022 include anche la disposizione di 15 miliardi di dollari per un fondo statale a favore di programmi per la salute mentale e un miglioramento per la sicurezza delle scuole (vista la strage dell’anno scorso nella scuola elementare di Uvalde, Texas). La legislatura è stata approvata bilateralmente al Congresso, ma per decenni la politica americana, e i rispettivi elettori, hanno avuto visioni contrastanti sulla questione. L’80% dei Repubblicani pensa che le leggi sulle armi da fuoco siano giuste e dovrebbero essere meno rigide, il 19% a rappresentanza Democratica non è d’accordo.

Biden firma il Bipartisan Safer Communities Act (fonte BBC)
La spinta di Biden

Dopo le ultime stragi legate al «poco monitorato» possesso di armi, Biden ha sollecitato il Congresso a fare passare due progetti di legge sul bando delle armi d’assalto e i caricatori ad alta capacità (come quello utilizzato dal killer di Monterey Park). Al momento i Repubblicani hanno la maggioranza nella House of Representatives e potrebbero ostacolare l’iniziativa. Anche nel Senato, ora sotto il controllo democratico, i Repubblicani avevano cercato di ritardare l’avanzamento della legge sulla regolazione delle armi da fuoco. Tra le buone notizie c’è la recente decisione del Governatore Dem dello stato dell’Illinois JB Pritzker di bandire le armi a uso militare per evitare altri massacri (è il nono Stato a farlo).

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